2002 –Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia entrano a far parte della NATO


Con la legge 19 agosto 2003, n. 255, l’Italia ha autorizzato la ratifica dei Protocolli di adesione alla NATO, firmati il 26 marzo 2003, delle Repubbliche di Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia.

Si è trattato del quinto round di allargamento, il secondo dopo la fine della guerra fredda. A partire dalla sua istituzione, nel 1949, ai 12 membri fondatori (Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Regno Unito e USA) se ne sono aggiunti altri in cinque diversi momenti: nel 1952 Grecia e Turchia; nel 1955 la Germania; nel 1982  la Spagna; nel 1999 la Repubblica ceca, l’Ungheria e la Polonia. L’ultimo round, che ha visto l’ingresso dei sette Paesi sopra menzionati – entrati formalmente a fare parte della NATO il 29 marzo 2004 – ha portato il numero dei Paesi membri dell’Alleanza a 26.

L’adesione di nuovi membri è contemplata dall’articolo 10 del Trattato di Washington, in base al quale gli Stati membri, previo accordo unanime, possono invitare a far parte dell’Alleanza atlantica ogni altro Stato europeo in grado di contribuire alla sicurezza della regione e di favorire lo sviluppo dei principi sanciti nel Trattato istitutivo. Nello stesso articolo 10 è delineata sinteticamente la procedura di ammissione che è stata seguita anche per i precedenti quattro allargamenti.

La prima delle cinque fasi necessarie per giungere alla definitiva ammissione di nuovi Paesi nell’Alleanza consiste nello svolgimento di negoziati con ciascun Paese che sia stato formalmente invitato ad aderire. I colloqui (accession talks) tra esperti della NATO e rappresentanti dei Paesi invitati, che avvengono nella sede generale di Bruxelles, riguardano in primo luogo gli obblighi formali derivanti dallo status  di membro dell’Alleanza. Vengono inoltre discussi temi specifici e, in particolare, le riforme che dovranno essere attuate dai singoli Paesi sia prima che dopo la loro ammissione sulla base di un calendario predisposto al termine del ciclo di incontri. Nella seconda fase i Ministri degli esteri dei Paesi invitati trasmettono alla NATO una lettera di intenti in cui confermano l’interesse, la volontà e la capacità di rispettare gli obblighi e gli impegni politici, giuridici e militari che comporta l’adesione alla NATO. Nella terza fase si procede alla firma dei Protocolli di accesso che, tecnicamente, rappresentano degli emendamenti al Trattato istitutivo del 1949. Essi dovranno poi essere ratificati da tutti gli Stati membri dell’Alleanza in conformità a quanto prescritto dalle rispettive procedure interne. Completata la fase delle ratifiche (quarta fase), il Segretario Generale della NATO rivolge ai Paesi invitato l’invito formale a divenire parte del Trattato Nord Atlantico e membri dell’Organizzazione. La procedura di adesione si conclude con la fase in cui ciascun nuovo membro dell’Alleanza deposita il proprio strumento di accesso presso il Governo degli Stati Uniti d’America.

I Protocolli relativi all’accesso dei tre Paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) e di Bulgaria, Romania, Slovacchia e Slovenia, sono stati firmati a Bruxelles il 26 marzo 2003. Come previsto, essi si limitano a regolare le modalità e i tempi di estensione dell’invito rivolto ai loro Governi dal Segretario generale della NATO nonché la data della loro entrata in vigore.

Il testo dei Protocolli, che è identico per i sette Paesi, consta di tre soli articoli.

L’articolo 1 prevede che, dopo l’entrata in vigore dei Protocolli, il Segretario generale della NATO, a nome di tutti i Paesi membri, inviti i Governi dei sette Stati ad accedere al Trattato dell’Atlantico del Nord. Successivamente, come precisato ai sensi dell’articolo 10 del Trattato istitutivo, ciascuno dei sette Paesi diverrà parte della NATO una volta depositato lo strumento di adesione al Trattato stesso presso il Governo degli Stati Uniti d’America.

L’articolo 2 concerne l’entrata in vigore dei Protocolli, subordinandola al momento in cui tutti i paesi membri avranno notificato la loro approvazione al Governo degli Stati Uniti d’America. Il Governo depositario è inoltre tenuto ad informare tutti i Paesi NATO della data di ricevimento di ciascuna notifica e dell’entrata in vigore di ciascun Protocollo.

