Israele ‘spegne’ la voce di al Jazeera in Israele. Una decisione presa oggi all’unanimità dal gabinetto del premier Benjamin Netanyahu, motivata con il presunto ‘incitamento all’odio’ della tv nel corso di tutta la guerra di Gaza. Un provvedimento certo temporaneo, 45 giorni, ma che oscurerà di fatto sia il canale in arabo che quello in lingua inglese, nonché tutta l’attività web all’interno di Israele.
Una decisione che arriva alla fine di un’escalation di tensione tra Israele e il gigante arabo dei media iniziata ben prima della guerra di Israele con Hamas a Gaza. Ecco cosa c’è da sapere sulla rete televisiva satellitare che, per prima, nel 1998, si impose come principale emittente in lingua araba in occasione dell’Operazione Desert Fox contro l’Iraq, primato riconfermato poi nel 2000 con la copertura completa della seconda Intifada.
– LA TV DEL QATAR FINANZIATA DAGLI EMIRI
Al Jazeera è stata fondata a Doha nel 1996 con un decreto emesso dall’ex emiro del Qatar, Sheikh Hamad bin Khalifa al-Thani. Pur stabilendo che il canale dovesse essere “totalmente indipendente da ogni influenza”, il decreto prevedeva anche un prestito governativo di 150 milioni di dollari per “la sua creazione e la copertura dei costi operativi per cinque anni”. Sebbene Al Jazeera Media Network sia un’azienda privata, l’emittente ha mantenuto alcuni finanziamenti del governo del Qatar, che i suoi critici spesso citano quando mettono in dubbio la sua indipendenza editoriale da Doha. L’emittente è immediatamente emersa come rivale dei giganti dei media internazionali, ma la sua copertura senza esclusione di colpi come autodefinito “primo canale di notizie indipendente nel mondo arabo” ha anche scatenato una serie di controversie legali nella regione nei suoi primi anni.
– TV ‘GLOBALE’ PRESENTE IN QUASI 100 PAESI
Il canale afferma di operare in 95 paesi con 70 uffici e uno staff di 3.000 dipendenti, con un pubblico globale di 430 milioni di case. Al Jazeera, il primo canale di notizie in lingua araba della rete, è stato affiancato nel 2006 da un servizio in inglese. Al Jazeera e Al Jazeera English – i canali di punta della rete – hanno linee editoriali distinte con il canale in lingua araba che più spesso deve affrontare critiche dall’interno della regione. La rete include anche un canale di affari pubblici in diretta, Al Jazeera Mubasher, e il suo canale AJ+ solo digitale, rivolto a un pubblico giovanile.
– LA VOCE DELLE ‘PRIMAVERE ARABE’
Quando un’ondata di rivolte popolari ha travolto il Medio Oriente e il Nord Africa nel 2011, Al Jazeera è stata vista come un fattore chiave per plasmare l’opinione pubblica perché ha concesso uno spazio di trasmissione senza precedenti ai gruppi di opposizione, in particolare ai Fratelli Musulmani. La rete ha ripetutamente respinto qualsiasi accusa di parzialità nella sua copertura. Al Jazeera ha dovuto affrontare pressioni da parte dei governi di tutta la regione ed è diventata il fulcro della faida tra Il Cairo e Doha dopo la cacciata militare del presidente egiziano dei Fratelli Musulmani Mohamed Morsi nel 2013. Il Cairo lo considerava portavoce del movimento islamista di Morsi e le autorità egiziane hanno arrestato tre giornalisti di Al Jazeera, tra cui l’australiano Peter Greste, provocando la condanna internazionale.
– BLOCCO DEL QATAR, SI CHIEDE LA CHIUSURA DI AL JAZEERA
Nel 2017, i vicini del Qatar, guidati dall’Arabia Saudita, hanno imposto un blocco diplomatico ed economico di tre anni alla monarchia del Golfo. Oltre a chiedere al Qatar di tagliare i legami con i Fratelli Musulmani e la sua organizzazione sorella Hamas, e di ridurre le relazioni con l’Iran, gli stati boicottatori hanno anche chiesto la chiusura di Al Jazeera e di tutti i suoi affiliati. Il canale ha definito le pressioni un tentativo di “mettere a tacere la libertà di espressione”.
– LA COPERTURA DELLA GUERRA DI GAZA E L’IRA DI NETANYAHU
Dall’inizio della guerra a Gaza il 7 ottobre, Al Jazeera ha trasmesso continui resoconti sul campo della campagna israeliana e delle sue conseguenze. Le sue trasmissioni sono state tra le più seguite in Medio Oriente, nonostante il diffuso disincanto nei confronti della copertura mediatica occidentale. Il mese scorso Netanyahu ha definito Al Jazeera un “canale terroristico”, dicendo che avrebbe “agito immediatamente” per fermare le sue attività dopo l’approvazione di una nuova legge. All’epoca, l’emittente definì la proposta di divieto “parte di una serie di attacchi sistematici israeliani per mettere a tacere Al Jazeera”, che secondo la tv araba includeva l’uccisione di Shireen Abu Akleh, uno dei giornalisti più importanti nella regione, mentre copriva un raid israeliano nella Cisgiordania occupata nel maggio 2022. Dall’inizio della guerra a Gaza, l’ufficio di Al Jazeera nel territorio palestinese è stato bombardato e due dei suoi corrispondenti sono stati uccisi. A gennaio, Israele ha affermato che un giornalista dello staff di Al Jazeera e un freelance uccisi in un attacco aereo a Gaza erano “agenti terroristici”. Il mese successivo ha accusato un altro giornalista del canale, ferito in uno sciopero separato, di essere un “vice comandante di compagnia” di Hamas.
Al Jazeera ha negato ferocemente le accuse di Israele e lo ha accusato di prendere di mira sistematicamente i dipendenti di Al Jazeera nella Striscia di Gaza. Il suo capo ufficio a Gaza, Wael al-Dahdouh, è stato ferito in un attacco israeliano a dicembre che ha ucciso il cameraman della rete. Sua moglie, due dei loro figli e un nipote sono stati uccisi nel bombardamento di ottobre del campo profughi di Nuseirat, nel centro di Gaza. Il suo figlio maggiore era il giornalista di Al Jazeera ucciso a gennaio quando uno sciopero aveva preso di mira un’auto a Rafah. (AGI)