In Africa 650 nuove varietà di fagioli resistenti ai cambiamenti climatici sfamano già milioni di persone, migliorano la sicurezza alimentare del continente e i redditi degli agricoltori. L’importante scoperta che dà speranza anche per il futuro arriva dalla Pan Africa Bean Research Alliance (Pabra), un consorzio di 30 Paesi produttori di fagioli in Africa che coinvolge più di 350 organizzazioni partner pubbliche e private. Sul continente i fagioli sono una fonte vitale di proteine per milioni di africani e una fonte di reddito fondamentale per gli agricoltori in quanto coltura resiliente, ricca di fibre e minerali. Tuttavia il riscaldamento globale rappresenta un incombente pericolo per questo alimento di base: entro la fine secolo, fino al 60% delle aree coltivate a fagioli nell’Africa sub-sahariana potrebbe non essere più idonee. Per massimizzare il potenziale di questa coltura essenziale, la Pan-African Bean Research Alliance ha facilitato la ricerca, lo sviluppo e la distribuzione di oltre 650 nuove varietà di fagioli in tutta l’Africa. Il mese scorso ha ricevuto l’African Food Prize, un premio da 100 mila dollari per il suo lavoro teso a migliorare la sicurezza alimentare e i redditi degli agricoltori. Oggi circa 300 milioni di persone in tutto il continente mangiano regolarmente i suoi fagioli. “Questi fagioli contengono il 22-23% di proteine, quindi sono un’ottima fonte di proteine per coloro che non possono permettersi altri tipi. Forniscono fibre, carboidrati e pochissimi lipidi”, ha riferito Jean Claude Rubyogo, direttore di Pabra, fondata nel 1996, con sede a Nairobi, in Kenya. Sono anche ricchi di ferro e zinco, carenze che colpiscono più di due miliardi di persone in tutto il mondo, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Secondo gli esperti, le nuove specie di fagioli sviluppate e diffuse in 32 Paesi – quali fagiolini in Nigeria e ‘semi di zucchero’ in Zambia – sono più resistenti, efficienti, nutrienti e redditizie. In Etiopia, i fagioli con tempi di raccolta più brevi hanno più che raddoppiato la produttività. “Significa che puoi procurarti il cibo prima che altri raccolti vengano raccolti e che puoi vendere questi fagioli per ottenere denaro quando non hai altri raccolti”, ha sottolineato Rubyogo Inoltre i fagioli creati da Pabra utilizzano meno acqua e sono più resistenti alle condizioni atmosferiche sempre più irregolari. La maggiore capacità di resistere a periodi prolungati di siccità e umidità significa maggiori entrate per i 37 milioni di agricoltori che già coltivano le nuove varietà in tutto il continente. La ricerca dall’alleanza panafricana è condotta principalmente a Cali, in Colombia, e viene poi condivisa con programmi nazionali in Africa, con alcuni tipi di fagioli selezionati e sviluppati in base alla domanda dei consumatori. Per giunta l’organismo continentale mette in contatto i consumatori con agricoltori e ricercatori, per garantire che le richieste di determinati fagioli siano soddisfatte. Secondo ricerche incrociate, più di cinque milioni di famiglie in 10 Paesi africani hanno visto un aumento del 30% del loro reddito grazie ai fagioli Pabra. Gli agricoltori che coltivano, mangiano e vendono i suoi fagioli hanno il 6% in più di probabilità di garantire la propria sicurezza alimentare e meno probabilità di essere poveri. Le ricerche in corso mirano a introdurre varietà sempre più resilienti, nutrienti e performanti. La sfida sta anche nel riuscire a ridurre il tempo di cottura dei fagioli fino al 30%. Attualmente la bollitura può richiedere dalle due alle tre ore, un dispendio di tempo ed energia. Se la nuova ricerca avesse successo, i consumatori potrebbero risparmiare 1,5 miliardi di dollari all’anno. Un quinto dell’Africa sub-sahariana è malnutrito e insicuro dal punto di vista alimentare; per risolvere questi problemi, gli esperti suggeriscono la coltura di una gamma più ampia di prodotti. La pandemia di coronavirus e la guerra in Ucraina hanno avuto un forte impatto sull’Africa, con da una lato la diminuzione delle quantità di riso proveniente dall’Asia nel 2020 e successivamente il calo delle importazioni di grano dall’Europa orientale, provocando un aumento dei prezzi. (AGI)
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