13 agosto 1935, il disastro di Molare


Molare è un paese in provincia di Alessandria che il 13 agosto del 1935 fu coinvolto dall’esondazione del lago di Ortiglieto e dal crollo della sua diga.

Gli studi per creare la diga erano iniziati nel XIX secolo dal Politecnico di Milano, ma i lavori iniziarono ufficialmente soltanto nel 1917 e, visti alcuni intoppi più o meno gravi, ripresero nel 1923 per terminare nel 1925.

Con degli sbarramenti era stato creato un lago artificiale a forma di “C” quale appunto quello di Ortiglieto, lungo 5 chilometri e largo 400 metri tra i comuni di Molare e di Rossiglione (Genova). Furono costruite alcune centrali elettriche, la più importante delle quali era proprio quella di Molare, nella frazione di Madonna delle Rocche.

Il racconto di quanto avvenne quel giorno sta nelle ore 13.15 del 13 agosto 1935, quando a seguito di un violento nubifragio, una delle due dighe che formava il grande invaso idroelettrico di Molare in Valle Orba (provincia di Alessandria) collassò insieme a una porzione di terreno sul quale era fondata.

L’ondata che si riversò violentemente verso valle determinò numerose vittime, calcolate tra 110 e 115 persone e causò gravissimi danni ai sottostanti centri abitati di Molare, Ovada, Silvano d’Orba, Capriata d’Orba, Predosa e Castellazzo d’Orba.

La struttura idraulica cedette sotto la spinta di una massa d’acqua e fango stimata tra i 20 e 25 milioni di metri cubi.

L’ondata che si generò percorse tutta la vallata travolgendo ogni cosa che trovava sul suo percorso: un vicino ostello, la centrale elettrica (evacuata in tempo), numerosi ponti stradali e ferroviari e intere borgate poste nelle vicinanze dell’asta fluviale. L’ondata raggiunse la cittadina di Ovada in circa 20 minuti.

La prima diga venne ultimata nel 1926 e denominata Diga Principale. Si decise in seguito di innalzare il paramento della diga di altri 13 m per aumentare la capienza dell’invaso ma questa decisione generò un grande problema: in un punto del perimetro del futuro lago, ad alcune centinaia di metri ad ovest della Diga Principale, l’avvallamento di due crinali formava una sella (Sella Zerbino) che si sarebbe trovata ad una quota inferiore rispetto alla quota di massimo invaso. L’acqua quindi avrebbe potuto tracimare riversandosi nel sottostante Torrente Orba.

Si provvide pertanto alla costruzione di uno sbarramento secondario costituito da un muro di lunghezza sommitale di 110 metri e altezza di 14 metri. Tale sbarramento fu progettato e costruito in modo sbrigativo senza il supporto di adeguate indagini geologiche poiché, secondo l’opinione dei progettisti, Sella Zerbino sarebbe dovuta essere “costituita da solida roccia”.

Il crollo della Diga Secondaria di Molare è un chiaro esempio delle gravi conseguenze che comporta il trascurare in fase progettuale i fattori geologici e, più in generale, ambientali di un determinato sito.

La Diga Secondaria era stata costruita infatti su rocce poco compatte e intensamente fratturate che non offrivano sufficiente sostegno all’opera idraulica.

Nel processo che seguì il disastro i responsabili della progettazione e costruzione della diga secondaria furono scagionati da qualsiasi colpa.

La diga maggiore, di proprietà dell’ENEL è rimasta abbandonata da allora, come l’area circostante; più volte, negli anni, è stato proposto di riattivarla, ma ciò non è mai avvenuto.

 

Fonte; https://storiediterritori.com/