AGI – L’appoggio da parte del centrodestra a Gabriele Albertini come candidato sindaco di Milano adesso, dopo la telefonata arrivata dalla leader di FdI Giorgia Meloni, è pieno. Ma restano i vincoli ‘familiari’, motivo per cui Albertini propende ancora per il no, al 51%. E si prende ancora un po’ di tempo: fino a sabato.
Lo ha spiegato in una intervista all’AGI facendo il punto della situazione. “Penso che le cose non siano molto modificate, né sostanzialmente modificabili. Ho preso questo ultimo spazio di tempo per essere sicuro di aver messo insieme tutti gli elementi personali, politici, la scala di valori, quello che è il senso della vita, tutto. E’ un momento molto intenso, direi meraviglioso e tremendo”.
Sabato è il giorno decisivo: “tornerò nell’orticello oppure no” ma almeno non c’è più questa situazione di incertezza.
Eppure lei ha sempre detto che era importante che il centrodestra fosse compatto sull’appoggio alla sua candidatura. La telefonata di Meloni non pesa?
“Con la Meloni non ci conoscevamo da vicino, e che me lo abbia detto lei (di candidarmi, ndr.) ha avuto un significato particolare. Ci siamo chiariti, è stata una gradevole telefonata. Loro, i leader, hanno chiuso la vicenda dal punto di vista della loro concordia sulla mia candidatura. Quindi i vincoli esterni, chiamiamoli così sono appianati” ma resta comunque “il vincolo interno che è quello più forte e significativo. Che è quello che avevo scritto nella lettera (quella del 6 maggio nella quale annunciava che rinunciava a candidarsi, ndr)”, e cioè i motivi familiari, la forte contrarietà della moglie a un suo ritorno in campo.
Non è cambiata la posizione della sua signora?
“Mia moglie non ha cambiato idea, in un primo tempo è stata quasi incredula, poi come me, commossa e partecipe della gioia e soddisfazione nel vedere la gratitudine per quello che si è fatto, poi in un’altra fase, molto preoccupata perché vedeva che stavo mollando. Ma è rimasta salda sul ‘no’ anche vedendo che negli ultimi giorni la mia faccia sta diventando verde milanese”.
“Tutti hanno interpretato troppo intelligentemente quella lettera come se ci fosse un secondo fine un po’ da Mandarino cinese. Io in realtà non ho scritto una lettera strumentale” per indurre i partiti a essere più chiari, ma per dire esattamente quello che pensavo”.
Ma adesso con la coalizione concorde, qualcosa è cambiato da quella lettera?
“Sì, c’è la compattezza della coalizione. Adesso c’è l’elemento dei partiti che mi sostengono, ma sono più propenso a confermare gli argomenti che hanno portato alla rinuncia, perché sono quelli rimasti in campo”.
Il 51% per il no? “Direi di sì”.
Come passerà il tempo fino a sabato o cosa la aiuterà a fare una scelta?
“Andrò a una colazione, da un amico nel lodigiano, raccoglierò le ultime idee. E poi passerò il resto della giornata con mia moglie”. “Sabato – aggiunge – è un giorno simbolico, è l’anniversario di due episodi: il 15 maggio del 1997 sono stato l’ultimo sindaco di Milano che ha giurato davanti al prefetto; e poi il 15 maggio del 1998 al vertice del G8 di Birmingham fui presentato a Helmut Khol e Bill Clinton e loro due quasi litigavano su chi di loro avesse meglio parlato di Milano”.
“Adesso devo mettere d’accordo le due parti del mio cervello, quella dell’emotività e quella della razionalità. Devo metterle d’accordo. E poi c’è l’aspetto della vita privata. Non mi metto dietro la mia mogliettina ma sono argomenti che vanno condivisi”.
Source: agi