Uno dei risultati più straordinari degli ultimi trent’anni è la crescita generale dei movimenti delle donne nel mondo, e il modo in cui le tematiche femministe hanno cambiato ruoli, relazioni e dibattito pubblico in quasi tutti gli angoli del pianeta. Sebbene questa resti chiaramente una rivoluzione incompleta, sono questi cambiamenti e la violenta reazione contro di essi che offrono il contesto per valutare l’importanza e il risultato del riesame di Pechino + 5 (o “Pechino +5”). Dobbiamo collocare questo procedimento d’esame a volte frustrante nel contesto più ampio dell’organizzarsi delle donne, soprattutto intorno alle conferenze mondiali delle Nazioni Unite negli ultimi venticinque anni.
Sin dagli anni ’60, e con maggior impeto a partire dalla Conferenza Mondiale delle Donne a Città del Messico, le donne hanno continuato a promuovere una presa di coscienza della loro condizione in ogni regione del mondo. Le donne hanno portato nell’agenda della politica mondiale dozzine di tematiche nuove, ed hanno cercato di modificare il modo in cui vengono affrontate molte questioni globali. Le donne sono presenti nell’agenda globale in tutti i campi di studio e in tutte le aree della vita pubblica. Abusi e ingiustizie un tempo ignorati in quanto comuni, ora vengono affrontati, e questo è il principale miglioramento. La prova del cambiamento è l’elenco delle lotte che stiamo conducendo: contro la violenza domestica, lo stupro coniugale, l’incesto, le mutilazioni dei genitali femminili, le molestie sessuali, l’eterosessualità imposta, le gravidanza imposte, le stragi di donne, il traffico di esseri umani e tutti i tipi di umiliazione che una volta, ci dicevano, erano “semplicemente la vita; semplicemente il destino di una donna”. Lottiamo per i diritti delle donne all’istruzione, all’autodeterminazione in materia riproduttiva e su altri terreni relativi all’assistenza sanitaria, alle risorse economiche, alla terra, e all’eredità, alla partecipazione politica, alla parità salariale, ed all’eguaglianza nei processi decisionali su tutte le questioni. Tutti questi diritti inalienabili una volta ci venivano negati senza pensarci due volte. Oggi non solo siamo nell’agenda, ma lavoriamo per trasformare quell’agenda. Il fatto che ci sia opposizione verso un movimento che promuove cambiamenti così fondamentali non dovrebbe, quindi, sorprendere.
Nei dieci anni tra la Terza Conferenza Mondiale sulle Donne del 1985 a Nairobi e la Quarta Conferenza Mondiale di Pechino del 1995, si sono formate reti di donne a livello regionale e globale, che sono riuscite a far avanzare le voci e e il punto di vista delle donne sulle questioni globali, in molte diverse sfere. Tra i più visibili di questi impegni, l’organizzarsi delle donne per introdurre un punto di vista di genere nell’agenda delle conferenze mondiali ONU degli anni ’90: dal Vertice sulla Terra di Rio (1992), alla Conferenza sui Diritti Umani di Vienna (1993), alla Conferenza Internazionale del Cairo su Popolazione e Sviluppo (1994), al Vertice per lo Sviluppo Sociale di Copenhagen (1995), alla Conferenza Habitat di Istambul (1996), e al Vertice Mondiale sull’Alimentazione di Roma (1997). Queste lotte hanno affermato la forza delle donne come soggetto globale, ed hanno dimostrato le nostro potenzialità su molti terreni.
La Conferenza Mondiale di Pechino è stato il punto culminante di questo processo, con la partecipazione di un numero straordinario di persone sia ai negoziati inter governativi sia al Forum parallelo delle ONG. Un risultato senza precedenti rispetto a tutte le altre conferenze mondiali delle Nazioni Unite fino ad oggi — nonostante i tentativi di alcuni di boicottare l’iniziativa, e del governo cinese di scoraggiare la partecipazione. A Pechino, 189 governi hanno fatto un’ampia serie di promesse per sostenere i diritti umani dei tre miliardi di persone che sono donne. La Piattaforma d’Azione di Pechino è stato un vero e proprio referendum sui diritti umani delle donne in dodici aree critiche, che vanno dai diritti economici e sociali, come la povertà e l’istruzione, alla partecipazione politica e alla violenza contro le donne, sia in famiglia che nei conflitti armati. Pechino ha stabilito fermamente che i diritti delle donne sono diritti umani e che soddisfare i bisogni delle donne è fondamentale per il progresso di ogni nazione nello sviluppo economico e nella democrazia.
