10 maggio 2006. Giorgio Napolitano eletto Presidente della Repubblica


di redazione

Il 10 maggio del 2006, Giorgio Napolitano prestò giuramento come nuovo Presidente della Repubblica Italiana. Quel giorno stesso l’esponente dell’ex PCI, primo comunista a ricoprire la massima carica dello Stato, era stato eletto dalle camere riunite, con 543 voti.
Come sempre accade quando si profila l’elezione di un nuovo Presidente, già da alcuni mesi le forze politiche avevano messo in campo le grandi manovre per scegliere l’inquilino del Quirinale. Alcuni proponevano la rielezione dell’86enne Carlo Alberto Ciampi, che respinse nettamente l’ipotesi, altri puntavano su Giuliano Amato, altri ancora sul Presidente del Senato, Franco Marini. Il leader del centrodestra, Berlusconi, a sorpresa aveva adombrato la possibilità di un’intesa sul nome di Massimo D’Alema.
Né era mancata l’idea di puntare su una donna, facendo circolare diversi nomi, da Tina Anselmi a Emma Bonino.
Alla fine è il centrosinistra a trovare un’intesa su Giorgio Napolitano sul quale si riesce a formare un ampio consenso.
Napolitano sarà poi l’unico Presidente della Repubblica nella storia ad essere rieletto per un secondo mandato.
Nato a Napoli il 29 giugno del 1925, è stato tra i dirigenti più autorevoli del Partito comunista italiano. Ha ricoperto molti incarichi istituzionali, tra i quali quelli di ministro dell’Interno, di presidente della Camera dei Deputati e e di europarlamentare.

Allievo di Giorgio Amendola, Napolitano aderisce dapprima alla corrente riformista del Pci, che propugna una “via italiana al socialismo”, con un processo graduale di riforme e recuperando rapporti di alleanza con socialisti e socialdemocratici europei.
Tuttavia nel 1956, anno dell’intervento sovietico in Ungheria, Napolitano rimase ligio rispetto alla linea ufficiale del partito, fedele all’Urss, elogiando la repressione a Budapest.
Per tutti gli anni ’70 Napolitano insiste nella ricerca del dialogo con le socialdemocrazie europee, soprattutto con la SPD di Willy Brandt, che avanti il processo dellala sua Ostpolitik.
Negli anni ’80, morto Giorgio Amendola, Napolitano assume la guida della corrente che fu deinita dei “miglioristi”, convinti della possibilità di migliorare gradualmente il sistema capitalista attraverso un processo riformatore. Non manca in quegli anni un confronto interno, anche con Enrico Berlinguer, egli veniva infatti considerato troppo vicino al Psi di Bettino Craxi.
Quindi Napolitano fu protagonista della difficile e travagliata fase, tra il 1989 e il 1991, che portò allo scioglimento del Pci e alla nascita del Partito democratico della sinistra. Nel 1992 viene eletto presidente della Camera, assumendo un profilo più istituzionale. Nel primo governo Prodi (1996-1998) diventa ministro degli Interni, il primo proveniente dal Pci. Dal 1999 al 2004 invece è europarlamentare tra le fila dei Ds e ricopre la carica di presidente della Commissione Affari costituzionali. Nel 2004 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi lo nomina senatore a vita.
È il trampolino di lancio per il Quirinale. Durante il suo mandato, nel 2012, nell’ambito del processo sulla “trattativa Stato-mafia” dovette affrontare la questione nata da alcune intercettazioni all’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino che riguardavo anche telefonate fra l’ex ministro e il Presidente. Napolitano sollevò conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, chiedendo che le intercettazioni venissero distrutte. Ricorso accolto, nel gennaio 2013, dalla Consulta che obbligò la procura di Palermo a distruggere le intercettazioni.
Dopo le elezioni politiche del 2013 si determinò una grave situazione di stallo politico, per uscire dal quale un ampio schieramento parlamentare chiese a Napolitano la disponibilità a essere rieletto.
Il 20 aprile 2013, a larghissima, 738 voti su 997 votanti dei 1007 aventi diritto, al sesto scrutinio, giorgio Napolitano diventa il primo presidente della Repubblica ad essere rieletto.