24 marzo 1849. La fuga di Carlo Alberto in Portogallo


di redazione

Nel corso della prima guerra d’indipendenza italiana, il re di Sardegna, Carlo Alberto, dopo le prime vittorie, andò incontro ad una serie di insuccessi, culminati nella grave sconfitta inflittagli   dal maresciallo Radetzky il 23 luglio 1848 a Custoza, che lo  costrinse a chiedere l’armistizio.

La disfatta non gli perdonata, sul re sabaudo si riversarono accuse di incapacità militare e addirittura di tradimento. Le critiche indussero Carlo Alberto a riprendere le ostilità, ma una nuova, pesante sconfitta lo colse a Novara, tanto che il 23 marzo 1849 fi costretto ad abbandonare la corona e ad abdicare a favore del figlio Vittorio Emanuele II.

Subito dopo l’abdicazione lasciò Novara alla mezzanotte circa del 23 marzo 1849. Intenzionato a lasciare l’Italia, si allontanò in carrozza in direzione di Vercelli, probabilmente senza avere una meta precisa. Ma lungo la strada fu fermato ad un posto di blocco austriaco, cui si presentò col suo titolo di conte di Barge, colonnello dell’esercito piemontese. Il generale Georg Thurn Valsassina (1788-1866) volle interrogarlo, non si seppe mai se lo avesse riconosciuto o meno; lo fece riconoscere come conte di Barge da un bersagliere catturato e lo lasciò passare.

Carlo Alberto proseguì così il suo viaggio verso sud-ovest, giungendo, il 26 marzo, nel Principato di Monaco. Ricevuto a Nizza, allora appartenente al Regno di Sardegna, un passaporto, gli fu possibile attraversare senza problemi Francia, Spagna e Portogallo. Il 1º aprile raggiunse Bayonne, nei pressi della costa atlantica francese, dove il 3 aprile fu raggiunto da una delegazione mandata da Torino per fargli firmare l’atto legale di abdicazione.

Dopo un viaggio avventuroso arrivò in Portogallo, a Oporto, forse con l’intenzione di imbarcarsi per l’America.  

Ma le sue condizioni di salute non gli permisero di proseguire. Morì in Portogallo, ospite di una casa privata, alle 15,30 del 28 luglio 1849, non aveva ancora compiuto 51 anni.

Carlo Alberto è stata una delle figure più importanti e più controverse del Risorgimento. Figlio di Carlo Emanuele e di Maria Cristina di Sassonia-Curlandia, crebbe tra Parigi e Ginevra, fino a  diventare sottotenente dei dragoni nell’esercito napoleonico. Egli fu dunque influenzato dalla cultura francese ed, in gioventù, si mostrò sensibile alle idee liberali.

Salito al trono del Regno di Sardegna il 27 aprile 1831, in seguitio alla morte dello zio Carlo Felice, si rivelò un sovrano sempre diviso tra riformismo e conservatorismo. Il suo regno si caratterizzò per luci ed ombre.

Infatti, da un lato, firma la convenzione militare con l’Austria e avvia una stagione di feroci processi contro i la Carboneria ed i mazziniani; d’altro lato introdice nel regno una serie di riforme  illuminate: abolizione della feudalità, promulgazione nel 1837 del codice per un’unità giuridica del regno, eliminazione delle barriere economiche interne.

Non senza molti dubbi e tentennamenti, il 4 marzo 1848 concesse la Costituzione, denominata Statuto Albertino,  trasformando di fatto la monarchia assoluta sabauda in una monarchia costituzionale. Lo Statuto fu accolto con enorme entusiasmo e provocò una ventata di speranza nel movimento risorgimentale.

Dopo l’abdicazione del 23 marzo 1849 comincia a diffondersi il mito di Carlo Alberto come paladino del riscatto nazionale e della libertà italiana.

 

Chiamato, a seconda dei momenti, sovrano riformatore, re tentenna,  principe di Carignano, Carlo Alberto fu tuttavia punto di riferimento per molti patrioti italiani, soprattutto in virtù del rapporto da lui stabilito con personalità come Vincenzo Gioberti e Massimo D’Azeglio.