Poiché le donne sono diventate più forti nell’arena globale, inevitabilmente, c’è stata resistenza. La violenta reazione contro le donne non è iniziata negli anni 90’, ma è cresciuta con l’emergere di un’ampia alleanza di soggetti, che opera per sconfiggere la crescente autodeterminazione e la forza politica delle donne, a livello nazionale ed internazionale. Sia che operino sotto forma di fondamentalismo religioso cristiano, islamico o di altre religioni, o come repubblicani USA di destra, o ancora come forze nazionaliste nei conflitti etnici in varie parti del mondo, tali forze sono unite per contrastare la crescente forza e i progressi delle donne verso l’autodeterminazione a livello globale. Le battaglie combattute sono state particolarmente intense al Cairo e a Pechino sulle questioni dei diritti riproduttivi e sessuali; e queste forze sono tornate ad operare, con spirito vendicativo, nei riesami di queste due importantissime conferenze “cinque anni dopo”, nel 1999 e nel 2000.
Cos’è accaduto nel Processo di “Pechino +5”
L’incontro delle Nazioni Unite per misurare i progressi cinque anni dopo la Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne è diventato un’ulterioresededi scontro globale sui ruoli e sui diritti delle donne. Ma la tensione che ha circondato il processo di “Pechino +5” non veniva soltanto dalla classica prova di forza tra “femministe e fondamentalisti”. Dopo Pechino, l’impatto della globalizzazione ha esacerbato anche i conflitti tra nazioni ricche e nazioni povere, ed ha aumentato l’insicurezza di molti stati sulla loro capacità di controllare il proprio destino. Inoltre, i progressi compiuti nel diritto internazionale sui diritti umani, e il crescente impegno per consegnare alla giustizia gli individui responsabili di crimini di guerra — messi in evidenza da avvenimenti quali la creazione di una Corte Penale Internazionale e l’arresto del Generale Pinochet del Cile — hanno fatto affiorare la tensione esistente tra l’impegno delle Nazioni Unite di sostenere i diritti umani e quello di rispettare, allo stesso tempo, la sovranità nazionale. Sotto la parvenza di preservare la sovranità nazionale o la diversità culturale, alcuni paesi hanno cominciato a diffidare del discorso dei diritti umani in generale, così come di quelli che riguardano le donne.
A causa di questi vari fattori, il clima politico dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dell’autunno del 1999 è stato descritto da molti come uno dei più tesi nella recente memoria. Poiché il Riesame di Pechino + 5 era una sessione speciale dell’Assemblea Generale, è stato anch’esso vittima di queste tensioni. La collaborazione trasversale, che scavalca le demarcazioni linee geopolitiche ed è necessaria per raggiungere il consenso, è stata più difficile da mettere insieme questa volta di quanto non lo fu nel 1995; l’ammontare di capitale politico che la maggior parte dei governi era preparata a spendere su un riesame è stato inferiore a quello messo nella Conferenza di Pechino. Inoltre, i governi erano per lo più consapevoli dei pochissimi progressi che avevano fatto nell’adempiere le promesse di Pechino, ed erano riluttanti ad assumersi impegni ulteriori. Anche valutare la condizione delle donne è diventato più complesso, con notevoli miglioramenti in alcune aree per alcune donne, controbilanciati dal declino economico e dalla crescente violenza in altri casi.
I sostenitori dei diritti delle donne sono entrati nel processo di Pechino + 5 perseguendo un insieme di obiettivi su cui compiere passi avanti. Dove la Piattaforma di Pechino era forte in alcune aree, come la salute e la violenza contro le donne, l’obiettivo principale era indurre i governi a prendere degli impegni più concreti per adempiere le loro promesse, con parametri di riferimento precisi, target vincolati ai tempi, e risorse finalizzate. In altre aree, dove la Piattaforma era più debole o aveva tralasciato questioni critiche, le donne hanno cercato ul linguaggio che affrontasse questioni quali l’impatto della globalizzazione sulle donne, l’HIV/AIDS, il razzismo, la discriminazione basata sull’orientamento sessuale, e il rapporto fra donne e tutela della pace, per nominarne solo qualcuna. In generale, l’obiettivo era utilizzare il processo di riesame per rafforzare l’impegno governativo e la cooperazione internazionale mirata ad attuare la Piattaforma ed i principi dei diritti umani racchiusi in essa, spiegando nei dettagli più elementari le azioni concrete che si sarebbero dovute prendere a tutti i livelli — locale, nazionale, regionale, ed internazionale. [..]
