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America2020: Una campagna di piombo e fuoco

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Un uomo. Una pistola sfoderata. Punta sul finestrino di un’auto della polizia. Spara e scappa. Le immagini sono chiare e drammatiche, avranno un impatto sulla campagna presidenziale. Due vice sceriffi sono stati gravemente feriti in un agguato a Compton, nella contea di Los Angeles, sabato sera, nella zona della Blue Line station al numero 275 di Willowbrook Avenue. L’agenda di Biden è di nuovo disfatta, quella di Trump torna al “law and order”. La cronaca nera guida la campagna presidenziale, l’America a mano armata scandisce i tempi della corsa alla Casa Bianca.

Un video mostra la scena dell’agguato

Il video diffuso mostra la scena in tutta la sua crudezza: un uomo che avvicina all’auto parcheggiata, punta la pistola sul finestrino destro, sul lato del passeggero, apre il fuoco e poi corre via. I due vice-sceriffi, colpiti dai proiettili al volto e alla testa, sono stati operati, le condizioni sono critiche. Secondo il Los Angeles Times le vittime dell’agguato sono una donna di 31 anni, mamma di un bambino di 6 anni, e un 24 enne. Avevano giurato 14 mesi fa. “I due vice sono stati sorpresi in un’imboscata da un uomo armato in modo vile”, ha detto in una conferenza stampa il capo degli sceriffi di Los Angeles, Alex Villanueva. “Questo è un lavoro pericoloso”. Secondo Newsweek una folla di manifestanti ha bloccato l’ingresso del St. Francis Medical Center di Lynwood, dove sono ricoverati gli agenti feriti. Alcuni manifestanti hanno cantato “speriamo che muoiano”, ha raccontato su Twitter l’ufficio dello sceriffo della contea di Los Angeles. Un testimone intervistato dalla rete televisiva ABC7 dice che alcuni manifestanti hanno tentato di penetrare nel pronto soccorso. “Morte alla polizia”, apertura di Fox News, tensione altissima.

Trump evoca la pena di morte per gli autori dell’agguato

La campagna dei repubblicani ha un altro argomento contro chi manifesta per il “defunding police” e lega tutti gli episodi in un fil rouge di un’America violenta che i democratici non sarebbero capaci di contenere. Trump twitta, balza sul tema che secondo gli strateghi repubblicani ha cambiato la sua campagna: “Se muoiono, processo rapido e pena di morte per il killer. È l’unico modo per fermare questo genere di cose”. Commentando il tweet della polizia Trump ha detto che si tratta di “animali che devono essere colpiti duramente”. La campagna “law and order” è in pieno svolgimento, Biden deve per forza “coprirsi”, l’agenda la sta dettando di nuovo Trump dopo l’intermezzo del coronavirus con le rivelazioni del libro di Bob Woodward. 

La strategia di Biden

Alternative per la strategia del candidato democratico? Gli spaventosi incendi e il cambiamento climatico potrebbero dare a Biden un argomento per mettere in difficoltà Trump, ma attenzione, il presidente andrà in California lunedì e la sceneggiatura prevede un attacco ai governatori democratici degli Stati colpiti dagli incendi: California (guidata da Gavin Christopher Newsom con il quale Trump già in passato ha avuto uno scambio di cortesie), Oregon (dominio dem di Kate Brown) e lo Stato di Washington (governato Jay Robert Inslee). Quali argomenti presenterà Trump? Se il suo staff ha letto ciò che ha scritto la Nasa, allora dirà questo: i fulmini sono l’innesco dei principali incendi che hanno colpito i boschi, a questo va aggiunta una situazione climatica estrema, le altissime temperature, prima di tutto, l’aria secca, i venti forti, la siccità, l’anzianità delle foreste il cui legno brucia con più rapidità, dunque… serve una manutenzione dei boschi che non c’è stata.

Biden si sveglia subito dopo l’uscita di Trump sull’agguato a Los Angeles (ancora il marcamento stretto tra i candidati) e commenta anch’egli via Twitter: “Questa sparatoria a sangue freddo è inconcepibile e l’autore deve essere assicurato alla giustizia. La violenza di qualsiasi tipo è sbagliata; coloro che lo commettono devono essere catturati e puniti”.

