E’ di oltre 400 milioni nel 2023 di euro il fatturato (solo pesci, non molluschi) della piscicoltura italiana nel 2023. E’ quanto rendono noto Confagricoltura e l’Associazione piscicoltori Italiani (Api) con un’analisi di mercato sull’allevamento di pesce in Italia e nell’ambito di una presentazione di un case history aziendale: l’azienda Agroittica Toscana con stabilimento di acquacoltura a Piombino (Livorno) e una produzione annua di oltre 2600 tonnellate. L’impresa è specializzata nell’allevamento di spigola, orata e ricciola con 48 gabbie di allevamento all’interno del golfo tra Piombino e Follonica, in Toscana. Il report di Confagricoltura e Api registra che in Italia sono presenti 800 siti produttivi di acquacoltura concentrati per il 60% al Nord, il 15% al Centro e il 25% al Sud. Le specie ittiche sono 25, allevate in ambienti diversi: acqua dolce, lagune, mare. Il pesce più allevato è la trota: oltre 30.000 tonnellate e più di 280 milioni di uova embrionate. Seguono orata e spigola, con 17.000 tonnellate. L’Italia produce 160 milioni di avannotti di specie ittiche marine pregiate.
L’Italia inoltre, segnalano Confagricoltura e Api, è leader europeo e secondo Paese al mondo dopo la Cina, nella produzione di caviale di storione, con più di 65 tonnellate (2023). Sotto il profilo dei consumi il Belpaese è il primo consumatore al mondo di spigole e orate, “ma solo poco più del 20% – registra lo studio di mercato – è prodotto da allevamenti italiani”.
Il consumo attuale dei prodotti ittici (pesca e acquacoltura) in Italia raggiunge i 30 kg pro capite. A fronte di oltre 8.000 km di coste “sono attualmente attive solamente – rimarcano i ricercatori- 20 concessioni off-shore per maricoltura”. La produzione italiana di prodotti ittici (pesca e acquacoltura) è di 2,05 kg pro capite. “Serve – commenta Adrea Fabris, direttore dell’Associazione piscicoltori italiani – più spazio per l’acquacoltura. Noi stiamo mangiando pesce che viene all’80% da altri Paesi. Ci sono 8 mila km di costa in Italia e ci sono 20-21 concessioni. E’ troppo poco. E ci sono aree che sarebbero idonee.”
Fonte: ANSA