Tuttavia, spesso ci siamo trovate ridotte a difendere il terreno conquistato a Pechino o apparentemente a fare solo dei progressi quantitativi. Le forze conservatrici non governative, soprattutto della destra religiosa del Nord America, erano presenti in gran numero ed hanno lavorato insieme ai rappresentanti di una manciata di paesi, determinati e molto presenti nel dibattito, nonché insieme alla Santa Sede, per attenuare gli impegni di Pechino, o per lo meno per fermare tutti i tentativi di andare oltre ad essi. L’inquieto e complesso clima geopolitico delle Nazioni Unite sembrava rendere difficile far progredire il processo. Il periodo dalla riunione preliminare di marzo del comitato preparatorio, fino a gran parte della Sessione Speciale di giugno del 2000, è stato caratterizzato da lunghi, protratti e noiosi negoziati, e da molti punti morti. […] Infine, le numerose bozze e le nuove bozze prodotte durante i negoziati, la confusione sulla specie di documento che era necessario, alla fine hanno prodotto un documento immanovrabile e spesso difficile da seguire.
Dato l’investimento che così tante donne in tutto il mondo avevano fatto nella Piattaforma di Pechino, era cruciale difendere quei progressi e non perdere terreno in quest’arena globale altamente visibile. Alla fine, il documento prodotto dal processo Pechino + 5 ha ottenuto questo risultato, e probabilmente è migliore di quello che il frustrante processo ci aveva portato a credere sarebbe stato. Cosa più importante, la Dichiarazione Politica firmata a 5 anni da Pechino, riafferma che i governi hanno la responsabilità di attuare la Piattaforma d’Azione di Pechino, e quindi la Piattaforma resta il punto di riferimento per l’impegno governativo e l’azione sui diritti delle donne in tutte e dodici le aree critiche, per il prossimo decennio.
Sebbene le forze conservatrici non siano riuscite a cambiare la Piattaforma di Pechino, esse hanno indebolito le proposte d’azione che i governi dovrebbero intraprendere in questo periodo per attuarla, aggiungendo frasi qualificative quali “laddove appropriato”, o dicendo che le parti dovrebbero “prendere in considerazione” determinate azioni, piuttosto che sollecitarle direttamente ad agire. Molte date specifiche e target numerici proposti da alcuni governi sono stati eliminati dalla bozza, rendendo più difficile misurare i progressi e responsabilizzare i governi sui loro impegni. Sfortunatamente, diversi governi che erano riluttanti ad essere politicamente vincolati a tali obiettivi si sono nascosti dietro gli oppositori più attivamente presenti, consentendo che questi fattori fossero compromessi. Come afferma la dichiarazione delle ONG rilasciata dal Linkage Caucus sull’ultimo giorno della sessione: “Ci duole che da parte di alcuni governi e del sistema delle Nazioni Unite non ci sia stata sufficiente volontà politica per concordare un documento più forte, con parametri più concreti, obiettivi numerici, target vincolati ai tempi, indicatori, e risorse mirate ad attuare la Piattaforma di Pechino”.
Come le cinque relazioni che seguono articolano in considerevole dettaglio per le aree in cui il Centro Globale ha concentrato il suo lavoro, il documento avrebbe potuto essere migliore. Ma avrebbe anche potuto essere di gran lunga peggiore. Esso contiene forti posizioni contro la tratta di donne e ragazze, contro la violenza domestica — compreso lo stupro coniugale — e contro i cosiddetti “delitti d’onore”. Chiede che venga dedicata maggiore attenzione alla lotta al razzismo, ai modi in cui la globalizzazione incide negativamente sulle donne, e alla devastante epidemia dell’HIV/AIDS. Fa della mortalità materna un settore sanitario prioritario e conferma gli obiettivi faticosamente raggiunti dalle donne nel riesame del Cairo + 5.
Infine, non possiamo parlare di quel che è accaduto al Pechino + 5 senza notare i modi in cui le organizzazioni non governative (ONG) hanno utilizzato l’occasione per impegnarsi ancora una volta con i governi sulle loro responsabilità di promuovere i diritti umani delle donne. Le donne, ed alcuni uomini, hanno partecipato numerosissimi durante il riesame, così come avevano fatto alla Conferenza Mondiale sulle Donne di Pechino — dimostrando ancora una volta che questa è una questione fondamentale per la vita e le passioni della gente. A tutti e quattro gli incontri regionali, le ONG si sono riunite prima e/o durante gli incontri governativi, per esercitare pressioni sui delegati e per fare dichiarazioni su una vasta gamma di temi. Alla Sessione Speciale di New York, si sono formati caucus e gruppi di affinità internazionali attorno a questioni specifiche, che hanno preparato emendamenti ed hanno fatto pressioni sui delegati. Molte donne delle ONG hanno preso parte alle delegazioni governative e/o fornito competenza tecnica su questioni di genere alle delegazioni. Sulla base della crescente esperienza delle ONG dello scorso decennio, sia lavorando alle conferenze delle Nazioni Unite che in altre arene internazionali, molte di queste reti sono diventate efficaci nel creare posizioni comuni tra le varie linee geopolitiche.
