17 febbraio 1992. Tangentopoli trentanove anni dopo


di Ettore Minniti

Il 17 febbraio 1992 venne arrestato Mario Chiesa, amministratore socialista del Pio albergo Trivulzio, casa di riposo per anziani. Inizia così quel fenomeno conosciuto come Tangentopoli, un termine usato in Italia per definire un sistema diffuso di corruzione politica.

In tale senso, il termine divenne sinonimo di corruzione come scambio di denaro privato per accesso privilegiato alle decisioni della pubblica amministrazione.

Esso venne riferito a sistemi di corruzione allargata, con scambi molteplici, complessi e sistematici, tra cartelli di imprese private, clan di uomini politici e amministratori pubblici, intermediari e, talvolta, boss mafiosi. Le indagini vennero indicate con il termine giornalistico ‘mani pulite’.

Il fenomeno corruttivo ha radici profonde nel Paese, molto più diffuso di quello che ci dicono le cronache giudiziarie.

L’Istat ha stimato che il 7,9% delle famiglie italiane, cioè circa 1 milione e 742 mila nuclei familiari, sia stato diretto protagonista di fenomeni corruttivi. Il settore più coinvolto è quello lavorativo, dove è stata richiesta un’indebita prestazione al 3,2% delle famiglie; seguono il settore della giustizia, dove il 2,9% sostiene di essere stato destinatario di richieste di denaro o altre utilità, e quello dei benefici assistenziali, con un coinvolgimento del 2,4% delle famiglie. Nel 60% dei casi la controprestazione corrisponde a denaro. Tra le famiglie che hanno accettato di rispondere alla domanda specifica, il 35,2% dichiara di aver accettato di versare il pagamento indebito e, nell’85,2% dei casi, di essere soddisfatta di quanto ottenuto. Infine, circa la metà delle famiglie (51,4%, che diventa 73,8% nel caso di una prestazione sanitaria) sostiene che ricorrerebbe di nuovo all’uso del denaro, dei favori o dei regali, mentre solo il 30,9% afferma con certezza che non lo rifarebbe.

L’Italia si trova al sessantesimo posto al mondo in tema di corruzione.

La legge anticorruzione del 2012 ha avuto un effetto positivo, tant’è che il nostro Paese ha riconquistato ben 12 posizioni nel ranking mondiale, portandosi dal 72º al 60º posto. Ma tutto questo non basta.

Ritornando a Tangentopoli, che segnò lo spartiacque tra connivenza, silenzio e presa di coscienza, nel dicembre 1992 il segretario del Partito socialista italiano (PSI), Bettino Craxi ricevette la prima di una lunga serie di informazioni di garanzia, alla quale fece seguito una richiesta di autorizzazione a procedere al Parlamento che lo portò a dimettersi. Sette ministri del governo presieduto allora da Giuliano Amato si dimisero a seguito del coinvolgimento nello scandalo. Un terremoto giudiziario che fece scalpore. L’impatto mediatico e il clima di sdegno dell’opinione pubblica che ne seguirono furono tali da decretare la fine della cosiddetta “prima Repubblica”. 

Man mano che le indagini procedevano, un utilizzo sistematico di tangenti venne scoperto nella aggiudicazione e gestione degli appalti relativi a strade e autostrade, aeroporti e metropolitane, istituti penitenziari ed enti pubblici di varia natura. Mentre le principali imprese pubbliche, dalle Ferrovie alle Poste, dall’Enel all’Eni, conobbero anche le loro tangentopoli. Le inchieste coinvolsero anche le maggiori imprese del Paese, dalla Fiat all’Olivetti.

Quattro ex presidenti del Consiglio e circa 200 parlamentari furono indagati. Indagini che rivelarono la corruzione nelle stesse istituzioni addette al controllo e alla repressione dei reati, vi fu l’incriminazione di giudici e avvocati, accusati di corruzione in atti giudiziari.

La corruzione era talmente radicata nel sistema Italia che da più parti si vide nella figura di Craxi il grande capro espiatorio di Tangentopoli.