La Galleria Tiziana Di Caro prosegue la sua attività espositiva volta alla promozione e alla divulgazione di linguaggi plurimi e di nuovi talenti e inaugura il nuovo anno con la prima mostra personale di Teresa Gargiulo (Vico Equense, 1996), giovane artista vincitrice della tappa partenopea del JaguArt.
La costruzione di una identità concettuale forte ma non univoca è alla base del programma della galleria, che condivide con gli artisti e le artiste con cui lavora un percorso di crescita e di ricerca. La pratica di Teresa Gargiulo interroga la possibilità con cui il segno può rappresentare l’esistenza, nella costante tensione tra il dire e l’esistere, tra lo spazio della vita e lo spazio dell’opera. Come disegnare un’isola è il titolo che accompagna la mostra, una costellazione di segni scritturali e mappe emozionali che registrano un percorso di variazioni e imperfezioni di una stessa lingua, svincolata da ogni pretesa oggettiva di significare. Del linguaggio rimane, con lo scorrere dello sguardo sulle opere, solo una traccia e la scrittura diviene disegno, un insieme di linee che restituiscono una geografia di luoghi irreali, leggeri e informi, quasi esito di un flusso di coscienza o di uno stato di trance. Il segno si afferma e si annulla, tra ripetizione e oblio, alla ricerca della possibilità di coniugare il racconto con il sé e il mondo. Con la sua capacità di agire sulla sensibilità l’arte può favorire un rapporto di riflessione ed empatia rispetto al contesto, specialmente in un momento storico così precario come il nostro, catalizzando pensieri, visioni ed emozioni.
Tiziana Di Caro ha risposto ad alcune domande a proposito di com’è cambiato il lavoro nell’arte nell’epoca dell’emergenza socio-sanitaria e di come ha reagito alla crisi continuando a credere nell’apporto della ricerca artistica.
INTERVISTA A TIZIANA DI CARO
Nel mondo delle gallerie com’è cambiato il lavoro durante l’emergenza sanitaria?
Non potendo viaggiare per vedere mostre altrove, o fare fiere, ci siamo potuti concentrare su un unico segmento, che per fortuna è quello più importante in assoluto: il programma in galleria. Devo dire che non è cambiato molto, soprattutto nella quotidianità.
Ci mancano molto le inaugurazioni e le tante persone che si aggirano per i nostri spazi alla ricerca di un contatto con noi o con gli artisti. Tutti gli artisti, anche i più timidi, amano essere celebrati. E per noi galleristi avere tanta gente è sempre una manifestazione di stima e di attenzione. Ma siamo onesti: il lavoro può essere gestito egregiamente nell’arco di tempo durante il quale la mostra si estende.
Da quando è finito il lockdown abbiamo deciso di riformulare la nostra programmazione e riprendere l’attività espositiva con regolarità, cercando di far fronte alle conseguenze che la pandemia ha generato e sta generando. Abbiamo posticipato le mostre degli artisti stranieri come Shadi Harouni, Damir Ocko e Oscar Santillan a dopo l’estate 2021, concentrandoci sugli artisti con cui può essere meno difficoltoso lavorare, quindi Tomaso Binga che sta a Roma, Teresa Gargiulo che è della provincia di Napoli e Stanislao di Giugno che vive a Roma. Stiamo lavorando riducendo al minimo gli spostamenti.
Qual è stata la risposta del pubblico?
Dopo la scorsa estate la gente ha ripreso a venire in galleria con regolarità. C’è stata una battuta d’arresto prima della zona rossa, ma subito dopo i nostri visitatori sono tornati. Mi riferisco a quelli geograficamente più vicini.
Preferisco immaginare questa inversione di marcia, questo blocco totale, come una possibilità di ripristino, atta a far ritrovare, a ognuno di noi, il proprio equilibrio: tra le mostre in galleria, le fiere, le trasferte. Anche se sono convinta che bisogna smettere di illudersi che andrà tutto bene, piuttosto dobbiamo continuare a rimboccarci le maniche e tenere alta la guardia.
ARTE, TECNOLOGIA, EMERGENZA
Come si può continuare a mettere in evidenza il valore dell’arte volgendo lo sguardo all’innovazione, in particolare verso quella tecnologica, considerando l’uso misto di media diversi, di formati e contenuti digitali?
Non so bene come rispondere a questa domanda, perché per me l’arte è un valore di per sé. Il solo fatto di avere a che fare con gli artisti, che sono persone con doti extra ordinarie, è un privilegio e un grande valore.
I contenuti digitali possono essere delle ottime appendici, e ci sono molti strumenti interessanti attraverso i quali documentarsi. Anche a me capita in continuazione di vedere sul web opere che mi sembrano interessantissime, belle e mi incuriosiscono, ma considero queste intuizioni degli spunti. Questo per quanto riguarda la fruizione delle opere.
