Alle 9.02 del mattino, in via Fani all’incrocio con Via Stresa, nel quartiere Trionfale a Roma, un commando delle Brigate Rosse, composto da 19 elementi, rapisce il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, e uccide i cinque componenti della scorta. Moro si stava recando in parlamento per votare la fiducia al nuovo Governo, presieduto da Andreotti, e appoggiato anche dai comunisti. Iniziano così 55 giorni di prigionia per Aldo Moro e di angoscia per l’Italia intera. La maggioranza dei partiti italiani si schiera per la “fermezza” contro i brigatisti: nessuna trattativa, nessuna concessione alle BR. Il sequestro si concluderà tragicamente il 9 maggio: una telefonata del brigatista Morucci avverte che il cadavere di Moro si trova nel bagagliaio di una Renault 4 parcheggiata in Via Caetani. Durante il sequestro dell’Onorevole Aldo Moro perdono la vita tutti e cinque gli agenti della sua scorta: il maresciallo dei Carabinieri Oreste Leonardi, l’appuntato Domenico Ricci, il brigadiere Francesco Zizzi, l’agente Raffaele Jozzino e l’agente Giuliano Rivera. I loro nomi saranno presto messi in secondo piano rispetto al dramma collettivo che l’Italia sta per affrontare nei 55 giorni di prigionia di Moro, ma il loro sacrificio, al servizio dello Stato, non può essere dimenticato.