di redazione
Il 10 aprile del 1991, alle ore 22.25, il traghetto Moby Prince, salpato poco prima dal porto di Livorno e diretto ad Olbia, entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, ancorata in un punto della rada di Livorno, a 2,7 miglia dalla costa, dove non avrebbe dovuto trovarsi. Tra passeggeri e membri dell’equipaggio persero la vita 140 persone.
Al tremendo impatto sopravvisse un unico componente dell’equipaggio del traghetto, il mozzo Alessio Bertrand,
mentre non vi furono vittime sulla petroliera.
Impressionante la dinamica dell’incidente, il più grave della marineria italiana: il Moby Prince andò a speronare con la prua la cisterna numero 7 della Agip Abruzzo, il cui contenuto di petrolio greggio si riversò sul traghetto. Le scintille provocate, probabilmente, dall’attrito delle lamiere, trasformarono in breve la Moby Prince in un’enorme rogo. Si è ritenuto che ad impedire al traghetto la vista della petroliera e provocare così l’incidente sia stata la nebbia. Tuttavia quella sera, come risulta dai rilevamenti meteorologici, il mare era calmo ed il cielo sereno, per cui le condizioni di visibilità non potevano essere tali da ostruire la vista di una grande petroliera.
Altre ipotesi sono state avanzate, da un eccesso di velocità ad un’improvvisa esplosione a bordo, da un guasto alle macchine all’errore umano. In quel momento veniva trasmessa in televisione la partita di calcio Juventus – Barcellona ed è presumibile che il personale di bordo fosse stato distratto dalla TV., anche se l’unico sopravvissuto, Bertrand, ha sempre escluso una circostanza del genere.
Altro punto da chiarire è il motivo del ritardo nell’arrivo dei soccorsi, che in un primo momento si diressero verso la petroliera, da cui era partito l’allarme. Soltanto alle 23,35, un’ora, 19 minuti e 59 secondi dal primo “Mayday”, i soccorritori localizzarono la Moby Prince.
Inchieste, processi e sentenze che si sono susseguiti non hanno risolto le incertezze. I familiari delle vittime parlano di “Ustica del mare”, paragonando il disastro della Moby Prince all’inabissamento dell’aereo dell’Itavia nel mare antistante l’isola siciliana.
Su quella tragedia, dopo trent’anni, non è stata fatta piena chiarezza, infatti rimangono ancora diversi punti oscuri.
Una prima commissione parlamentare ha concluso i suoi lavori nel 2018, con una relazione finale che ha provocato la riapertura delle indagini da parte della procura di Livorno. Adesso, proprio alla vigilia del trentesimo anniversario della sciagura, la commissione Trasporti della Camera dei deputati ha approvato il testo base per l’istituzione di una nuova commissione d’inchiesta monocamerale. E certamente questo via libera si deve alle pressioni dei familiari delle vittime, riuniti in associazione.
Le conclusioni cui è pervenuta la prima commissione parlamentare d’inchiesta hanno escluso che la collisione possa essere ricondotta “alla presenza della nebbia e alla condotta colposa avuta dal comando del traghetto” ed ha rilevato carenze e condizionamenti esterni nella prima inchiesta giudiziaria. Secondo la commissione sarebbe stato possibile salvare almeno una parte dei passeggeri se i soccorsi fossero stati più tempestivi e se la Capitaneria di porto di Livorno non fosse stata “del tutto incapace di coordinare un’azione di soccorso”.
A causa dell’interrompersi della legislatura nel 2018, la precedente non ebbe il tempo di “sbobinare” tutte le conversazioni intercorse quella notte. Per questo l’associazione dei familiari delle vittime chiede che la nuova commissione non debba interrompere i lavori con la fine della legislatura e che possano essere ascoltate tutte le registrazioni riguardanti le conversazioni tra i natanti presenti in rada al momento dell’incidente.
Altro elemento sul quale si richiede chiarezza è l’accordo assicurativo intercorso tra la Snam e Navarma, società armatrice della petroliera, per chiudere qualunque nuovo accertamento sullo stato delle due navi, che ormai sono state entrambe demolite.
Intanto il tribunale di Firenze ha respinto l’istanza civile presentata dai familiari delle vittime contro i ministeri dei Trasporti e della Difesa “per inadempienze riguardo il controllo del porto di Livorno e l’assenza di soccorsi al Moby Prince”.