Il conto corrente pignorato non integra la forza maggiore (per assistenza e consulenza chiama 0698356829)


La Ctr Piemonte, con la decisione n. 800/03/2021 depositata lo scorso 13 ottobre 2021, ha chiarito che il mancato pagamento di imposte ad opera del contribuente in ragione del pignoramento delle somme sul proprio conto corrente è sanzionabile, non rappresentando detto atto un’esimente, tanto più che il contribuente non aveva ripreso i pagamenti neanche quando detta situazione pregiudizievole era venuta meno.

I fatti in causa
Un contribuente definiva in acquiescenza, ai sensi dell’articolo 15 del Dlgs n. 218/1997, un avviso di accertamento, per una determinata annualità, emesso dalla Dp di Vercelli, con pagamento di imposte, interessi e sanzioni ridotte, in modalità rateale, da corrispondersi in 16 rate trimestrali alle scadenze previste. Tuttavia, il pagamento delle rate veniva osservato fino alla terza, le rate successive non venivano corrisposte e, quindi, l’ufficio emetteva un avviso di intimazione.
L’amministrazione finanziaria, in particolare, rilevata la decadenza dal beneficio della rateizzazione ai sensi dell’articolo 15-ter, comma 2, Dpr n. 602/1973, in forza del quale il mancato pagamento di una delle rate diverse dalla prima, “comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui all’art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta”, emetteva il citato avviso di intimazione, richiedendo al contribuente imposta residua, sanzioni, interessi oltre alla sanzione ulteriore, applicata all’importo residuo dovuto a titolo di imposta, nella misura del 45%, prevista dall’articolo 13 Dlgs n. 471/1997.

Il processo di primo grado
Il contribuente impugnava l’atto impositivo avanti alla Ctp di Vercelli, imputando il mancato pagamento delle rate successive alla terza al blocco dei propri conti correnti, intervenuto a seguito di pignoramento richiesto ed eseguito da una Spa, verso la quale egli risultava debitore per un importo di molte decine di migliaia di euro.
In definitiva, ritenendo sussistere un’ipotesi di oggettiva impossibilità a corrispondere le rate non versate, chiedeva l’annullamento dell’avviso di intimazione e la riammissione all’originario piano di rateazione.
I primi giudici concordavano con la prospettazione del privato, evidenziando che ricorresse, nel caso di specie, un’ipotesi di forza maggiore ai sensi dell’articolo 6 Dlgs n. 472/1997, rappresentato proprio dal pignoramento subito dal contribuente, con conseguente blocco dei propri conti correnti.
Proponeva gravame l’Agenzia delle entrate, opponendo l’insussistenza di un’ipotesi di forza maggiore, corroborata dalla circostanza che lo stesso contribuente aveva continuato parzialmente i suoi versamenti anche dopo il pignoramento e non li aveva ripresi quando tale situazione era venuta meno.

La decisione della Ctr Piemonte
Secondo la Ctr, il gravame erariale è fondato.
L’articolo 6, comma 5 Dlgs n. 472/1997, premette il Collegio regionale piemontese, prevede che non sia punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore.
Anche l’Agenzia delle entrate, con propria prassi, si è pronunciata sui contorni di detta esimente nella circolare 8/2020 (risposta 1.7), che ha fatto, a sua volta, anche riferimento alla circolare 180/1998 del ministero delle Finanze.

Giurisprudenza di riferimento
Nel richiamato documento dell’Agenzia sono riportati una serie di pronunciamenti giurisprudenziali, sia della Cassazione (cfr. Cass. 8175/2019, 28321/2019, conformi a numerosi precedenti) che della Corte di giustizia (cfr. sentenze rese nelle cause C-314/06, C-325/03, C-208/01 e C-195/91).
Secondo l’orientamento emerso dalla giurisprudenza più autorevole, in sintesi, la nozione di forza maggiore comporta la sussistenza:

  • sia di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore
  • sia di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi.

Il pignoramento non è un’esimente
Ebbene, è evidente che una situazione d’indisponibilità dei conti correnti, conseguente ad altri debiti del contribuente, il cui mancato pagamento ha comportato un pignoramento delle disponibilità liquide, non costituisce circostanza anomala, estranea al contribuente, e che tale vicenda è anche conseguenza della mancata adozione di adeguate cautele, vale a dire di iniziative dirette a prevenire e, comunque, a gestire la propria situazione di crisi di liquidità o di insolvenza.
Si fa riferimento, infatti, agli istituti a tali fini previsti dall’ordinamento sia per gli imprenditori che per i debitori che non siano imprenditori, come il sovraindebitamento, introdotto nel nostro ordinamento giuridico dalla legge n. 3/2012.
Infine, nel caso di specie, va pure sottolineato che il contribuente non aveva ripreso i propri pagamenti quando il pignoramento dei conti correnti era venuto meno, con ciò corroborando l’ipotesi, sostenuta dall’ufficio erariale, che l’inadempimento non fosse incolpevole.

Fonte: Fiscooggi