1968 – La magistratura romana sequestra il film di Pier Paolo Pasolini Teorema per oscenità: il film era stato premiato dall’OCIC (Office catholique international cinématographique).


Il sequestro del film “Teorema”e il delitto ancora irrisolto dello scrittore friulano segnano insieme una svolta negli anni a cavallo fra la fine degli anni 60 e la metà dei ’70

Se c’è una celebrazione discussa che in Italia fa il paio con un’altra altrettanto discussa, ma approfondita soltanto in alcuni aspetti, quella celebrazione è quella sul 1968, che come l’altro anno cruciale, il 1978, segna un passaggio emblematico nella società, nella cultura e nella politica italiane. Da un lato la contestazione dei movimenti giovanili che porteranno all’Autunno caldo (ondata di proteste e lotte sindacali operaie che culmineranno nelle agitazioni e nelle bombe del 1969, anno in cui ha inizio la strategia della tensione); dall’altra, l’anno di svolta dell’organizzazione Brigate Rosse, l’altra pelle della lotta armata di estrema sinistra, con il rapimento Moro, che marcherà la loro graduale distruzione. Un 1978, preceduto da un anno di forti agitazioni e tensioni nel mondo sindacale e operaio, ma anche ricco di fermenti culturali.

Se c’è invece un uomo, un intellettuale, uno scrittore e un regista che a quel decennio non è sopravvissuto, ma che fino a che ha potuto lo ha cavalcato da protagonista, “gettando il proprio corpo nella lotta”, quell’uomo è Pier Paolo Pasolini, di cui qui abbiamo riferito in merito a due attuali iniziative tutte europee – in Italia nel Friuli e ad Atene in Grecia – che lo riguardano.

Nuovo linguaggio cinematografico. Fu proprio quel 1968 a determinare una svolta nella produzione di Pasolini che gli servirà per elaborare una nuova teoria del linguaggio cinematografico, teoria che stenderà all’interno di una raccolta di saggi pubblicata nel 1972 dal titolo tutto pasoliniano “Empirismo eretico” (Garzanti). Il film e il romanzo “Teorema” escono in contemporanea proprio quest’anno (2018), in cui Pasolini mette in scena la presenza stessa della macchina da presa (e del regista) ripresi e visibili durante il film.

Il sequestro e la censura del film “Teorema”. Come molte delle opere letterarie e cinematografiche di Pasolini, anche “Teorema” finisce in un’aula di tribunale ed esattamente il 13 settembre 1968, la Procura della Repubblica di Roma sequestra il film “per oscenità e per le diverse scene di amplessi […] e per i rapporti omosessuali tra un ospite e un membro della famiglia che lo ospitava“. A seguire la procura capitolina, sarà anche quella di Genova, per poi arrivare a Venezia dove il processo tutto sarà trasferito per competenza,. Un processo che nelle sue varie fasi durerà fino al 24 novembre del 1969, quando, dopo la sentenza di assoluzione, la procura generale rinuncerà al ricorso. Ma ben prima dell’azione giudiziaria sono stati l’opinione pubblica e il mondo del cinema stesso a mettersi di traverso quando per “Teorema”, presentato alla Mostra di Venezia insieme a “Appunti per un film sull’India”, girato nel dicembre 1967, piovvero su Pasolini critiche feroci sia da parte della sinistra, che sostenne che si trattava di un film reazionario, sia dalla destra, disgustata dal modo in cui nel film si affrontava il tema della sessualità. Questi attacchi trasversali si ritroveranno quasi sempre nel filo corsaro della sua esistenza (già a partire dalla sua fuga dal Friuli verso la Capitale per accuse di oscenità, allontanato sia dalla DC – che gli aveva teso una trappola come racconta il poeta Nico Naldini in una sua cura autobiografica – sia dal PCI che aveva accettato quella messa al bando) per sopravvivere anche alla morte barbara e tribale che lo travolse. Il film-scandalo, infatti, “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, (1975) fu censurato anche dopo la sua morte.

Di cosa tratta l’opera. In una famiglia milanese della ricca borghesia industriale, un giovane ospite, borghese anche lui, porta scompiglio e turbamenti. La sua sola presenza mette in crisi tutti i componenti della famiglia, che indistintamente dal loro sesso, bramano di avere rapporti fisici con lui. Anche la cameriera, Emilia, che appartiene alla classe contadina, è sconvolta da quella presenza, al punto da tentare il suicidio da cui lui la salva per poi giacere con lei. Un borghese atipico che sfugge a qualsiasi etichetta sociale.
 Quando l’ospite, d’improvviso, deve lasciare la villa, la sua partenza provoca in tutti i protagonisti del nucleo familiare, e in Emilia, una svolta esistenziale che mette fine alla loro ostentata “normalità”. Nato come tragedia in versi, Teorema, si trasformerà poi in un libro molto frammentario con alcuni capitoli formati appunto da “frammenti” in versi, fino a prendere la forma della sceneggiatura cinematografica nella quale Pasolini riduce al minimo i dialoghi, riservando principalmente alle immagini, e poi alla musica –Requiem di Mozart – la narrazione delle scene che portano allo sviluppo dei personaggi. Una ricerca soprattutto per una nuova forma, o di miscela tra più forme e generi, quella intrapresa da quest’anno, dunque, dal poeta che sarà poi ricordato come Poeta corsaro. Il giovane affascinante uomo (interpretato dall’attore Terence Stamp) funge da elemento che sovverte l’ordine – e quindi, secondo il contesto del tempo – l’ideologia. Per Pasolini il “sovvertimento” culturale e ideologico è sinonimo di rivoluzione che filtra attraverso il parametro del sesso. Più avanti userà la perversione sessuale come rappresentazione della perversione stessa del potere in Salò.

