26 settembre 1990. Muore Alberto Moravia


di Gianni De Iuliis

Alberto Moravia venne trovato morto nella sua casa di Lungotevere della Vittoria, a Roma, la mattina del 26 settembre 1990. Il celebre scrittore avrebbe compiuto 83 anni in novembre. Le sue spoglie riposano nel cimitero del Verano.
Alberto Moravia, pseudonimo di Alberto Pincherle (nato a Roma il 28 novembre 1907), è stato uno scrittore, giornalista, sceneggiatore, saggista, drammaturgo, poeta, reporter di viaggio, critico cinematografico e politico italiano.
Considerato uno dei più importanti romanzieri del XX secolo, ha esplorato nelle sue opere i temi della sessualità, dell’alienazione sociale e dell’esistenzialismo.
Salì alla ribalta nel 1929 con il romanzo Gli indifferenti e pubblicò nella sua lunga carriera più di trenta romanzi. I temi centrali dell’opera di Moravia sono l’aridità morale, l’ipocrisia della vita contemporanea e la sostanziale incapacità degli uomini di raggiungere la felicità. La sua scrittura è rinomata per lo stile semplice e austero, caratterizzato dall’uso di un vocabolario comune inserito in una sintassi elegante ed elaborata.
Lo ricordiamo mediante alcune frasi di personaggi celebri sul Nostro:
– A Moravia (egli non è il solo) deve essere accaduto qualcosa. Non oggi, non ieri; in tempi preistorici, sepolti nelle profondità di un totale (non però irrevocabile) oblìo. È come se egli, essendo ancora piccolo bambino, avesse (fingendo, magari, di dormire) spiato e sorpreso quello che un altro pazzo (ma non, questo, d’ingegno) – l’autore dell’Igiene dell’amore – chiamava, con le bave alla bocca «l’amplesso»; e – come succede ai pargoli maldesti – scambiato questo con un’aggressione; un atto sadico. Ne restò fortemente impressionato. Poi dimenticò. Ma era ormai – senza saperlo – fissato a quell’immagine mostruosa e irreale. Essa improntò, non dico la sua vita (che né so, né voglio saperlo); ma (questo posso affermarlo) la sua arte. Ma è peccato. È peccato, perché Moravia non è solo scrittore d’ingegno, ma forse anche […] di genio. (Umberto Saba)
– Disgustato e deluso dalla società troppo presto, Moravia ha in sé, quasi confessato, un angelico volto di utopista che teme di costruire il suo sogno, in una società ove lo scetticismo e il facile riso, e il proprio stesso atteggiarsi a supreme certezze ciniche, bruciano i bruchi prima che diventino farfalle. (Francesco Flora)
– È caratteristica della narrazione moraviana quell’attitudine a far dimenticare l’imbratto del discorso, alleviando la pagina d’ogni bagaglio verboso. (Carlo Emilio Gadda)
– Il Moravia ha avuto un grande dono degli Dei, ma anche una grande croce: a vent’anni egli è nato uomo tutto maturo, poiché proviene da una razza vecchia e filtrata; non ci sono che i fiorentini e gli ebrei che nascono vecchi, maturi, raffinati, smagati; a venticinque anni salgono rapidamente in alto, ma poi si fermano lì e il tempo non scorre più per loro. (Luigi Russo)