In mostra al Maxxi l’estro e le invenzioni dell’architetto premio Pritzker nel 1990
Corriere della Sera (Roma)
Edoardo Sassi
«Un poeta prestato all’architettura»: questa una delle definizioni che accompagnarono l’attribuzione ad Aldo Rossi (1931-1997) del prestigioso Pritzker Price, da lui vinto, primo italiano, nel 1990 (dopo, solo Renzo Piano, nel ’98).
E solo un poeta dell’architettura poteva immaginare un teatro gallegiante, effimero, quel Teatro del Mondo che l’artista milanese realizzò a Venezia nel 1980 per la prima Biennale di Architettura, diretta da Paolo Portoghesi. L’opera forse più famosa di Rossi, e comunque quella che lanciò la sua stella nel firmamento internazionale. Utopico, metafisico, gioioso, quel battello ormeggiato a Punta della Dogana navigò poi fino a Dubrovnik, per tornare infine a Venezia ed essere smontato.
Le foto di quel viaggio-epopea, scattate da Antonio Martinelli, insieme ai disegni e al modellino del progetto sono tra gli oltre ottocento materiali esposti da oggi al Maxxi per la mostra Aldo Rossi. L’architetto e le città, a cura di Alberto Ferlenga in collaborazione con Fondazione Aldo Rossi.
Un’antologica con plastici (ben 40 i modelli esposti), disegni, schizzi, appunti, lettere, foto, documenti e pezzi di design, che ripercorre l’intero cammino di questo architetto-pensatore, celebre, forse ancor più che per le sue realizzazioni — in Italia, a Berlino, in Giappone, in America e un po’ ovunque nel mondo — per l’ampiezza dello sguardo, la complessità del pensiero e della ricerca, autore, nel 1966 a soli 35 anni, di un testo, L’architettura delle città, tradotto ovunque e che ancora oggi rappresenta un classico del pensiero sull’architettura del secondo Novecento.
La mostra occupa l’intera Galleria 2 del museo ed è suddivisa in due grandi blocchi: al centro, un focus sulla città natia di Rossi, Milano, con il modellino del Duomo che l’architetto teneva nel suo studio e le foto dello stesso atelier scattate dall’amico Luigi Ghirri. A sinistra, i progetti italiani, tra cui il cimitero di San Cataldo a Modena, il teatro Carlo Felice di Genova, la Fenice di Venezia, la piazza di Fontivegge a Perugia e il «Gallaratese» a Milano. E a destra i lavori internazionali, con la nuova sede del Bonnefantenmuseum di Maastricht sul bordo del fiume Mosa, il coloratissimo complesso della Schützenstrasse a Berlino — risposta tipicamente rossiana alla grigia ricostruzione della capitale tedesca — e il Quartier Generale Disney a Orlando.
La mostra, costruita in prevalenza con materiali dell’archivio di Aldo Rossi conservato al Maxxi (uno dei primi acquisti del museo), si avvale anche di prestiti italiani e internazionali, dallo Iuav di Venezia, dove Rossi fu a lungo docente, al Deutsches Architektur Museum di Francoforte.