L’omicidio dello scrittore e le inchieste. Quando viene ammazzato Pier Paolo Pasolini, in un contesto volutamente segnato dal pubblico ludibrio perché condotto appositamente in un luogo buio e lontano dalla città, all’Idroscalo di Ostia alle porte di Roma, il suo corpo viene rinvenuto alle prime ore del mattino trasformato in una poltiglia di sangue e stracci. Sono le ore a cavallo fra la notte dei santi e quella dei morti, giorni solitamente vestiti a festa e in cui le baracche che affollano l’Idroscalo (oggi trasformate in case vere e proprie con problematiche abitative tuttora in corso) sono piene di romani che le utilizzano in molti casi come seconda casa, soprattutto nelle festività. Eppure nessuno per molti anni (fino al 2011 quando le ultime indagini preliminari sul caso, sono in pieno svolgimento e alcuni testimoni di quelle baracche cohe cominceranno a parlare) avrà visto nulla quella sera. Poi proprio durante le ultimi indagini, nel 2011, alcuni testimoni di quegli anni riveleranno tracce importanti di verità relativi a quella notte, come rivelano le carte dell’inchiesta. L’unico a essere riconosciuto colpevole della sua morte è Pino Pelosi, l’ex ragazzo di vita imbarcatosi in una vita a sua volta senza sconti fra carcere e sregolatezze, sin da quella notte del 2 novembre 1975. Tutte le indagini preliminari aperte e chiuse in fretta dalla Procura di Roma, via via negli anni, (1985-1995-2005 e 2010), inclusa l’ultima che durerà pero’ ben 5 anni, sono state caratterizzate da depistaggi e carenze investigative. L’ultima indagine, aperta su segnalazione di nuovi elementi investigativi da un avvocato penalista Stefano Maccioni su supporto di un familiare però esterno al cerchio stretto dell’erede dello scrittore, Guido Mazzon, vedrà di nuovo l’archiviazione nel maggio del 2015, dopo che il GIP accetta la richiesta della procura che aveva individuato ben 5 profili di ignoti altri rispetto al Pelosi, ma che non era riuscita a identificarli e a collegarli con gli oltre 120 indagati. Anche quest’ultima inchiesta però, sebbene segnata in parte da un approfondito lavoro investigativo, trascina con sé punti oscuri tuttora irrisolti a livello giudiziario.

Le ultime novità sulla morte (in breve)

Tra le novità fatte emergere di recente da inchieste giornalistiche o saggi critici, uno scambio epistolare inedito fra l’ex ordinovista Giovanni Ventura e lo scrittore con lettere datate a poche settimane dalla morte. Oltre alla immagine della seconda macchina, du cui si è parlato per molti anni ma che un libro (chi scrive ne è l’autrice) ha mostrato. E alcuni documenti che lo riguardavano riferiti all’attività dei servizi di sicurezza nostrani fatti emergere da un altro libro (“Pasolini, un omicidio politico, Castelvecchi 2017). Resta in sospeso la tesi da più parti accreditata sul movente che avrebbe portato all’omicidio del poeta per molti legato alla scomparsa di un capitolo dell’incompiuto “Petrolio” e alle accuse che Pasolini aveva rivolto all’industriale Eugenio Cefis sulla morte dell’ex Presidente dell’Eni, Enrico Mattei. Accuse che però al tempo non erano state lanciate dal solo Pasolini (sulla morte di Mattei un recente libro scritto a quattro mani da Sabrina Pisu e l’ex magistrato Vincenzo Calia – Il Caso Mattei, Chiarelettere 2017 – ne ricostruisce tutti i retroscena mostrando le prove dell’attentato subito dall’ex Presidente dell’ENI). E’ indubbio, certo, che il contesto del petrolio in sé, e gli scandali che lo hanno segnato a metà degli anni ’70, restino il grande background dal quale Pasolini volle partire per lasciare la sua ultima testimonianza in una summa letterario-giornalistica rimasta incompiuta a causa dell’omicidio, “Petrolio”, o come aveva pensato prima di titolare lo scrittore: “Vas”. Intanto il suo corpo resta ancora impigliato lì fra la rete del campetto da calcio dell’Idroscalo e gli occhi chiusi di chi ha visto tutto quella notte e non parla da oltre 40 anni.

 

Di Simona Zecchi – fonte: https://it.euronews.com/