23 giugno 2016. In Gran Bretagna il referendum dice sì alla Brexit


 

di redazione

Il 23 giugno 2016 si è svolto il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea, passato alla storia come referendum sulla “Brexit”, parola composta da British ed exit.

Il voto, che ha interessato il Regno Unito e a Gibilterra, con valore consultivo, non vincolante, era stato fortemente voluto dall’ex premier britannico David Cameron, a determinare la cui scelta giovarono valutazioni di ordine economico, ma anche ragioni legate al fenomeno dell’immigrazione.

Il risultato del referendum ha visto prevalere i voti favorevoli all’uscita dalla Unione europea con il 51,89%, contro il 48,11% dei voti contrari alla Brexit.

L’analisi dei risultati ha evidenziato una frattura, non ancora saldata, tra le nazioni che compongono il Regno Unito: in Inghilterra e Galles la maggioranza è stata, ed è ancora, favorevole all’uscita dalla Ue, mentre in Scozia e Irlanda del Nord la maggioranza ha sostenuto la permananza nell’Unione. Probabilmente è stata questa valutazione a indurre David Cameron a rassegnare, dopo il voto referendario, le sue dimissioni da primo ministro e da leader del Partito conservatore.

A Cameron succedette Theresa May che, col sostegno del Parlamento inglese, ha tentato di seguire la strada di un’uscita di negoziata, attraverso un accordo con l’Ue, come previsto dall’art. 50 del Trattato di Lisbona. Ma il tentativo è fallito e ciò ha costretto la May alle dimissioni. Le è subentrato Boris Johnson, entrato al numero 10 di Downing Street il 7 giugno 2019. Ma, fallito anche da Johnson l’accordo con la Ue, il nuovo primo ministro ha chiesto la convocazione di nuove elezioni che si sono svolte il 12 dicembre 2019. Ed anche questo voto popolare ha sancito la netta vittoria della Brexit.

Successivamente Johnson è comunque riuscito a far approvare dall’Unione europea la sua proposta di intesa. Il 29 gennaio 2020 il Parlamento Europeo ha approvato l’uscita dall’Unione del Regno Unito che è ufficialmnete fuori dalla Ue 31 gennaio 2019.

Attualmente è aperta una fase di transizione che durerà fino al 31 dicembre 2020, durante la quale le parti dovranno definire nuovi accordi sulla fisionomia delle loro relazioni future.