25 giugno 1950. Scoppia la guerra di Crimea


di Anna La Mattina

Il 25 giugno 1950, settant’uno anni fa, iniziava la Guerra di Corea: fu il primo conflitto militare della Guerra Fredda che provocò conseguenze ancora oggi drammaticamente attuali. Poiché non ha mai ricevuto la stessa attenzione mediatica della Seconda guerra mondiale o della guerra del Vietnam, viene spesso definita la “guerra dimenticata”. La vicenda che la caratterizza è molto articolata: proviamo a fare una sintesi delle fasi più importanti della sua storia.
La divisione della penisola fu la prima conseguenza delle dinamiche di potere tra Unione Sovietica e Stati Uniti, antecedenti la Guerra di Corea. La penisola coreana era colonia giapponese e quando l’Unione Sovietica dichiara guerra al Giappone (8 agosto 1945); l’ingresso dell’Armata Rossa nel territorio coreano, generò la preoccupazione del Presidente americano Truman, ritenendo reale il pericolo che l’intera penisola finisse in mano sovietica.
Secondo la Dichiarazione del Cairo, precedentemente firmata da Chiang Kai-shek, Roosevelt e Churchill nel 1943, la penisola coreana – allora colonia giapponese – sarebbe dovuta diventare indipendente “a tempo debito”; ma non fu così, come gli eventi seguenti ci hanno dimostrato: gli americani preferirono intervenire sulla Corea, piuttosto che sul Giappone (vero interesse statunitense), per non perdere totalmente il controllo sulla penisola, scongiurando così il pericolo comunista: tra il 10 e l’11 agosto 1945, due ufficiali statunitensi ricevettero l’incarico di proporre una divisione della penisola in due zone di occupazione: fu proposta una linea di demarcazione, posta sul 38° parallelo, senza tenere conto degli aspetti geo-politici e culturali , ma tale separazione interna allo stato della Corea venne basata esclusivamente sulla divisione in parti eguali in estensione, tanto che Stalin accettò subito, poiché l’operazione consentì all’URSS di guadagnare terreno senza alcun combattimento, permettendo di concentrare le energie sulla scena europea, di maggior interesse per Mosca.
Nascono così le due Coree: la spartizione dello Stato coreano si è consumata nell’agosto 1948. Grazie alla resa giapponese e alla creazione della Commissione sovietico-americana, la corea si libera dal giogo della colonizzazione, ma ne esce divisa: Corea del Nord, con capitale Pyongyang, controllata dall’Unione Sovietica e la Corea del Sud, con capitale Seoul, controllata dagli Stati Uniti.
I sovietici, entrati a Pyongyang il 24 agosto, scelsero come leader Kim Il-sung, capitano dell’88° Brigata dell’Armata Rossa e, man mano, si affermarono il Partito nordcoreano dei lavoratori e l’impostazione comunista del regime.
Al sud, gli Stati Uniti crearono un governo militare, che calpestò qualunque aspirazione di indipendenza, abolendo i comitati popolari. Cominciò a prendere forma un’autorità governativa supportata da grandi uomini d’affari e militari, successivamente lasciata in mano a Rhee Syngman, politico di stampo nazionalista e autoritario.
Secondo quanto stabilito alla Conferenza di Mosca (dicembre 1945), la Commissione congiunta sovietico-americana, avrebbe dovuto controllare la penisola per cinque anni. Tuttavia, già nel 1947 i rapporti tra le due superpotenze erano peggiorati. Così, su forte spinta americana, nacque la Commissione temporanea delle Nazioni Unite in Corea, con l’obiettivo di monitorare lo svolgimento delle elezioni e guidare la transizione verso l’autonomia della penisola.
Poiché i sovietici non riconobbero l’autorità di tale Commissione, le elezioni si tennero inizialmente soltanto a sud, segnando la vittoria di Rhee e la fondazione della Repubblica di Corea il 15 agosto 1948. Quando le Nazioni Unite dichiararono che questo sarebbe stato l’unico governo legittimamente riconosciuto come rappresentativo per l’intera penisola, anche il nord organizzò le elezioni, che portarono alla vittoria di Kim Il-Sung e alla fondazione della Repubblica Democratica Popolare di Corea il 9 settembre 1948.
L’effettiva origine della Guerra di Corea è ancora oggetto di discussione, poiché al tempo vi erano numerose schermaglie militari al confine. Tuttavia, sappiamo che nel 1949 Kim, in visita a Mosca, presentò a Stalin l’idea di unificare la penisola attraverso una guerra lampo. Dopo un’iniziale reticenza, il leader sovietico appoggiò il piano, a condizione che le truppe sovietiche non intervenissero e che la Cina di Mao garantisse assistenza ai nordcoreani in caso di bisogno. Così, il 25 giugno 1950, le truppe nordcoreane invasero la Corea del Sud, occupando Seoul in una settimana e la gran parte del territorio sudcoreano in circa un mese e costringendo gli abitanti a rifugiarsi nella Penisola di Pusan.