L’articolo 3 stabilisce che i Protocolli, redatti in lingua francese e in lingua inglese, saranno depositati presso gli archivi del Governo degli Stati Uniti d’America.

Il processo di trasformazione della NATO, che ha consentito la sua apertura verso i Paesi dell’ex Patto di Varsavia ha avuto inizio nel Vertice di Londra del luglio 1990, ed è proseguito con l’adozione della Nuova Concezione Strategica (novembre 1991, Vertice di Roma)  che avevo lo scopo di unire un più ampio approccio alla sicurezza, basato sul dialogo e sulla cooperazione, con il mantenimento della capacità di difesa collettiva della NATO, nonché di avviare il dialogo con i Paesi dell’Europa centro-orientale e dell’ex Unione sovietica.

Nell’ambito della nuova Concezione Strategica, nel dicembre 1991, è stato istituito il Consiglio di cooperazione dell’Atlantico del Nord (NACC), un foro multilaterale che aveva lo scopo di creare un clima di fiducia reciproca tra i Paesi dell’Est e dell’Ovest, alla fine della guerra fredda, fornendo una sede istituzionale al dialogo con i Paesi dell’Europa centro-orientale e dell’ex Unione sovietica. Il NACC ha rappresentato una cornice nell’ambito della quale i membri dell’Alleanza hanno offerto ai nuovi partner la propria esperienza, attraverso consultazioni e cooperazione nei settori politici e della sicurezza.

Tre anni più tardi, al Vertice svoltosi nel gennaio 1994 a Bruxelles, è stato lanciato il programma Partnership for Peace (PfP), nell’ambito del NACC, finalizzato ad espandere e intensificare la cooperazione politica e militare in Europa, far crescere la stabilità, ridurre le minacce alla pace e costruire forti relazioni attraverso la cooperazione tra la NATO e i singoli partner.

Il PfP ha giocato un ruolo importante nel processo di ampliamento della NATO a nuovi membri, in accordo con l’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord: la massiccia adesione al PfP dei Paesi dell’ex blocco sovietico ha rappresentato una prima, significativa risposta alle esigenze manifestate da alcuni di questi (Repubblica Ceca, Polonia, Slovenia, Ungheria) in direzione di una partecipazione alla NATO. Il successo dell’iniziativa ha contribuito a determinare un ulteriore sviluppo degli studi per l’allargamento dell’alleanza.

I principi su cui si basa l’allargamento dell’Alleanza sono tuttora quelli enunciati nello “Studio sull’allargamento della NATO” del 1995: la scelta dei Paesi candidati si deve fondare sulle loro credenziali democratiche, sulla capacità di contribuire alla sicurezza collettiva e sul contributo che la loro adesione può apportare alla sicurezza e alla stabilità della zona euro-atlantica.

Gli avvenimenti dell’11 settembre, peraltro, hanno avuto un impatto sul dibattito relativo all’allargamento in quanto sono ora presi in una certa considerazione il grado di preparazione dei Paesi candidati e la loro attitudine a cooperare alle attività di lotta al terrorismo.

E’ a partire dal Consiglio Atlantico di Madrid dell’8-9 luglio 1997, quando  la Repubblica ceca, l’Ungheria e la Polonia sono state invitate dai Paesi membri ad avviare i colloqui di adesione, che l’Alleanza ha adottato la  c.d. politica della “open door”.  A Madrid era stata infatti espressa la volontà, da parte dei Paesi membri, di lasciare la “porta aperta” a tutti i Paesi democratici d’Europa la cui adesione fosse in linea con gli obiettivi del Trattato.

In occasione del Vertice tenutosi a Washington nell’aprile 1999, nel ribadire la politica della “open door”, è stato lanciato il Piano d’Azione per l’Adesione (Membership Action Plan, MAP) per favorire le successive adesioni. Il MAP, che si basa sulle esperienze dei tre membri che più recentemente hanno aderito alla NATO, consiste in un programma di riforme che i Paesi candidati possono seguire, su base volontaria, al fine di raggiungere livelli – adeguati a quelli dei Paesi membri – che garantiscano un sicuro contributo alla sicurezza generale di tutti i Paesi dell’Alleanza. Il piano offre quindi assistenza ai Paesi candidati su tutte le questioni relative all’adesione e, in particolare, sull’adeguamento delle rispettive Forze armate.

FONTE: https://leg15.camera.it/