Per combattere la crisi è necessario tornare alle fondamenta della nostra Italia.
L’Italia è ancora una nazione fondata sul lavoro?
Quale lavoro?
Abbiamo imprese, quelle che ancora resistono alla crisi, che assumono solo con agevolazioni e sgravi fiscali; abbiamo chi potrebbe avere la possibilità di qualche lavoro saltuario che grazie ai sindacati che pensano solo al loro tornaconto, lo hanno super burocratizzato.
Come fa un anziano che avendo qualche doloretto ha bisogno di una mano per qualche faccenda per qualche ora?
Le faccende devono aspettare che si collega tramite internet per la registrazione all’INPS. Per non parlare della mancata possibilità di qualche lavoretto sporadico per qualche impresa che si ritrova 6 dipendenti ma non hanno la competenza per fare tale lavoretto.
Ma è così difficile per i nostri rappresentanti politici rendersi conto della reale situazione del Paese?
Dal 1. Gennaio 2018 entra in vigore la misura unica a livello nazionale a contrasto alla povertà e all’esclusione sociale.
Il ReI è condizionato all’adesione a un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa. Viene riconosciuto in particolare agli appartenenti ad un nucleo familiare con valore dell’ISEE, in corso di validità, non superiore a 6.000 euro e un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20.000 euro.
Precedentemente a questa misura con il decreto interministeriale del 26 maggio 2016 era previsto il Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA) ovvero una misura di contrasto alla povertà con l’erogazione di un beneficio economico alle famiglie in condizione di povertà nelle quali almeno un componente fosse minorenne oppure presente un figlio disabile (anche maggiorenne) o una donna in stato di gravidanza accertata.
Per godere del beneficio, il nucleo familiare del richiedente doveva aderire ad un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa sostenuto da una rete integrata di interventi, individuati dai servizi sociali dei Comuni.
Da luglio 2016 i cittadini in possesso dei requisiti hanno presentato la richiesta per il SIA.
In Puglia questa misura è stata sostituita dal progetto ReD: Reddito di Dignità. Il contributo a sostegno del nucleo famigliare viene erogato dalla misura SIA statale mentre la quota relativa al tirocinio tramite il ReD. Il tirocinio ReD prevede l’erogazione su social card di 200 euro mensili in cambio di prestazione lavorativa per 18 ore settimanali.
Ci troviamo madri e padri che con l’auspicio di una futura sistemazione lavorano per 2.77 euro all’ora.
Questa è dignità o lavoro sommerso autorizzato?
Un progetto ottimo sulla carta che nei fatti vede il suo reale avvio grazie al supporto degli operatori dei servizi sociali dietro troppo burocrazia e pochi fatti.
“Troppi intoppi e differenze di trattamenti che sembrano essere il frutto di anni di permissivismo e assistenzialismo. E’ il momento di chiudere i rubinetti ai contributi economici facili. Se una persona vuole il sussidio economico deve ottenerlo in cambio di prestazione di servizi alla comunità in base alle proprie competenze. Ma aspettare un anno per l’avvio dei progetti lavorativi mi pare troppo. Come lo è il lavoro nero autorizzato per l’importo di 2.77 euro all’ora. Le nostre città hanno bisogno di servizi alla persona, al turista, al territorio che potrebbero garantire i fruitori di tali sostegni economici in cui includerei anche i percettori di disoccupazione. Garantendo sempre gli interessi dei minori e dei diversamente abili, è necessario che non ci sia più assistenzialismo gratuito ma neanche sfruttamento legalizzato. Naturalmente chi rientra a pieno in questi progetti dovrebbe anche avere la garanzia di avere una sorta di congelamento delle tasse e imposte arretrate. Sarebbe anche auspicabile un alleggerimento della pressione fiscale per le imprese che assumono a prescindere dall’età del lavoratore. Il nostro Paese deve ritornare alle sue fondamenta: il lavoro” – commenta sull’argomento in presidente nazionale di Confedercontribuenti Carmelo Finocchiaro.