20 MAGGIO – 1970 – In Italia viene promulgata la legge 20 maggio 1970, n. 300, meglio conosciuta come Statuto dei lavoratori


 

Di Gianni de Iuliis

Si definisce Statuto dei Lavoratori la Legge 20 maggio 1970 n. 300, che reca “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”.

Si tratta di un corpo normativo fondamentale del diritto del lavoro italiano che, parzialmente modificato e integrato nel corso di questi decenni, ancora oggi costituisce la disciplina di riferimento per i rapporti tra lavoratore e impresa e i diritti sindacali.

Approvato a seguito delle tensioni sociali e delle lotte sindacali della fine degli anni sessanta, conosciute come la stagione dell’autunno caldo, e preceduto dall’introduzione nell’ordinamento di alcune significative norme di tutela e garanzia per i lavoratori, quali la Legge 1124/1965 in materia di infortuni e malattie professionali, la Legge 903/65 in materia pensionistica e la Legge 604/66 in materia di licenziamenti, lo Statuto rappresentò una svolta dal punto di vista sia politico che giuridico, nel sancire positivamente alcuni dei diritti fondamentali del lavoratore e delle sue rappresentanze sindacali.

Per oltre quaranta anni l’impianto statutario ha retto alle profonde trasformazioni della società e dell’impresa e continua a costituire uno strumento di tutela giuridica imprescindibile nell’ambito del diritto del lavoro.

Il titolo I dello Statuto (artt. 1 – 13) disciplina diritti e divieti volti a garantire la libertà e dignità del lavoratore; in particolare in materia di libertà di opinione del lavoratore (art. 1), regolamentazione del potere di controllo (artt. 2 – 6) e disciplinare (art. 7), di mansioni e trasferimenti (art. 13).

Il titolo II (artt. 14 – 18), dedicato alla libertà sindacale, nell’affermare e disciplinare il principio cardine del diritto di costituire associazioni sindacali nei luoghi di lavoro e di aderirvi (art. 14), sancisce la nullità degli atti discriminatori (art. 15), pone il divieto di costituire o sostenere sindacati di comodo (art. 17) e, allo scopo di rendere effettivi tali diritti, introduce la garanzia della stabilità del posto di lavoro, disponendo le tutele accordate al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo (art. 18).

Nel titolo III si tracciano le prerogative dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro, attraverso il riconoscimento al sindacato del potere di operare nella sfera giuridica dell’imprenditore, per il conseguimento dei propri obiettivi di rappresentanza e di tutela.

Valgono a tale scopo il fondamentale diritto alla costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali (art. 19), nonché le ulteriori prescrizioni finalizzate a consentire l’esercizio dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro, nelle sue varie forme di manifestazione (assemblea, affissione, permessi, locali e garanzie della funzione sindacale – artt. 20 – 27).

Tra le disposizioni del titolo IV, oltre a quelle in materia di permessi e aspettative per i dirigenti sindacali (artt. 30 – 32), assume una posizione cruciale l’art. 28, che predispone un particolare strumento giudiziario volto a reprimere condotte antisindacali, in quanto impeditive o limitative dell’esercizio dell’attività sindacale o del diritto di sciopero.

Si tratta di una norma di centrale importanza nel disegno complessivo dello Statuto, in quanto legittima il sindacato ad agire direttamente nei confronti dell’imprenditore e a ottenere una pronuncia giudiziale di condanna, con ciò sancendo nella sostanza l’effettività dei diritti sindacali enunciati.