“L’individuazione dei Paesi sicuri avviene in applicazione dei criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea ed è frutto di un procedimento complesso di carattere politico e amministrativo, che tiene conto di informazioni in alcuni casi anche riservate e provenienti dell’intelligence e di valutazioni politiche, legali e sociali, che richiedono competenze specialistiche che il singolo magistrato non può avere”. Lo ha detto il sottosegretario all’Interno, Wanda Ferro, durante l’esame in aula alla Camera sul decreto flussi. “La nuova elencazione – ha sottolineato – è resa ‘in applicazione dei criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea e dai riscontri rinvenuti dalle fonti di informazione fornite dalle organizzazioni internazionali competenti”. “Resta naturalmente indiscussa – ha spiegato – la prerogativa del magistrato di valutare, nel caso concreto, se quel Paese, sicuro in linea generale, lo sia, nello specifico, per il soggetto di cui si parla, spiegando in maniera esaustiva e completa, caso per caso, quali siano le ragioni per cui per un determinato individuo richiedente protezione internazionale un determinato Paese non è ritenuto sicuro. Passando cioè, per usare le parole del presidente emerito della Consulta Mirabelli, ‘da un’insicurezza tabellare a un’insicurezza specifica in rapporto a un singolo individuo'”.
“Ma definendo un paese insicuro in via generale e non nel caso concreto si rischia di arrivare al paradosso di definire insicuri la quasi totalità dei Paesi del mondo, con la conseguenza di paralizzare il sistema delle procedure accelerate di frontiera così come disegnato proprio dalla normativa europea”. L’Italia – ha affermato – “si troverebbe tra l’altro nella situazione paradossale di dover rendere conto in sede europea della mancata tutela dei confini esterni dell’Unione. La Corte di Giustizia, infatti, afferma che non si puo’ designare un Paese terzo come Paese di origine sicuro soltanto per una parte del suo territorio. Solo in questo caso il giudice puo’, peraltro nel contesto della complessiva istruttoria, negare la qualificazione di Paese sicuro effettuata a livello nazionale, mentre e’ da escludersi che sulla base di indicazioni che attengano ad elementi diversi da quello della necessita’ che non ci siano deroghe relative a parti di territorio, il giudice possa disapplicare il decreto di individuazione dei Paesi sicuri, che come dicevo attiene all’esercizio di una competenza espressamente riservata agli Stati membri proprio dalla direttiva del 2013”, ha concluso. (AGI)