Il 22 agosto 1962 il presidente francese Charles de Gaulle sfugge miracolosamente a un doppio attentato in una Parigi quasi deserta, oppressa dall’afa agostana, l’auto presidenziale sfrecciava a novanta chilometri all’ora diretta all’aeroporto militare di Villacoublay. A breve distanza la seguiva un’auto di scorta con a bordo un medico e tre agenti speciali, chiudeva il corteo una coppia di poliziotti in motocicletta pronti ad intervenire per sciogliere eventuali ingorghi stradali.
Per prendere parte al consiglio dei ministri, quel mercoledì 22 agosto 1962, il generale de Gaulle, insieme alla moglie Yvonne e al genero, il colonnello Alain de Boissieu, aveva lasciato di buon mattino la quiete della Boisserie, la sua residenza a Colombey-les-Deux-Eglises, immersa tra le colline boscose dell’Alta Marna, e intendeva farvi ritorno prima di notte. Né il tesissimo clima politico, né l’attentato subito un anno prima a Pont-sur-Seine, né gli inviti del ministro degli Interni, che in più occasioni gli aveva fatto presente quanto fosse arduo garantire la sua sicurezza nei continui spostamenti tra Parigi e la Boisserie, erano riusciti a convincere il generale a modificare le sue abitudini, a rinunciare alle passeggiate nei boschi e al raccoglimento del suo studio da cui poteva vedere l’orizzonte perdersi tra le colline.
Poco prima delle 20, il corteo presidenziale aveva lasciato l’Eliseo e aveva seguito il percorso più rapido e diretto verso l’aeroporto. Quella scelta non era passata inosservata.
A bordo della Citroën DS presidenziale, invece, nessuno, nella luce incerta del crepuscolo, fece caso su Avenue de la Libération a un uomo con un cappello grigio che sventolava un giornale sopra la testa. Era il segnale convenuto per aprire il fuoco.
Da un furgoncino Renault Estafette giallo, parcheggiato sul lato destro della strada, nel senso di marcia del corteo presidenziale, partirono all’improvviso alcune raffiche di armi automatiche. L’autista del presidente, il maresciallo Francis Marroux, non si lasciò impressionare dal crepitio dei proiettili e affondò il piede sull’acceleratore per sfuggire alla linea di tiro degli attentatori. L’esplosione di due pneumatici fece sbandare l’auto, ma non impedì a Marroux di tenere la strada e aumentare la velocità.
Superato l’iniziale stupore, il generale e sua moglie furono pronti nell’eseguire l’ordine di abbassarsi urlato dal genero. Quella prontezza fu provvidenziale. Un centinaio di metri oltre il furgone giallo, all’incrocio con rue du Bois, una Citroën DS blu s’immise a tutta velocità tra l’auto presidenziale e quella di scorta, mitragliandole entrambe sino alla rotonda del Petit-Clamart, per poi svanire in direzione di Parigi.
Furono esplosi più di centocinquanta proiettili, ma solo sei raggiunsero la vettura presidenziale. Uno frantumò il vetro laterale sinistro, attraversò l’interno del veicolo e squarciò la carrozzeria sopra il sedile posteriore destro, a una decina di centimetri dalla testa di madame de Gaulle. Un altro penetrò all’altezza della targa, attraversò il baule per conficcarsi nello schienale del sedile posteriore sinistro, dove sedeva il generale. L’auto di scorta fu centrata quattro volte. Il casco di uno dei motociclisti fu colpito di striscio, così come il portabagagli della seconda motocicletta.
Per miracolo tutti uscirono incolumi da quella tempesta di fuoco. Soltanto un automobilista che transitava, in compagnia della moglie e dei tre figli, in senso contrario al corteo presidenziale fu lievemente ferito all’indice da una scheggia staccatasi dal volante nell’impatto con una pallottola vagante.