di Livio Mario Cortese
La fondatrice dell’ Associazione Antiracket Antiusura Etnea racconta la propria esperienza, lunga oltre 25 anni, da vittima a militante.
Una devastante esperienza personale e la volontà di trovarle un senso utile anche alla collettività: così nasce l’Associazione Antiracket Antiusura Etnea, voluta da Gabriella Guerini nel 2006 dopo oltre un decennio di militanza antiusura e antiracket.
Le radici affondano nei primi anni ’90, quelli degli omicidi e delle stragi di mafia, dai traumi e dalla volontà di due imprenditori, marito e moglie, determinati a non arrendersi all’estorsione. “Abbiamo iniziato come membri dell’ Associazione Antiestorsione Catanese “Libero Grassi ”, più avanti ce ne siamo distaccati creando il gruppo attuale a Sant’Agata Li Battiati. 14 sono state le organizzazioni antiracket e antiusura nella provincia catanese: il recente scioglimento della maggior parte di queste, voluto dalla prefetta Silvana Riccio, ha però risparmiato l’ASAAE, precisa la dottoressa Guerini: “Alcune di queste servivano solo ad acquisire denaro, e vi figuravano persino personaggi condannati per usura”. I contributi regionali percepiti dall’organizzazione di Battiati, si precisa, vengono impiegati in attività e servizi: “Assistenza legale, fiscale e psicologica, prevenzione del reato di usura, iniziative culturali che ci hanno visti agire nelle scuole e nelle università, senza trascurare i luoghi più degradati della provincia”.
Da quartieri come San Cristoforo, Picanello e S.G. Galermo, fino alle zone funestate dalla mafia agricola, la cultura della legalità cerca di diffondersi. Ma, purtroppo negli ultimi anni, i riscontri non sembrano positivi. “Il sindaco di Battiati qui non è mai neanche entrato”, lamenta la signora Guerini, notando tra l’altro uno scarso interesse delle scuole dinanzi alle tematiche di usura ed estorsione. Ma, se rivolgersi all’ASAEE è immediato, il riscontro con gli esercenti sarebbe attualmente minimo: “Da oltre un anno nelle città siciliane non si parla più di usura, gli estortori non vengono denunciati: c’è un vuoto omertoso, soprattutto da parte dei giovani, dinanzi all’esigenza pressante del denaro”. Sintomatica la minima reazione ad un momento di sensibilizzazione attraverso varie attività commerciali catanesi, presenti anche esponenti delle forze dell’ordine: “Si invitavano i negozianti ad esporre il nostro simbolo: il giorno dopo gli adesivi erano spariti”.
Diversa la situazione negli anni ’90, quando – ci viene detto – anche nei paesi più remoti dell’Isola il tema aveva una profonda risonanza, con incontri pubblici animati da imprenditori coraggiosi e persone che dal confronto con l’associazione avevano effettivamente tratto beneficio.
Centinaia i casi raccolti nei faldoni che ci indica la presidente Guerini: un archivio di vicende lungo decenni, che le pagine elettroniche possono rendere con difficoltà. Sul campo, la prossima iniziativa pubblica vedrà l’associazione coinvolta, domenica 29 luglio al Parco Paternò del Toscano, nella presentazione di un Premio Legalità condotta dal regista teatrale Giovanni Anfuso.