di Gianni De Iuliis
Con svolta della Bolognina si indica quel processo politico che dal 12 novembre 1989, giorno dell’annuncio della svolta, a Bologna, al rione Bolognina del quartiere Navile, porterà il 3 febbraio 1991 allo scioglimento del Partito Comunista Italiano e alla sua confluenza nel Partito Democratico della Sinistra.
L’ultimo congresso del PCI si aprì il 31 gennaio 1991 a Rimini. La mozione di Achille Occhetto, appoggiata, tra gli altri, da Massimo D’Alema, Walter Veltroni e Piero Fassino, risulta vincente, ed il 3 febbraio nasce il Partito Democratico della Sinistra, avente come simbolo una quercia e, notevolmente ridotto, il vecchio simbolo del PCI della falce e martello posto simbolicamente alla base del tronco dell’albero, vicino alle radici. L’8 febbraio venne eletto lo stesso Occhetto come primo segretario del PDS, con 376 voti di preferenza contro i 127 voti contrari, sebbene quattro giorni prima, a causa dell’assenza di 132 consiglieri, a sorpresa, l’artefice della svolta non fosse riuscito a raggiungere il quorum necessario per l’elezione. Primo presidente viene eletto Stefano Rodotà.
Alla mozione del segretario si oppose il cosiddetto “Fronte del No”, capeggiato dal filo-sovietico Armando Cossutta e sostenuto da Alessandro Natta, Pietro Ingrao, Sergio Garavini e Fausto Bertinotti. Un gruppo di delegati di quest’ultimo fronte, tra cui Cossutta e Garavini (ma, almeno inizialmente, non Ingrao e Bertinotti) decise di non aderire al nuovo partito, e di dare vita ad una formazione politica nuova, che mantenesse il nome ed il simbolo del vecchio Partito Comunista Italiano: il 15 dicembre 1991 nacque così il partito della Rifondazione Comunista.