Uno degli aspetti più incoraggianti di questo processo è stata la significativa presenza di giovani uomini, che hanno organizzato propri caucus autonomi, e partecipato anche ad altri. Un altro sviluppo importante è stato il modo in cui il caucus delle ONG ha utilizzato l’occasione, non solo per affrontare il Riesame di Pechino + 5, ma anche per guadagnare l’attenzione dei mezzi di comunicazione, dei governi e delle Nazioni Unite sui temi di loro interesse. Ad esempio, il Caucus su “Donne e conflitti armati” ha impegnato il personale delle Nazioni UNite e i governi in un dialogo sul ruole delle donne e nella tutela della pace; questi incontri hanno contribuito al lavoro di base per la prima storica riunione su questo argomento del Consiglio di Sicurezza, tenutasi nell’ottobre del 2000.
A livello nazionale, la maggioranza dei governi si è sentita obbligata ad incontrare le ONG, e a fare delle relazioni su quello che queste stanno facendo per attuare la Piattaforma di Pechino; molte donne hanno impegnato il proprio governo in dibattiti su quel che è necessario fare nei loro paesi per far avanzare i diritti delle donne. Più di 100 relazioni preparate dalle ONG hanno messo in dubbio i rosei rapporti nazionali dei governi alle Nazioni Unite, dicendo la verità nuda e cruda su quanto i governi hanno e non hanno fatto. Oltre a concentrarsi sui dibattiti per il documento intergovernativo, le donne hanno tenuto simposi, seminari e conferenze per condividere le esperienze ed imparare l’una dall’altra cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato nei rispettivi paesi. Come a Pechino, le donne hanno utilizzato lo spazio fornito dal riesame per trasmettere e condividere strategie al di là dei confini culturali, razziali, sessuali, nazionali e d’altro genere, e per evidenziare alcune delle sfide che ci attendono nell’agenda incompleta del raggiungimento dei diritti e dell’uguaglianza per le donne.
Ciò che Pechino + 5 ha rivelato: verso il futuro
Sebbene a volte i processi delle conferenze delle donne di Nairobi e di Pechino siano stati anch’essi frustranti, sono stati comunque dei punti culminanti per il movimento internazionale delle donne, in termini di definizione e di elaborazione delle necessità e dei diritti delle donne, e per stabilire degli standard per quello che i governi avrebbero dovuto fare per promuovere la posizione delle donne nel mondo. Il Riesame di Pechino + 5 è stato più complesso, dato che ha cercato di valutare quanto era stato fatto verso questi grandi obiettivi in un arco di tempo relativamente breve. Non ci si dovrebbe sorprendere che il processo per l’attuazione di questi standard e per il rispetto di diritti che sono stati violati per secoli in tutto il mondo sia più difficile.
Le sfide di Pechino + 5 sono state le stesse affrontate oggi dai movimenti delle donne localmente ed internazionalmente: resistenza istituzionale e reazione violenta, mancanza di volontà politica, risorse insufficienti per i compiti più urgenti, moto culturale sommerso, e la necessità di modelli e concetti sociali alternativi che spieghino in dettaglio le visioni delle donne di un mondo libero dalla discriminazione e dalla violenza. E’ stato per affrontare queste questioni che abbiamo scelto di tenere il Simposio delle Donne 2000 durante il processo di Pechino + 5. Giacché, intanto che lottiamo perchè nel documento inter governativo venga mantenuto l’impegno dei governi verso i diritti delle donne come diritti umani, abbiamo anche bisogno di esaminare strategie ed azioni concrete delle donne nel mondo, per rendere realtà le promesse contenute nelle parole dei documenti. E’ quest’interfaccia tra parole ed azioni che il nostro approccio al Riesame di Pechino + 5 e questo libro cercano di rappresentare.
Il processo di Pechino + 5 ha sollevato importanti interrogativi su cui riflettere, circa il lavoro di promozione dei diritti umani delle donne attraverso il sistema delle Nazioni Unite. Ha indicato anche alcune delle limitazioni di questo lavoro, quando i governi non sono realmente vincolati alle parole che scrivono. Allo stesso tempo, ci ha ricordato l’importanza che le donne continuino ad utilizzare lo spazio pubblico che le Nazioni Unite forniscono. Molti sono alla ricerca di modi migliori in cui l’ONU possa portare avanti tali processi di revisione, dato che questa, come la maggioranza delle altre revisioni “cinque anni dopo” degli ultimi dieci anni, si è dimostrata frustrante. Forse processi di una così profonda trasformazione come quelli portatoi avanti dalle conferenze delle donne delle Nazioni Unite hanno bisogno di un quadro temporale più lungo, prima che possa aver luogo una valutazione realistica dei progressi compiuti.