Il cambiamento dello scenario internazionale nel 1949, con il primo test nucleare sovietico e la fondazione della Repubblica Popolare Cinese (RPC), aveva portato Washington a ridefinire la strategia di contenimento del comunismo. Il documento NCS-68 definiva la Guerra Fredda uno scontro tra blocchi endemico tra “l’idea di libertà e la società della schiavitù” e affermava che “una sconfitta delle libere istituzioni in qualsiasi luogo sarebbe stata una sconfitta ovunque”.
Per questo, agli occhi statunitensi l’invasione nordcoreana non poteva essere percepita come una questione periferica; piuttosto come testimonianza della sfida comunista all’ordine internazionale.
Approfittando dell’assenza del delegato sovietico al Consiglio di Sicurezza ONU – in protesta perché la Cina era ancora rappresentata dal nazionalista Chiang Kai-shek, invece che da Mao – gli Stati Uniti fecero approvare una risoluzione che impegnava le Nazioni Unite a intervenire per difendere la sovranità della Corea del Sud. Il 19 ottobre 1950, le truppe statunitensi del generale MacArthur intervennero a capo di una coalizione internazionale (anche l’Italia contribuì con due ospedali da campo) che rapidamente respinse le truppe di Kim a nord del 38° parallelo.
Tuttavia gli Stati Uniti non fermato la loro avanzata, spingendo le truppe fino al fiume Yalu, al confine tra Corea del Nord e Cina, determinando l’intervento della RPC con un esercito di “volontari” (tra duecento e trecentomila uomini) che riuscì a riportare la situazione allo status quo ante, respingend statunitensi e sudcoreani al di sotto del 38° parallelo.
Nel 1951, la guerra entrò in una fase di stallo esattamente dov’era cominciata: Il 10 luglio si aprì a Kaesong il negoziato per la risoluzione del conflitto, a cui parteciparono nordcoreani, rappresentanti ONU e RPC. La Corea del Sud non prese parte alle trattative, a causa del cieco furore anticomunista del dittatore Rhee.
Le parti raggiunsero un accordo sulla creazione di una linea di demarcazione al 38° parallelo con una zona demilitarizzata e di una Commissione per l’armistizio militare. Tuttavia, i negoziati rimasero bloccati per due anni sulla questione della liberazione dei prigionieri di guerra, che il Presidente Truman suggerì di attuare in base alla volontà dei prigionieri stessi, una mossa propagandistica volta a screditare la RPC, poiché molti prigionieri cinesi temevano di tornare in patria ed essere perseguiti dalla legge, per il proprio passato nazionalista.
L’elezione del presidente Eisenhower nel 1952 con la sua dottrina della “rappresaglia massiccia” e soprattutto la morte di Stalin nel 1953 – che aveva sempre cercato di mantenere le truppe impegnate in Asia per distoglierle dal teatro europeo – posero le condizioni per un armistizio, firmato il 27 luglio 1953 a Panmunjom.
Il documento, non ratificato dai sudcoreani, non è mai diventato un trattato di pace. Terminava così la guerra di Corea, che si stima – probabilmente al ribasso – abbia portato alla morte due milioni e mezzo di coreani, oltre cinquecentomila cinesi – tra cui il figlio di Mao – e trentaquattromila cittadini degli Stati Uniti.
Quali furono le conseguenze sul piano regionale e internazionale? Sul piano internazionale, la guerra fu un tassello cruciale nella militarizzazione del contenimento da parte statunitense, cominciata con la pubblicazione di NCS-68. Durante e in seguito al conflitto, gli Stati Uniti incoraggiarono la creazione di organizzazioni di sicurezza collettiva in chiave antisovietica da collegare alla NATO, tra cui vi furono: l’Australia, New Zealand, United States Security Treaty (1951), la Southeast Asia Treaty Organization (1954) e la Central Treaty Organization (1955).
A livello regionale, la guerra, cominciata per riunificare la Corea, aveva finito per dividerla del tutto. Essa radicalizzò un conflitto nato da una divisione artificiale della penisola voluta dalle due superpotenze e mai cercata, né accettata, dai coreani. Al nord, il regime era diventato progressivamente impenetrabile, chiudendosi al mondo esterno sotto la dittatura dinastica della famiglia Kim. Al sud, il Paese attese fino al 1987 per diventare una democrazia, dopo aver subito due golpe militari nel 1961 e nel 1979.
Soltanto il nuovo millennio, cinquant’anni dopo lo scoppio della guerra, ha portato al primo incontro tra un leader nordcoreano e sudcoreano: u un evento di grande portata storica, ma che non ebbe effetti determinanti e significativi, sul piano del dialogo inter-coreano, che fa fatica ancora oggi a decollare.