10 NOVEMBRE – 1975 – Italia e Jugoslavia firmano il Trattato di Osimo.


Il trattato di Osimo, firmato il 10 novembre 1975, sancì lo stato di fatto di separazione territoriale venutosi a creare nel Territorio Libero di Trieste (TLT) a seguito del Memorandum di Londra (1954), rendendo definitive le frontiere fra l’Italia e l’allora Jugoslavia.
Esso concluse la fase storica iniziata nel 1947 con il trattato di pace, allorquando si decise la cessione alla Jugoslavia di gran parte della Venezia Giulia (Fiume e le isole del Quarnaro, la quasi totalità dell’Istria e gli altopiani carsici a est e nord-est di Gorizia) e la creazione del Territorio Libero di Trieste comprendente l’attuale provincia di Trieste e i territori costieri istriani da Ancarano a Cittanova (oggi rispettivamente in Slovenia e Croazia). La mancata attivazione delle procedure per la costituzione degli organi costituzionali del TLT impedì di fatto a quest’ultimo di nascere. La successiva cessione del potere di amministrazione civile del TLT rispettivamente all’Italia (zona A) e Jugoslavia (zona B) creò le condizioni per gli sviluppi successivi che portarono al trattato di Osimo.
Per il suo contenuto questo trattato venne avversato da parte delle popolazioni coinvolte, soprattutto dagli esuli italiani che hanno sempre sostenuto di essere stati abbandonati dall’Italia.
Dopo il distacco dalla federazione jugoslava di Slovenia e Croazia, nei cui confini sono compresi i territori inerenti al trattato di Osimo, alcuni esuli e qualche politico italiano misero in discussione la validità del trattato stesso, ma l’Italia rapidamente riconobbe Slovenia e Croazia come legittimi successori degli impegni internazionali della Jugoslavia, comprendendo pure il trattato di Osimo per le rispettive parti di competenza.
Fu il primo trattato internazionale i cui negoziati per l’Italia non vennero curati dal Ministero degli affari esteri. Le trattative furono condotte deliberatamente in maniera riservata[1]. L’incarico venne infatti affidato dal governo ad un dirigente del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, Eugenio Carbone.