​ Il giudice nega i domiciliari a Cutolo: "Resta un simbolo"


AGI – Raffaele Cutolo resterà in carcere a Parma in regime di 41bis: lo ha deciso il tribunale di Sorveglianza di Bologna che ha respinto il ricorso della difesa del boss noto come ‘o professore, per il rinvio dell’esecuzione della pena, con detenzione domiciliare, per motivi di salute. Per Cutolo “non appare ricorrere con probabilità il rischio di contagio da Covid-19“, scrivono i giudici. Non solo: “nonostante l’età e la perdurante detenzione rappresenta un ‘simbolo’ per tutti quei gruppi criminali che continuano a richiamarsi al suo nome”. E si può ritenere che la presenza di Cutolo “potrebbe rafforzare i gruppi criminali che si rifanno tuttora alla Nco, gruppi rispetto ai quali Cutolo – rilevano i giudici – ha mantenuto pienamente il carisma. In tanti anni di detenzione non ha mai mostrato alcun segno di distacco dalle sue scelte criminali”.

Quanto all’aspetto sanitario, secondo il tribunale, non solo “nessun detenuto è risultato positivo al Covid nel carcere di Parma”, ma le informazioni acquisite presso il dipartimento salute pubblica dell’Ausl di Parma “segnalano che ‘l’evoluzione dell’epidemia nel tempo e nello spazio su base regionale rientra nella curva discendente”. 

Complessivamente il collegio ritiene che la situazione sanitaria in cui versa il fondatore della Nuova Camorra Organizzata, 78 anni, non dia luogo ad una situazione di incompatibilità con la detenzione. “Le patologie di cui è portatore Raffaele Cutolo – scrivono i giudici del tribunale di Sorveglianza – appaiono allo stato trattabili adeguatamente anche in ambiente carcerario”.

In particolare, “la presenza di un piano assistenziale personalizzato, la predisposizione di presidi quali il letto con le sponde e il materasso antidecubito, la dotazione di treppiede per gli spostamenti, la presenza dell’oss, il monitoraggio quotidiano ripetuto e costante del personale infermieristico e medico” fanno ritenere che la detenzione del boss “non si svolga con quella quota di afflitività ulteriore tale da comportare una sofferenza che eccede il livello che inevitabilmente deriva dalla legittima esecuzione della pena”.

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Fonte: cronaca agi