Sul fronte del territorio, l’attenzione si sta spostando sulla Florida, uno degli Stati in bilico. Biden non può permettersi la sconfitta in questo Stato e così Michael Bloomberg ha deciso di spendere 100 milioni di dollari per aiutare il candidato democratico. Ricordiamo che Bloomberg era considerato dai media mainstream come lo sfidante “naturale” di Trump. È caduto dopo un paio di dibattiti, zero presenza e attrazione per gli elettori. Il talento non si compra, se c’è, si coltiva con pazienza, duro lavoro, umiltà e capacità di ascolto, in questo caso Bloomberg (che ha avuto il grande talento di costruire un impero editoriale) non ha tempo e avendo fallito prova a fare quello che fa di solito chi ha disponibilità finanziaria: ha i soldi, usa i soldi. Trump risponde colpo su colpo e commenta: “Pensavo che mini Mike avesse finito con la politica dei democratici dopo aver speso quasi 2 miliardi di dollari e aver fatto il peggiore e più inetto dibattito presidenziale nella storia”.

Per vincere, sono necessari i finanziamenti alle campagne elettorali

La corsa alla Casa Bianca è una battaglia dove il denaro è il carburante necessario per andare avanti. Qui Trump dopo aver guidato la corsa è stato superato da Biden. In agosto la campagna di Trump e il Comitato Nazionale Repubblicano hanno raccolto 210 milioni di dollari, 154 milioni di dollari in meno rispetto alla campagna di Joe Biden e del Comitato Nazionale Democratico. Trump ha discusso con il comitato repubblicano una iniezione di denaro personale pari a 100 milioni di dollari.

Cosa c’è nell’agenda di Washington DC la prossima settimana?

– La Camera e il Senato sono in piena attività, entro il 30 settembre il Congresso deve votare il rifinanziamento dell’attività del governo, secondo la Presidente della Camera Nancy Pelosi e il Segretario del Tesoro Steve Mnuchin lo shutdown sarà evitato.

– Il lavoro migliore della sua presidenza (insieme al taglio delle tasse), Trump lo ha fatto in Medio Oriente, con la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Israele e Emirati Arabi Uniti. Firmeranno martedì l’accordo alla Casa Bianca, è un passo storico, al quale è seguito l’annuncio del Bahrein che farà altrettanto. Piaccia o meno, è un’impresa di politica estera, ma nell’agenda degli elettori non è al primo posto, dunque The Donald dovrà trovare altro per convincere gli americani su un suo secondo mandato.
       
– Sul fronte dei provvedimenti anti-crisi, il negoziato tra repubblicani e democratici è in stallo, a questo punto potrebbe arrivare un ordine esecutivo di Trump. Attenzione anche alla politica sull’immigrazione, anche su questo punto potrebbero esserci delle decisioni della Casa Bianca.
    
– Martedì scade l’ultimatum della Casa Bianca imposto a TikTok per vendere le sue attività negli Stati Uniti. Pechino si è opposta alla cessione, il dossier promette sorprese.

–  Giovedì Joe Biden andrà alla Cnn in diretta per il suo primo dibattito in formato town hall da quando ha accettato la nomination. Il luogo è la Pennsylvania (Stato in bilico), la località è Scranton (la città natale di Biden, il luogo dove di recente Trump ha fatto campagna per “marcare” lo sfidante sul suo terreno), il dibattito sarà moderato dal giornalista Anderson Cooper e il pubblico sarà presente.

Cosa dicono i sondaggi

Come stanno andando i sondaggi? Ecco il quadro della sfida sul terreno che conta, quello che decide la presidenza, i Battleground States:

Nella media di Real Clear Politics Biden ha un vantaggio di 3.5 punti, cioè niente perché bisogna calcolare i margini d’errore e ricordarsi di essere prudenti perché una parte degli elettori di Trump nei sondaggi al telefono non dicono la verità. Questo significa che il sudoku elettorale di Trump è aperto e Biden deve preoccuparsi. Se non lo fa lui, pare ci abbia pensato in privato Bernie Sanders, il quale ha espresso il suo scetticismo sulla campagna dell’ex vicepresidente.

Nessuno può dire come andrà a finire

Come andrà a finire? Nessuno lo sa. Memo sul taccuino: quello che si vede non è quello che si legge. Cosa significa? Nel 2016 tutti pronosticavano una vittoria di Clinton, solo che la chiave per capire cosa stava accadendo non era quella dei sondaggi (che in ogni caso vanno letti, studiati, approfonditi e pesati con grande cura) ma le immagini della campagna di uno strano candidato alle primarie con i capelli phonati. Allora, per sapere, per capire, bisognava osservare con attenzione le tv, le immagini, ricordare i luoghi e la composizione sociale delle piccole città, fare un po’ di lavoro retrospettivo. Fatto questo lavoro, emergeva un fatto chiaro, almeno per chi non ha le lenti del pregiudizio morale: Trump era efficace. E ai suoi comizi la gente era entusiasta. Vinse contro tutti i pronostici. E così ci fu la scena surreale dei grandi commentatori che si scoprirono improvvisamente piccoli e cominciarono a raccontare in diretta non come fosse stato possibile cannare le previsioni, ma perché e per come Trump aveva ottenuto una brillante vittoria. Grande imbarazzo, ma “the show must go on”. 

