di Lorenzo Lavacca
Negli anni cinquanta, appurato lo spirito di collaborazione tra i popoli europei, ormai filo-americani, e il desiderio di rialzarsi dopo i drammatici eventi della seconda guerra mondiale, lo sport era rimasto l’unico collante sociale in grado di riunire i cuori di tutti sotto lo stesso firmamento a prescindere dai vestiti che indossavi o dallo stile di vita che conducevi. E come l’ammiraglio che, navigando saldamente al comando della sua nave, comanda l’intera flotta che deve attraversare mari in burrasca, così il calcio si ergeva sugli altri sport e rappresentava l’unica speranza di pace e divertimento in un mondo ancora sotto shock. Pertanto, alla ennesima diatriba giornalistica che vide discutere il quotidiano francese Le Figarò e la stampa inglese, che autoproclamava i propri giocatori come i migliori del continente, la fondazione della UEFA diede l’occasione ai transalpini di risolvere sul campo la questione mediante la disputa di una nuova manifestazione che fosse la generalizzazione all’antica Coppa dell’Europa Centrale: la Coppa Europa.
Inizialmente l’idea non fu vista di buon occhio, tuttavia qualcosa cominciò a muoversi e il 3 aprile del 1955 l’allora editore del quotidiano di Le Figaro convocò i delegati di 16 tra le migliori squadre dell’Europa del tempo con uno scopo: creare una competizione tutta loro che vedesse la partecipazione di alcuni club elitari che si sarebbero scontrati come in un vero e proprio campionato (una SuperLeague ante litteram, ndr.). Ma la FIFA fiutò l’inganno e allora impose alla UEFA di farsi carico della nuova coppa, il cui nome fu cambiato in Coppa dei Campioni. I partecipanti a questo torneo furono scelti su invito, mentre la regola dei campioni nazionali che accedono automaticamente partì l’anno successivo, e furono abbinati dagli stessi organizzatori senza alcun sorteggio, come invece sarebbe avvenuto per tutte le altre edizioni.
Le squadre partecipanti furono dunque 16, divise in due blocchi: Servette (CHE), Real Madrid (ESP), Sporting Lisbona (POR), Partizan (YUG), Rapid Vienna (AUT), PSV (NED), Milan (ITA), Saarbrücken (DEU) nel primo blocco; Aarhus (DEN), Stade de Reims (FRA), Voros Lobogo (HUN), Anderlecht (BEL), Djurgården (SWE), Gwardia Varsavia(POL), Rot-Weiss Essen (DEU), Hibernian (SCO) nel secondo blocco. In finale arrivarono Real Madrid e Stade Reims e la partita, giocatasi il 13 giugno 1956 al Parc des Princes di Parigi, vide imporsi il Real Madrid per 4 a 3 davanti a quasi 40mila spettatori. Ad oggi, è proprio la squadra madrilena a detenere il primato di Champions League conquistate (13) nonché di anni in cui l’ha vinta consecutivamente (5, proprio dal 1955 al 1960). Quello del 1956 solo il primo atto di uno spettacolo europeo che avrebbe contraddistinto, assieme agli Europei e ai Mondiali, il bello del calcio: alzare al cielo la “Coppa dalle grandi orecchie”, ridefinita così in seguito al cambio di look che avvenne nel 1966, è il sogno di chi ama questo sport e giocarne una finale il coronamento di un’intera carriera. A tale proposito, Vujadin Boskob, grande allenatore di calcio, diceva: “Se uomo ama donna più di birra gelata davanti a tv con finale di Champions forse vero amore, ma non vero uomo.”