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Altroconsumo avvia una class action contro Apple per l’obsolescenza programmata. Di cosa si tratta

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Altroconsumo ha notificato al colosso americano Apple l’atto di citazione con il quale ha dato il via alla class action dinanzi al Tribunale di Milano, chiedendo un risarcimento di 60 milioni di euro, “per tutti i consumatori italiani ingannati dalle pratiche di obsolescenza programmata riconosciute anche dalle autorità italiane”. La class action – spiega una nota – interesserà i proprietari di iPhone 6, 6 Plus, 6S e 6S Plus, prodotti che corrispondono a oltre 1 milione di unità vendute in Italia fra il 2014 e il 2020.

Il risarcimento richiesto corrisponde alla cifra pagata dai consumatori per la sostituzione della batteria del dispositivo, che oscilla fra i 29 e gli 89 euro (con una media di circa 60 euro per consumatore), a seconda che abbiano beneficiato o meno del prezzo promozionale offerto durante la campagna di sostituzione delle batterie realizzata dall’azienda.

La battaglia di Altroconsumo contro Apple ha origine nel 2014, quando l’Organizzazione ha raccolto numerosi casi di consumatori che riscontravano problemi a livello di performance dei propri smartphone dopo aver acconsentito all’aggiornamento obbligatorio del software. A seguito delle segnalazioni inviate all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nel 2018 il colosso californiano ha ricevuto una sanzione di 10 milioni euro per pratiche commerciali scorrette e aggressive.

Nel maggio del 2020 il TAR Lazio ha respinto il ricorso effettuato da Apple. Il Tribunale ha quindi confermato che la società di Cupertino ha rilasciato gli aggiornamenti del firmware iOS 10 e 10.1.2 per gli iPhone 6/6Plus/6s/6sPlus, senza offrire ai consumatori informazioni adeguate e complete in merito all’incisiva riduzione delle performance dei dispositivi.

Per limitare i danni, Apple ha avviato una campagna di sostituzione della batteria a prezzo ridotto, un intervento che non corrisponde tuttavia – secondo Altroconsumo – ad un equo risarcimento dei consumatori italiani danneggiati. “Grazie alla class action avviata negli Stati Uniti – fa notare Altroconsumo – i consumatori americani sono riusciti a ottenere 500 milioni di dollari dalla big tech della Silicon Valley. Poche settimane fa, inoltre, Apple ha accettato di pagare 113 milioni di dollari per porre fine alle accuse di 33 stati americani e del Distretto di Columbia, per aver agito in modo ingannevole, aver danneggiato i modelli di iPhone 6 e indotto gli utenti ad acquistare nuovi dispositivi.

Anche i consumatori europei meritano giustizia e per questo motivo Euroconsumers ha deciso di dare il via ad una class action per ottenere il giusto risarcimento anche in Italia, Belgio, Spagna e Portogallo. La causa di Altroconsumo si aggiunge alle due già avviate nel dicembre 2020, da parte dei membri di Euroconsumers Test-Achats in Belgio e OCU in Spagna, a cui seguirà anche Deco in Portogallo”.

Ivo Tarantino, Responsabile Relazione Esterne di Altroconsumo ha dichiarato: “I consumatori hanno bisogno di fidarsi delle marche che scelgono, per questo comportamenti lesivi come quello tenuto da Apple non sono accettabili. Con l’avvio di questa class action ci auguriamo di arrivare all’obiettivo che perseguiamo da anni: il risarcimento dei consumatori caduti vittima di queste pratiche scorrette che hanno causato innumerevoli problemi sia a livello pratico che finanziario e ambientale. Speriamo che questo sia l’ultimo step per porre rimedio ai danni causati fino ad oggi dall’azienda ma che sia anche un primo passo verso una maggiore correttezza di Apple verso i suoi consumatori.”

La class action lanciata da Altroconsumo nei confronti di Apple riaccende una la polemica sull’obsolescenza programmata dei device esplosa soprattutto dopo il boom degli smartphone. Ma cos’è l’obsolescenza programmata?

CHE COS’È L’OBSOLESCENZA PROGRAMMATA

Nota anche come ‘obsolescenza pianificatà, si tratta di una pratica commerciale di cui si parla già da molti anni ma che è diventata oggetto di aspre critiche negli ultimi 10-15 anni. La critica principale è rivolta ai produttori, ritenuti colpevoli di preordinare, programmare, la scadenza dei loro prodotti in modo che i consumatori siano costretti a sostituirli comprandone di nuovi. Una prassi criticata dai gruppi di consumatori in tutto il mondo perché non etica. Spesso denunciata, ma dimostrata solo nel 2017, il sospetto è che sia particolarmente diffusa nel settore dell’elettronica, producendo cosi’ montagne di rifiuti non riciclabili ogni anno.

FRANCIA, NEL 2015 LA LEGGE HAMON

A muovere i primi passi contro questa pratica è stata la Francia, che nel 2015 approvo’ una norma, la cosiddetta “legge Hamon”, che la rese illegale e – almeno sulla carta- fisso’ l’obbligo per i venditori a fornire pezzi di ricambio se disponibili. La legge prese il nome dall’ex ministro socialista Benoit Hamon e stabili’ inoltre che una società ritenuta colpevole di programmare l’obsolescenza dei propri prodotti avrebbe potuto subire una multa fino al cinque per cento delle sue vendite annuali. Nel 2018 la Procura di Parigi avvio’ anche un’indagine su Apple per verificare l’estensione di tale pratica.

LA MULTA ANTITRUST IN ITALIA NEL 2018

Altroconsumo accese i fari sull’obsolescenza programmata dei prodotti Apple già nel 2014. Ma solo nel 2018 il tema divento’ popolare, quando il 24 ottobre l’Antitrust decise di multare per 10 milioni Apple e per 5 milioni Samsung per aver rilasciato alcuni aggiornamenti del firmware dei cellulari colpevoli di provocare “gravi disfunzioni” e di ridurre in modo significativo le prestazioni accelerando il processo di sostituzione degli stessi. Le due società, scrisse allora il garante in una nota, inducevano i consumatori “mediante l’insistente richiesta di effettuare il download e anche in ragione dell’asimmetria informativa esistente rispetto ai produttori ad installare aggiornamenti su dispositivi non in grado di supportarli adeguatamente, senza fornire adeguate informazioni, nè alcun mezzo di ripristino delle originarie funzionalità dei prodotti”.

L’AMMISSIONE DI APPLE NEL 2017

Di obsolescenza si è spesso parlato, ma per lunghi anni senza mai portare prove. Poi Apple nel 2017 ammise per la prima volta di aver regolato al ribasso la velocità dei processori man mano che la batteria dell’iPhone si deteriorava, in modo da mantenere gli smartphone funzionanti. Un’ammissione indiretta dell’esistenza di una programmazione dell’obsolescenza dei propri prodotti. In quell’occasione Cupertino sottolineo’ che l’obiettivo della riduzione delle prestazioni era per tutelare i clienti ed evitare l’arresto improvviso dei device. Ma di averlo fatto ‘dimenticando’ di avvisare gli utenti dell’esistenza di un software che gestiva i picchi energetici della batteria.

Fonte: economia agi


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