 

Il 2020 sarà un altro 2016?

Il 2020 si avvia a diventare un altro 2016? Se misuriamo quello che si chiama “The Pulse of The people”, allora siamo in presenza di una corsa ben diversa da quella raccontata dai sondaggi, l’entusiasmo della base repubblicana è forte, le immagini dei rally di Trump negli Stati in bilico sono impressionanti, non sembra la campagna di un presidente uscente, quella di un “underdog” costretto a inseguire, nel pieno di una crisi senza precedenti. Trump in Pennsylvania ha fatto il pieno, così pure in Nevada (Stato che gli serve nel caso gli vada in Wisconsin) ieri le immagini parlavano senza bisogno di commento. Tra i giri di telefonate per cercare di capire come va la campagna, una mi è rimasta impressa, giusto la sera scorsa: “C’erano le bandiere di Trump agli Hamptons”. Clic. Ecco, questo è un bagliore da segnare sul taccuino del cronista. Perché questo è il posto dei ricchi, intelligenti, sempre nel giusto, iper-democratici, liberal che finanziano la campagna di Kamala Harris, le sagome sempre in forma dell’uno per cento, quelli che quando è partito il lockdown nella Grande Mela si sono rifugiati nelle loro ville al mare nel momento in cui “è partito il volo da New York” e gli altri sono rimasti intrappolati nello spettro che è diventata la metropoli guidata dal democratico Bill de Blasio nello Stato dove comanda il sanguigno Andrew Cuomo, sempre democratico. Lo Stato di New York non ha mai dato la vittoria ai repubblicani dal 1984, anno dell’elezione di Ronald Reagan. Questo non significa che i repubblicani non abbiano i loro sostenitori, le contee sono quasi tutte rosse, qui Trump nel 2016 ha messo i dem di fronte a una realtà che non si aspettavano. Nella contea di Suffolk, The Donald vinse contro Hillary Clinton (52.5%), ma perse quella di Nassau (45.9%)sempre qui Barack Obama vinse nel 2008 e nel 2012 e fare campagna per Trump non è mai stato un gioco perché dire che sei repubblicano dove abitano i ricchi democratici non conviene (è uno dei motivi per cui i sostenitori di Trump non dicono la verità al telefono nei sondaggi, vedere lo studio di Cloudresearch), si teme una rappresaglia nel grande gioco degli inviti in società, nel business che deve andare bene al di là della bandiera politica, “sono tutti democratici, per noi è una questione di sopravvivenza” commenta uno dei tanti intervistati che vogliono restare nell’anonimato. Momento di ilarità: sul New York Post nell’agosto dell’anno scorso viene raccontata la storia di un’artista di Manhattan che in una galleria d’arte di Southampton (il Watermill Center) resta scioccata quando incontra il segretario al commercio di Trump, Wilbur Ross, e la moglie Hilary Geary Ross. Un repubblicano in una esposizione d’arte? “Cosa ci facevano lì?”. Quello che fa un collezionista d’arte come Ross che, en passant, è residente negli Hamptons. Chi l’avrebbe mai detto, i repubblicani amano l’arte, cose dell’altro mondo. 

Ecco, le bandiere di Trump agli Hamptons sono qualcosa di cui il cronista deve tenere conto. Sono usciti allo scoperto. E quattro anni fa lo scenario non era questo, nonostante la vittoria. 

Vince? Perde? Non si sa. La campagna è entrata nella fase decisiva, servono calma e gesso, ci sono buone ragioni per essere molto prudenti: perché Trump è il peggior avversario di se stesso, perché Biden indubbiamente è candidato sonnambulo, ma gode di fattori esterni molto forti: la crisi del coronavirus non è finita e l’arrivo dell’autunno è una mappa sconosciuta del comportamento del Covid-19, il collasso economico si sta mitigando è in corso un rimbalzo dell’economia, ma non così forte e veloce come immaginava Trump, la questione razziale è un tema che favorisce Biden nel consenso della Black America e ora gli incendi negli Stati democratici. L’America brucia, la campagna è in fiamme.

Vedi: America2020: Una campagna di piombo e fuoco
Fonte: estero agi


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