Ammetto che mi fa molto piacere partecipare a conferenze, convegni, interviste e simposi che si svolgono all’altro capo del mio mondo. E questo mi auguro rimanga anche dopo la pandemia. Di fatto io le opere le voglio vendere in galleria, gli artisti li voglio andare a trovare negli studi, e le mostre le voglio vedere nei musei, nelle gallerie e nelle fondazioni.
Con la cultura in uno stato di emergenza a causa della pandemia in che modo si mantiene vitale il rapporto tra la galleria, il pubblico e gli/le artisti/e? E come si lega tale rapporto allo spazio del web? Bisogna forse creare nuovi modi per dialogare con il pubblico?
Finché non si potrà viaggiare liberamente sarà importante insistere sul web. La galleria partecipa a diversi progetti e fiere online. Devo ammettere che rispetto a qualche mese fa osservo con occhio molto più attento le piattaforme di vendita o promozione online e decido con più cognizione se e dove aderire. Questo è sintomatico di un cambiamento di attitudine, nel senso che prima neanche le guardavo. Nonostante tutto per me questa situazione rimane strettamente connessa all’emergenza. Se il mio lavoro dovesse ridursi alla sola dimensione web, credo che smetterei di occuparmi di arte in maniera professionale e la galleria non esisterebbe più.
Recentemente ho parlato con degli amici, che hanno frequentato la mia stessa università, di quanto fossero importanti e illuminanti i sopralluoghi che i nostri professori ci invitavano a fare durante i corsi. A fronte di lezioni di storia dell’arte fatte da professori bravissimi, l’osservazione delle opere dal vero ci metteva in condizione di capire veramente e velocemente quello che stavamo guardando e quello che avevamo studiato. Poteva piacerci, come anche no, però riuscivamo a entrarci e questo era possibile solo grazie alla fruizione dal vero. Questo esempio mi serve per ribadire che il web può essere uno strumento molto importante per promuovere le attività e far conoscere il nostro lavoro. Ma questo lavoro dipende soprattutto dal dialogo, dal confronto diretto: l’arte va contemplata, guardata, ammirata come anche detestata e disprezzata. Farlo dal vero per me è indispensabile.
PUNTARE SUI GIOVANI ARTISTI
Negli ultimi tempi la galleria sembra aver reagito all’emergenza con progetti in continuità con la propria linea concettuale ed espositiva, come la mostra di Tomaso Binga, ma anche con l’apertura alla visione di artisti e artiste giovani, è il caso di Teresa Gargiulo. Quanto e perché è importante sostenere l’arte giovane in un momento di emergenza sociale e culturale?
Certo, non avrebbe senso snaturare il programma della galleria e posso confermare che l’inserimento di Teresa Gargiulo è in totale continuità con quello che la galleria propone da sempre. In più sono convinta che sostenere l’arte giovane sia necessario, non solo in un momento di emergenza sociale o culturale. È fisiologico per una galleria d’arte contemporanea non solo osservare il presente, ma anche immaginarsi il futuro, se possibile.
Nonostante questo, l’inserimento del lavoro di Teresa Gargiulo nel nostro programma è avvenuto in maniera insolita. In un momento in cui, effettivamente, non ero alla ricerca di nuove collaborazioni, Teresa ha vinto la tappa napoletana del concorso JaguArt, per il quale io ero in giuria insieme a Ilaria Bonacossa e Fabio Agovino. Di Teresa abbiamo giudicato un lavoro, proclamandola vincitrice, ma quel lavoro era in linea con quello che io, attraverso la mia galleria, indago. Dopo uno studio visit ho appurato che tutto il suo lavoro è incredibilmente in linea con il mio programma. Oltre a essere molto seria, Teresa Gargiulo è un’artista bravissima. Sarei stata pazza, oltre che irresponsabile, a non proporle di lavorare insieme in modo continuativo.
Al di là di tutto, molti degli artisti che la galleria rappresenta hanno fatto la prima mostra personale o la loro prima mostra personale in Italia da me, e da allora non ho più smesso di seguirli; penso a Damir Ocko, Antonio Della Guardia, Shadi Harouni, Lina Selander, Maxime Rossi. Fino a cinque anni fa ancora non avevo lavorato con artisti di generazioni differenti dalla mia, finché non ho realizzato che ci sono molti di loro, non più giovani né giovanissimi, che nel tempo non hanno ricevuto l’attenzione che a mio parere avrebbero meritato. Su queste basi nasce la volontà di lavorare con artisti quali Tomaso Binga, Betty Danon e Simona Weller, per fare solo alcuni esempi.
‒ Francesca Blandino
fonte: airtribune.it