A Chernobyl le lancette del tempo, che si erano fermate il 26 aprile del 1986, hanno ripreso a scorrere. Oggi sono tanti quelli che arrivano per vedere, di persona, ciò che resta dopo l’esplosione del reattore numero 4 dell’ormai celebre centrale nucleare sovietica.
Ma in quel territorio al confine tra Ucraina e Bielorussia si arriva anche per conoscere le storie degli uomini. Quelli che sono morti, quelli che sono dovuti fuggire, quelli che ancora oggi subiscono i danni delle nubi tossiche che si sprigionarono subito dopo. Ma anche quelli che sono rimasti, come i liquidatori, 600 mila uomini che fino al 1991 provarono a limitare le conseguenze di quella tragedia.
Per tutti resta quella strana sensazione di trovarsi all’interno di un’area di 30 chilometri, la Chernobyl Exclusion Zone, che un tempo era preclusa a tutti e che oggi, invece, è aperta alle visite. Una zona congelata, morta, quasi disabitata, che la natura sta lentamente reclamando.
Nel 2017, forse per la prima volta, questo territorio ha provato a rimettersi in moto. Grazie al turismo “illuminato” e alla volontà delle persone, soprattutto i più giovani, di apprendere ciò che successe più di trent’anni fa.
Blake Sifton è un giornalista freelance che collabora con Al Jazeera. In questi giorni ha pubblicato il resoconto della sua visita a Chernobyl partendo proprio dai numeri: lo scorso anno più di 50 mila persone hanno varcato quel confine di esclusività superando dubbi e paure. Il 60% è giunto in Ucraina dall’estero, con un’età media, dato molto interessante, che oscilla tra i 25 e i 40 anni. Le visite al sito sono state aperte nel 2011 dopo che le autorità locali hanno dato il via libera all’ingresso nonostante il livello di radioattività ancora presente.
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La gestione del sito è affidata a un’entità giuridica separata dal resto dell’Ucraina. I passaporti sono controllati con grande accuratezza e ci sono due diversi posti di blocco per poter entrare. All’uscita ci sono altri due passaggi da superare dove scanner speciali analizzano, individuo per individuo, la presenza di polvere radioattiva. Chernobyl, che dista circa due ore da Kiev, può essere raggiunto da autobus messi a disposizione da alcune agenzie turistiche che vendono l’esperienza giornaliera a circa 100 dollari. Con un piccolo sovrapprezzo è possibile anche avere un contatore Geiger, utilissimo per misurare un certo tipo di radiazioni.
Le regole da seguire durante la visita sono severe. Non si può toccare o afferrare nulla, sdraiarsi per terra o sedersi senza un’autorizzazione. Non si puo modificare alcunché. Non si può bere o fumare. Tutto è incentrato sullo sguardo e sulla vista. Davanti agli occhi si susseguono oggettii e strutture rimaste immobili nel tempo. Manifesti comunisti, autoscontro abbandonate all’interno di un parco divertimenti, macerie, scarpe e detriti. E poi c’è la ruota panoramica che è diventato un po’ il simbolo di quel territorio fantasma: sarebbe stata inaugurata il primo maggio del 1986, cinque giorni dopo l’esplosione. Quei sedili, insomma, sono rimasti vuoti da sempre e per sempre.
Questa rinascita turistica non è affatto banale per un territorio che ha faticato per anni a riprendersi dalla tragedia. Sifton durante il suo viaggio ha avuto modo di conoscere la storia di Sergei Mirnyi, fondatore e proprietario di una delle più grandi compagnie turistiche che accompagnano i curiosi a Chernobyl. È un chimico che, al momento dell’esplosione, viveva e lavorava a Kharkiv. Nelle settimane successive venne arruolato per dirigere una delle squadre di ricognizione. Così, anno dopo anno, ha imparato a conoscere il luogo, la sua fisionomia, i suoi segreti. Tutto misurando livelli di radioattività e contaminazione.
A distanza di trentadue anni il suo lavoro è cambiato. Oggi, da testimone oculare, vuole diffondere e rafforzare la consapevolezza di quello che è accaduto per evitare che le persone vengano per farsi semplicemente un selfie: “Il turismo è uno strumento molto potente perché permette di fare luce su ciò che è successo. Sono molti quelli che arrivano in un modo e lasciano Chernobyl con una prospettiva tutta nuova”. Le foto di Blake Sifton le trovate qui e vale davvero la pena fermarsi un attimo per osservarle. In attesa, forse, di entrare a Chernobyl di persona.
Vedi: Adesso Chernobyl è diventata una meta turistica, e piuttosto ambita
Fonte: estero agi