È morta la ragazza che ha inventato i Beatles.
Per i milioni che conoscono bene la storia dei Fab Four, Astrid Kirchherr è una figura cruciale, avvolta da una propria aura mitologica. Un’icona nell’icona, si potrebbe dire.
Non solo è stata lei ad accoglierli nella sua cucina ad Amburgo, quando John, Paul e gli altri ragazzi di Liverpool erano un gruppo rock scapestrato che suonava in locali quasi malfamati come il Kaiserkeller ben prima di essere le star più famose del globo terracqueo, ma soprattutto è la persona che per prima dette forma all'”icona Beatles”: con fotografie che ancora oggi, 60 anni dopo, fanno parte dell’immaginario collettivo.
E questo senza parlare del fatto che fu Astrid – allora giovane bohemienne dedita all’esistenzialismo, innamorata del primo bassista dei Beatles, Stuart Sutcliffe – ad inventare, nè più nè meno, il caratteristico taglio dei capelli a caschetto, di lì a poco copiato e replicato all’infinito in tutto il mondo, quando la beatlemania globale dette il via ad una tempesta perfetta – musicale, artistica, sociale – di cui oggi ancora sentiamo il fragore delle onde.
“Ha influenzato l’immagine dei Beatles più di chiunque altro”: parola di George Harrison.
Astrid Kirchherr è morta tre giorni fa, pochi giorni prima di compiere 82 anni, nella sua Amburgo, la stessa che accolse i Beatles nel 1960.
Ragazzi giovanissimi, che non erano mai usciti dai confini d’Inghilterra, appassionati di rock’n’roll e di soul americano, vestiti di pelle nera, dall’allegria contagiosa, dal talento esplosivo, che in pochi ancora conoscevano.
Per loro fu come se qualcuno avesse le porte di un mondo nuovo: un mondo in cui si fondevano la musica, l’arte, la fotografia, l’amore.
L’incontro al Kaiserkeller è stato come fulmine del destino: lei era con Klaus Voormann, allora il suo fidanzato, pure lui bassista ma anche grafico (è l’autore della celeberrima copertina dell’album “Revolver“, del ’66).
Però lei s’innamorò di Stu Sutcliffe (“l’amore della mia vita”, ha sempre detto), che ancora suonava il basso nel gruppo, così come alla batteria ancora era seduto Pete Best, ben prima di Ringo Starr. Ma in un certo senso tutti amavano Astrid: misteriosa e affascinante, bionda con i capelli corti, praticamente identica a Jean Seberg di “Fino all’ultimo respiro”, il primo capolavoro di Godard.
Quella che nacque nel suo appartamento fu un’amicizia profonda che non ha mai conosciuto cedimenti.
Fu lei ad accogliere i Beatles anche al loro secondo ritorno ad Amburgo, nel 1962.
Fu lei a comunicare che Stuart, rimasto in Germania con lei, era appena morto tra le sue braccia, per un’emorragia cerebrale.
Fu lei ad accompagnare i quattro in tutti i loro tour successivi in Germania, a scattare le immagini ufficiali di quello che oramai era il gruppo rock più famoso di sempre.
E fu lei ad essere nominata, nel 1964, fotografa di scena sul set del loro primo film, “A Hard Day’s Night”.
Insomma: Astrid conosceva i Beatles come non li ha mai conosciuti nessuno, nel frangente esatto in cui tutto stava cambiando.
Ricordava sempre volentieri di quei primi anni. Ancora poche settimane fa – lo riferisce oggi la Zeit – Astrid Kirchherr con la sua voce bassa raccontava “come fosse stato ieri” di un suo incontro di tanti anni prima con John Lennon.
“Venne a casa mia e mi disse delle sue pene d’amore”, spiegò Astrid, ripetendo che la sua casa era diventato il rifugio di John e degli altri, in quegli anni selvaggi e formidabili insieme a quelli che lei, senza alcuna presunzione, ha sempre chiamato “i miei ragazzi”.
Diceva, Astrid: “Erano tutti così giovani, ed io ero così diversa. Avevo qualche anno in più di loro, avevo il mio appartamento, la mia macchina, la mia carriera. Non avevano mai incontrato nessuno come me prima”. Astrid aveva ragione.
Il fatto è che, nata nel 1938 ad Amburgo e diplomata alla fine degli anni cinquanta alla scuola superiore di grafica e pubblicità, lettrice vorace di Sartre, era una già una fotografa di notevole talento.
Le sue foto in bianco e nero di quei mesi sono tra le più belle e significative mai scattate del sogno nascente chiamato Beatles, oltreché una testimonianza straordinaria di cosa fosse la Germania dei primi anni sessanta.
Ancora nel 1963 i Fab Four passarono insieme ad Astrid e a Voormann le vacanze insieme a Tenerife, proprio mentre “From Me To You”, uno dei primi singoli dei quattro di Liverpool, stava segnando il primo di una sequenza infinite di numeri uno in vetta alla top ten in Gran Bretagna.
Anche Astrid, dopo un pò, cominciò a diventare una celebrità: le sue foto iniziarono a fare il giro del mondo, con mostre in Giappone, Australia, Stati Uniti, in anni più recenti anche in Italia.
Nel 1968 fu lei, che però iniziò a fare sempre meno scatti, a ritrarre George per la copertina del suo album solista “Wonderwall Music”.
Nessuno si stupì: “Dopo che Stuart se n’era andato, è stato George il beatle a me più caro”.
Ad un certo punto, Kirchherr abbandonò la fotografia per lavorare come stilista e designer di interni. Ma i suoi anni a fianco dei Beatles hanno continuato ad animare l’immaginario.
Nel 1994 il film “Backbeat”, di Iain Softley, narrava non solo la storia ruggente dei primi Beatles “amburghesi” – quelli in giacche nere di pelle e facce da ribelli – ma anche e soprattutto la sua storia d’amore con Stu Sutcliffe, narrata anche in una graphic novel del 2010 realizzata da Arne Bellstorf, “Baby’s in Black. The story of Astrid Kirchherr & Stuart Sutcliffe”.
L’anno successivo, Astrid ha venduto tutto il suo archivio ad un fondo americano che gestisce il patrimonio insieme all’amico del cuore della fotografa, Kai-Uwe Franz, permettendo mostre selezionate qua e là nel mondo.
Ma la storia più famosa – peraltro controversa, in un certo senso – è quella di Astrid che inventa il caratteristico taglio “alla Beatles”.
La storia ufficiale narra che la ragazza – stufa delle classiche pettinature ‘rock’n’roll’ col ciuffo a banana – avrebbe acconciato prima Stuart e George con il caschetto che poi avrebbe fatto il giro del mondo, al che Paul e John mostrarono di non voler essere da meno, facendosi fare subito dopo la stessa pettinatura.
Lei però ha smentito di aver “inventato” quel taglio, affermando che “a quei tempi un sacco di ragazzi tedeschi portava i capelli in quel modo”. Eppure, è stato lo stesso George a dire: “è stata Astrid a farci diventare belli”.
Vedi: Addio ad Astrid Kirchherr, la fotografa che "inventò" i Beatles
Fonte: cultura agi