1862 – 1974 Imposta sul consumo del sale


 

L’imposta sul sale è forse uno dei tributi più antichi. Sin dall’antichità si svilupparono monopoli allo scopo di calmierare i prezzi, di regolare l’introito dei mediatori ed assoggettarlo all’imposta. Nell’antica Roma il sale era un bene così prezioso che i soldati erano pagati con questa sostanza, da qui il termine “salario”, usato ancora oggi.

La divisione dell’Italia in piccoli Stati aveva determinato, fino a quel momento, una diversità nelle forme di imposizione del tributo. Fu pertanto necessario, a seguito dell’unificazione, uniformare tutte le tariffe vigenti.

La legge fondamentale sulla privativa dei Sali e tabacchi è la legge n. 710 del 13 luglio 1862, ma nello stesso anno ci fu la legge n.710 del 21 aprile 1862, modificata in seguito dalla legge n. 1356 del 7 luglio 1863, che stabilì una nuova tariffa del prezzo dei Sali e tabacchi come tassa indiretta sul consumo, la cui riscossione era ottenuta tramite la privativa fiscale.

La privativa fiscale prevedeva che, anziché stabilire un’obbligazione pecuniaria a carico dei consumatori, o, in luogo di essi, del fabbricante o del venditore, si istituiva, per la fabbricazione e la vendita, o per la vendita soltanto di quei generi, un monopolio a favore dello Stato, vietandone ai privati la fabbricazione e la vendita, oppure la vendita soltanto. In quest’ultimo caso, però, fu imposto ai fabbricanti di cedere il prodotto esclusivamente allo Stato, il quale diventava così libero nella fissazione del prezzo, che poteva elevare fino al punto da comprendere in esso, oltre al costo del prodotto, la quota di imposta prestabilita.

Con legge n. 2396 del 5 giugno 1865 (Legge sulle privative) fu dettata una precisa normativa per combattere il fenomeno del contrabbando. La nuova legge dispose, infatti, di estendere la privativa dei sali e tabacchi all’isola di Capraia, che i contrabbandieri avevano scelto come deposito per il facile trasporto verso la Toscana. Fu istituita, inoltre, intorno alle saline, una zona di vigilanza di dieci chilometri, a partire dalle loro cinte, con l’obbligo di vincolare a bolletta di circolazione l’ammontare di sale eccedente i 5 chilogrammi nella zona di vigilanza del confine di terra ed in quella delle saline ed in quantità superiore ai 50 chilogrammi fuori zona. Con questa legge si incominciò a delineare, nel diritto tributario, il reato di associazione di contrabbando, meglio rappresentato con il successivo decreto luogotenenziale n. 3020 del 28 giugno 1866, in cui si stabilì espressamente che “l’associazione di tre o più presone che abbiano lo scopo di commettere il contrabbando costituisce un reato. Questo reato esiste anche per il solo fatto dell’organizzazione dei contrabbandieri”.

La legge n. 1445 del 6 luglio 1883 dispose che “si considerava per sale agli effetti della privativa ogni miscela di sali solubili nella quale il cloro fosse in proporzione maggiore di 15,2 ed il sodio di 9,8 per cento”. Questa disposizione voleva evitare la massiccia importazione di sali di stanfurt che scontavano una tassa bassissima ed erano utilizzati come sali refrigeranti dai sorbettieri, i quali evitavano così di servirsi del sale a prezzo di monopolio.

Per la gestione dei Monopoli di Stato si ritenne opportuno costituire un’Amministrazione autonoma, con un proprio bilancio (R.D.L. 8 dicembre 1927, n. 2258, convertito dalla legge n. 3474 del 6 dicembre 1928; regolamento 29 dicembre 1927, n. 2452).

Il monopolio del sale e del tabacco fu regolato successivamente dalla legge 17 luglio 1942, n. 907, e dalla legge 11 luglio 1952, n. 1641.

Dal 1974 il monopolio di vendita del sale è stato abolito.

 

Fonte: finanze.gov.it/