16 LUGLIO – 1990 – Nelle Filippine, un terremoto del grado 7,7 della scala Richter uccide più di 1.600 persone.


 

Alle 16.30, 9.30 italiane, il 16 luglio del 1990 le Filippine tremano. Un terremoto di 7.7 gradi della scala Richter fa tremare tutto. Improvvisamente il buio e la disperazione. Di lì a poche ore si conteranno 1600 morti.

Decine di bambini uccisi a scuola dal crollo di muri e soffitti, centinaia di persone sepolte dalle macerie di edifici, alberghi, ospedali, la presidente del paese Cory Aquino che ha trovato rifugio sotto il tavolo dal quale stava dirigendo una riunione di governo. Scene raccapriccianti in ospedale dove l’ufficio della protezione civile riportò che sette pazienti del reparto terapia intensiva persero la vita nel momento in cui venne a mancare l’ ossigeno per un black out.

Ma il maggior numero di morti e feriti si registra nella città distante pochi chilometri dall’ epicentro: si tratta di Cabanatuan City, capitale della regione di Nueva Ecija, una città a 90 chilometri dalla capitale. Nella zona dell’ epicentro, il terremoto ha raggiunto i 7,7 gradi della scala Richter.