28 febbraio 1525. Hernán Cortés fa impiccare l’ultimo re azteco


«Siamo venuti per servire Dio, il Re e anche per diventare ricchi», nelle parole di Hernán Cortés, nominato in seguito da Carlo V governatore della «Nuova Spagna», l’attuale Messico, possiamo trovare la radice del colonialismo e di tutte le politiche aggressive e imperialiste perpetrate dall’Occidente contro i paesi dell’America latina e in seguito dell’Asia e dell’Africa

di Gianni De Iuliis

Cuauhtemoc  è stato l’ultimo sovrano azteco. Il suo nome significa «aquila che cadde» e rappresenta il simbolo della lotta delle popolazioni indigene del Messico contro i colonizzatori spagnoli, in spagnolo e portoghese conquistadores, esploratori e avventurieri che portarono gran parte dell’America detta appunto in seguito latina sotto il controllo dell’impero coloniale spagnolo tra il XV e il XVII secolo.

«Siamo venuti per servire Dio, il Re e anche per diventare ricchi», così Hernán Cortés, nominato in seguito da Carlo V governatore della «Nuova Spagna», l’attuale Messico. In queste parole possiamo trovare la radice del colonialismo e di tutte le politiche aggressive e imperialiste perpetrate dall’Occidente contro i paesi dell’America latina e in seguito dell’Asia e dell’Africa.

In America esistevano circa 80 milioni d’indigeni, provenienti dall’Asia attraverso lo stretto di Bering. Essi si dislocarono a ondate successive in tutto il continente americano, settentrionale, centrale e meridionale. Nel xv secolo gli indigeni erano fondamentalmente divisi in due macro-categorie: 1) quelle con una cultura nomade e un’organizzazione tribale, basata sulla caccia e l’allevamento itinerante; 2) quelle organizzate in forme evolute di vita in comune. In alcuni casi gli europei si trovarono di fronte a civiltà raffinate, evolute, dotate di organizzazioni statali moderne ed efficienti. Nell’America del Nord c’erano i pellerossa, in quella del Sud i Maya nello Yucatan, gli Aztechi nella parte centrale del Messico, gli Inca nell’attuale Perù, lungo la cordigliera delle Ande.

Ben presto gli Spagnoli entrarono in conflitto con le popolazioni indigene, perpetrando un autentico genocidio. Gli Spagnoli agirono in nome della religione: la motivazione ufficiale era quella di convertire le popolazioni indigene al Cristianesimo; in realtà essi saccheggiarono i nuovi territori, sfruttandone le risorse naturali, depredando l’oro e i diamanti, instaurando una signoria e riducendo di fatto in schiavitù i sopravvissuti.

Ma come è stato possibile per un gruppo di avidi avventurieri, molti dei quali considerati in patria autentici gaglioffi, distruggere raffinate e secolari civiltà e Stati con organizzazioni efficienti?

In verità gli storici adducono diversi   fattori. Innanzi tutto ragioni di carattere militare, in quanto gli Spagnoli possedevano armi da fuoco e equipaggiamenti adeguati, al contrario degli indigeni che pur essendo molto più numerosi non riuscirono con le loro armi primitive a contrastare quelle dei conquistadores. Altro fattore è considerato l’isolamento in cui vivevano le diverse civiltà sudamericane, che quindi non potevano né allearsi, né scambiare informazioni tra loro. Inoltre in quel particolare momento storico il sistema politico indigeno era attraversato da forti crisi interne, il che rese più agevole l’impresa spagnola. Ci furono anche ragioni di carattere   culturale: l’arrivo degli spagnoli fu vissuto dagli indigeni come un evento soprannaturale fatale, come l’arrivo di divinità che avrebbero posto fine alla loro civiltà. Essi avevano una visione palingenetica della storia e sembra che il periodo storico di cui stiamo narrando coincidesse con la fine di un ciclico. Ciò rese quasi nulla la reazione, che nel migliore dei casi fu tardiva, ma che in generale si trasformò in rassegnazione. Infine ci furono ragioni di carattere sanitario. Gli Spagnoli esportarono malattie che si rivelarono mortali per gli indigeni, mentre gli europei erano immunizzati. Tali malattie diedero luogo a una serie di epidemie esiziali per le popolazioni indigene.

Cuauhtémoc, nell’ultimo atto della sua disperata difesa contro Cortes, cercò di organizzare i propri uomini contro i soldati spagnoli, ma fu fatto prigioniero. Fu poi sottoposto a torture perché non avrebbe rilevato ove fosse nascosto il tesoro di Motecuhzoma. La leggenda dice che gli Spagnoli immersero i suoi piedi nell’olio bollente e che l’imperatore azteco sopportò con valore il dolore.

All’alba del 28 febbraio del 1525 Cuauthémoc fu impiccato a Isancanac.