Un’altra questione alla quale questo processo di revisione non ha dato una risposta, è se in futuro ci sarà un’altra conferenza mondiale sulle donne. Ora questo interrogativo è nelle mani della Commissione sulla Condizione delle Donne e del Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (ECOSOC), che debbono stabilire se tenere un evento del genere nel 2005 o in un altro momento nell’arco dei prossimi dieci anni. Sebbene le Nazioni Unite parlino di ridurre le conferenze mondiali, le conferenze delle donne hanno dimostrato di essere un impulso vitale per la crescita del movimento delle donne, ed hanno fornito alle donne delle opportunità — che sono ancora troppo rare — d’incontrarsi al di là delle linee nazionali e regionali. Sia nel 2005 che più tardi, appare essenziale che le donne mantengano la spinta per tenere un’altra conferenza del genere entro i prossimi dieci anni, sia come punto di riunione globale per chi si batte per i diritti delle donne, sia come target che ricordi ai governi le loro responsabilità verso le promesse fatte alle donne del mondo.
Uno dei nodi di riflessione che questo processo ha rivelato è l’importanza degli organismi per la promozione dei diritti umani per le donne. In realtà, gli obiettivi in materia di diritti umani della Piattaforma d’Azione di Pechino sono stati attaccati in parte proprio perché le donne hanno cominciato ad usare i diritti umani più efficacemente, negli ultimi dieci anni. Alcuni governi si sono opposti ad usare gli strumenti dei diritti umani per garantire le promesse della Piattaforma alle donne; ma se essi possono negare i diritti umani alle donne in base a fondamenti culturali o nazionali, allora il concetto vero e proprio dell’universalità dei diritti umani è del tutto indebolito. Noi siamo venute via dal Pechino + 5 con un documento che non rinunciava alla verità fondamentale che i diritti delle donne sono diritti umani. Tuttavia, l’attacco a questo obiettivo ci ha ricordato che il realizzarlo è un lavoro in corso d’opera, nei confronti del quale dobbiamo mantenere una forte vigilanza. Esso ci ha anche indicato l’importanza che le donne utilizzino la Convenzione per l’Eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne (CEDAW) e tutti gli altri trattati sui diritti umani, che, a differenza dalla Piattaforma di Pechino, sono obblighi giurdicamente vincolanti per i paesi che li firmano.
Complessivamente, nel processo di Pechino + 5 il movimento globale delle donne ha avuto la meglio, nonostante le frustrazioni e gli ostacoli. La Piattaforma d’Azione di Pechino è stata riconfermata, e i governi ancora una volta si sono impegnati assumendosi la responsabilità di lavorare per la sua attuazione. Sebbene non siano stati stabiliti tutti i target specifici e non siano state destinate tutte le risorse cui molte di noi aspiravano, si sono fatti molti progressi concreti, dai quali le donne possono partire per andare avanti, mentre noi lavoriamo per attuare la Piattaforma e per responsabilizzare i governi sugli impegni presi.
La Revisione di Pechino + 5 ha avuto i suoi alti e bassi, ma ha offerto un’altra opportunità per la discussione pubblica di molte questioni che influiscono su ed interessano le donne. L’esistenza stessa di questo evento ha indotto i media a trasmettere dibattiti e dare spazi a punti di vista in materia, a livello sia locale che globale. Sono le donne ad avere collocato l’empowerment e i diritti umani delle donne nell’agenda mondiale, utilizzando eventi quali le conferenze mondiali delle Nazioni Unite, così come molte altre strategie. E sono le donne che continueranno a portare aventi quest’agenda. Tenendo a mente questo, possiamo dire che il processo di Pechino + 5 ha fornito un altro momento pubblico in cui le donne hanno dimostrato determinazione e forza nel lavorare per realizzare la giustizia e tutti i diritti umani per le donne.
* Tratto da “Holding on to the Promise – Women’s Human Rights and the Beijing+5 Review”, a cura di Cynthia Meillon e Charlotte Bunch, Center for Women’s Global Leadership, Rutgers, the State University of New Jersey. Il libro è distribuito da: Women, Ink. 777 UN Plaza, New York, NY 10017. di Charlotte Bunch- fonte: www.womenink.org