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La Sicilia e la Resistenza

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I Siciliani nella Resistenza,
a cura di T. Baris e C. Verri (Sellerio ed.)

di Lillo Venezia

     E’ un libro di più autori, originato dagli atti di un convegno e pone almeno due problemi. In primo luogo quello della relazione della Sicilia con la Resistenza, atto fondativo della democrazia italiana del secondo dopoguerra. In secondo luogo quello della riconoscibilità nella società di oggi di questa origine, come riconoscibilità dei valori da essa affermati e fissati nella Carta costituzionale.
La Sicilia com’è noto non fu teatro della lotta di liberazione. Alla data dell’8 settembre l’isolaera già occupata/liberata dagli Alleati Anglo –americani. L’armistizio che quel giorno fu annunciato, ovvero la resa dell’Italia, fu conseguenza di quella occupazione, pertanto la società siciliana non fu travolta, come avvenne nel resto d’Italia, dal caos che ne seguì a causa della fuga del re e del capo del governo maresciallo Badoglio,che abbandonarono l’esercito senza precise direttive. Quel gesto lasciò l’Italia in balia dei tedeschi e mise gli italiani nella condizione di dovere scegliere da che parte stare, se con il re o con il fascismo, che nella confusione generale e con l’aiuto dei tedeschi stava rinascendo nella sua forma repubblicana.Per molti il rifiuto di collaborare con i tedeschi e di aderire alla neonata Repubblica Sociale Italiana non significò però stare dalla parte del re, ma significò cercare una diversa e nuova opzione, quella appunto di creare una unità politica e militare che potesse progettare una nuova convivenza democratica.
Molti siciliani furono coinvolti ugualmente nella tragedia e nella scelta. Si trattava di quanti erano sotto le armi sul Continente o in altre zone di guerra (Iugoslavia, Grecia). Lo scioglimento dell’esercito lasciò questi soldati in balia di se stessi, nella impossibilità di tornare a casa per via della difficoltà ad attraversare la linea del fronte che man mano si spingeva verso nord dopo l’occupazione alleata della Calabria e della Puglia. Proprio questa difficoltà fu causa di una massiccia partecipazione di siciliani, ufficiali e soldati, che trovarono riparo prima presso famiglie delle varie regioni in cui il disastro li aveva colti e poi nelle bande partigiane. Si trattò di una grande momento di solidarietà che affiancò e fece fraternizzare Terroni e Polentoni in una Italia ancora molto diversa al suo interno per grado di sviluppo, usi e costumi e perfino per la incomunicabilità delle parlate regionali. Una differenza paragonabile a quella che oggi passa tra noi e i molti rifugiati asiatici e africani che sbarcano sulle nostre coste.
In tutte le regioni in cui si combatté dal 1943 al 1945 i Siciliani furono i più numerosi tra i meridionali che aderirono alle bande partigiane di qualsiasi tendenza, talvolta anche in posizioni di alta responsabilità militare e politica. Il libro ricostruisce le fasi di questo incontro, di questa nuova unità d’Italia che nasceva dal basso e racconta le gesta di molti dei protagonisti. Ma si pone anche il problema di quanto abbia inciso l’esperienza partigiana quando molti dei reduci della lotta di liberazione tornarono alle loro case in Sicilia, in una regione che non aveva conosciuto l’aggressione nazifascista alla società (si pensi soltanto alla differenza riguardo l’evoluzione delle persecuzioni razziali a cui gli alleati posero fine mentre nei territori controllati dai nazifascisti si inasprirono con l’avvio delle deportazioni in massa e delle uccisioni).
Altra questione importante che non riguarda solo la Sicilia, ma la società italiana nel suo complesso è quella del valore attuale dell’eredità della Resistenza e della festa del 25 aprile che la ricorda. Visto dalla Sicilia, dalla terra che conobbe solo indirettamente la Resistenza, questa questione ha un valore particolare perché fa riferimento alla capacità di diffusione e radicamento della democrazia. Il fatto stesso che ogni 25 aprile generi un dibattito e una messa in discussione, un riesame di quella storia costituisce, secondo gli autori del libro, una riprova della vitalità di quella eredità. Un fare i conti con il cambiamento della società, con le diverse tappe della sua evoluzione, non sempre lineari e non sempre rassicuranti; mostra quanto sia ancora preziosa quella storia di incontri tra uomini e donne diversi tra loro, intenzionati a cercare e a creare un nuovo modo di convivenza rispettoso della dignità di ognuno.

(con la collaborazione del prof.Rosario Mangiameli)