1977 – Roma: Herbert Kappler, criminale di guerra nazista, fugge dall’ospedale militare del Celio, a Roma, dove si trova ricoverato


L’ex maggiore delle SS, Herbert Kappler, condannato all’ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine, a Roma, il 24 marzo 1944, fu fatto fuggire dall’ospedale militare del Celio a Roma, dove era ricoverato, la notte fra il 14 e il 15 agosto del 1977. Una “fuga di Stato”, propiziata dai servizi segreti deviati per conto del governo di Giulio Andreotti il quale aveva estremo bisogno di un prestito in marchi dalla Germania. Subordinato, fecero sapere i Tedeschi, alla liberazione dell’ex nazista Kappler. Non potendo risolvere la questione alla luce del sole, si scelse la via delle tenebre. Come torbida, del resto, era stata la strage di 335 innocenti. Fucilati dentro le gallerie di una cava dismessa, alla periferia di Roma. La rappresaglia per la morte, in un attentato dei partigiani in via Rasella, di 33 soldati del battaglione Bozen.

La vettura, una “Fiat 132” fuse il motore sulla A22, poco dopo aver superato Trento in direzione nord. Fu abbandonata nell’area di servizio Paganella Est da tre uomini i quali domandarono al benzinaio, di turno quella mattina di ferragosto del 1977, di dar loro una mano. Fu chiamato un carro-attrezzi che trasferì l’automobile nell’officina di Primo Bertoldi a San Michele all’Adige. I tre uomini, rammentò poi il benzinaio, erano ripartiti con un’altra automobile, un’Audi con targa della Germania, arrivata di lì a poco nell’area di servizio. Il giornalista dell’Ansa, Enrico Goio, che ne scrisse sull’Adige del 18 agosto 1977, documentò che sulla vettura erano stati trovati due cuscini e un materassino.

La cronaca di quel lunedì di Ferragosto del 1977 raccontava di città svuotate dal lungo ponte e dall’afa. Roma, in particolare. A Palazzo Chigi sedeva, per la terza volta, Giulio Andreotti. Il suo governo aveva prestato giuramento giusto un anno prima (il 30 luglio 1976) e sarebbe rimasto in carica fino al 16 gennaio dell’anno seguente. Ministro dell’Interno era Francesco Cossiga (che sarebbe diventato presidente della Repubblica nel 1985) il quale, quella mattina di ferragosto del 1977 l’aveva passata, come prassi, al Viminale.

Nel pomeriggio del 15 agosto 1977 Sergio Zavoli, direttore del Gr1 chiamò la sede di Trento della RAI dov’era di turno il giornalista Adriano Morelli. Domandò al collega di verificare il ritrovamento di una vettura col motore fuso, sull’autostrada del Brennero, poco a nord della città. Il GR1 della 19, la sera di ferragosto aprì con la notizia, clamorosa, della fuga di Herbert Kappler, dall’ospedale militare del Celio, a Roma, dove era ricoverato per un tumore. Calato da una finestra, si disse, chiuso dentro una valigia, dalla moglie Anneliese che gli aveva fatto visita. Secondo l’incredibile versione, sostenuta in una conferenza stampa dall’imbarazzato ministro della difesa, Vito Lattanzio, la moglie di Kappler aveva fatto tutto da sola. O quasi. Forzuta come Olivia di Braccio di Ferro, aveva preso il marito dal letto, lo aveva rinchiuso in una valigia, l’aveva ancorata a una robusta corda e, superato il davanzale di una finestra, l’aveva calata fino nel cortile interno dell’ospedale. Dove lei stessa aveva provveduto a parcheggiare l’automobile usata per la prima parte della fuga, fino a nord di Trento. Con l’aiuto di suo figlio, la donna era poi partita di gran fretta verso la Germania.

Mentre andava in onda il Gr1 della sera, dalla Germania era rimbalzata la notizia che l’ex colonnello dello SS, Herbert Kappler, aveva raggiunto Soltau, in Sassonia, dove abitava la moglie che aveva propiziato la fuga. Non era vero, poiché anni dopo si sarebbe accertato che, lasciato l’ospedale del Celio, con l’intervento dei servizi segreti, Kappler era stato ospitato per alcuni giorni in un istituto religioso vicino all’ospedale dell’isola Tiberina, sul Tevere, a Roma. Qui era stato visitato dal chirurgo Giovanni Maria Pedroni, un medico che faceva riferimento ad una struttura segreta chiamata “Anello”.

Si legga, in proposito, la ricostruzione di Stefania Limiti nel libro “L’Anello della Repubblica – La scoperta di un nuovo servizio segreto. Dal fascismo alle Brigate Rosse” (Chiarelettere, 2009, 2014)

La colpa principale di quella strana evasione fu addossata ai carabinieri in servizio, la notte del 14 agosto, all’ospedale militare del Celio: un capitano e due sottufficiali. Secondo una versione, fantasiosa anzichenò, la sera prima della fuga di Kappler i due malcapitati avevano festeggiato il ferragosto incipiente con pasticcini e vino della Renania, offerti loro dalla signora Anneliese. La quale, già che c’era, vi aveva aggiunto una buona dose di sonnifero.

I partiti di opposizione fecero il diavolo a quattro. D’accordo: c’era in ballo la richiesta di un prestito in marchi alla Germania, del quale l’Italia aveva urgente bisogno, ma lo scambio non poteva passare dalla restituzione al suo paese d’origine del criminale nazista, condannato all’ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine. Eppure…

L’ex voto con i nomi dei soldati del battaglione Bozen, morti nella strage di via Rasella a Roma, figura sulle pareti del santuario mariano di Pietralba (Bolzano): “Per ricordare i nostri camerati morti a Roma il 23 marzo 1944”

Ad ogni buon conto, per placare la richiesta di dimissioni del Governo, il 18 settembre 1977 Giulio Andreotti consigliò al ministro della difesa, Vito Lattanzio, di rassegnare le dimissioni. Ma, quasi una beffa, gli fu subito dato il contentino: passò a fare il ministro dei trasporti.

Vent’anni dopo, nell’agosto del 1997, il generale Ambrogio Viviani, responsabile in Baviera del SID, il servizio segreto italiano, raccontò al “Giornale” che quella di Herbert Kappler non era stata una fuga poiché i politici italiani avevano promesso alla Germania di liberarlo.

Herbert Kappler, che era nato a Stoccarda il 23 settembre 1907, morì a Soltau, in casa della moglie Anneliese, il 9 febbraio 1978.

In Italia, il governo Andreotti, che aveva ottenuto il prestito dalla Germania alla fine del 1977, era in carica per il disbrigo degli affari correnti. La crisi, aperta con le dimissioni del gabinetto il 16 gennaio 1978, sarebbe stata risolta con un nuovo incarico a Giulio Andreotti, il 13 marzo successivo, e l’appoggio esterno del PCI. Tre giorni dopo, il giorno del dibattito alla Camera per la fiducia al Governo, il rapimento dell’on. Aldo Moro e la strage della sua scorta. Un altro mistero italiano.

 

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