“Abbiamo perso una figlia di questa terra. E in questa storia, ogni ulteriore silenzio lascia il sapore di una impotenza omertosa”. “Se Antonella, ormai, non può più parlare, noi invece che abbiamo ancora una coscienza sensibile, abbiamo il dovere di non rimanere più in silenzio”. È un lungo appello la lettera che l’Arcivescovo della Diocesi di Bari – Bitonto, Mons. Giuseppe Satriano, fa dopo alcuni giorni dalla morte della 19enne Antonella Lopez, avvenuta in un lido discobar di Molfetta, “diventata scenario drammatico in cui terrore e dolore hanno sopraffatto il divertimento e lo svago”. “Non cadiamo nel subdolo tranello di rovistare nell’albero genealogico della vittima alla ricerca di parentele che possano significare responsabilità – sottolinea Satriano -: quella ragazza è stata uccisa senza alcun motivo, è una vittima innocente. Antonella non è stata l’unico bersaglio di quella notte assurda. Altri quattro sono stati feriti ma nessuno di loro ha voluto parlare. Sono stati omertosi nonostante avessero perso un’amica”. L’Arcivescovo, poi, fa riferimento alle parole del presunto “assassino (il 21enne Michele Lavopa, ndr), secondo cui è normale avere una pistola, portarla con sé quando si è in giro con gli amici o quando si va in un locale per ballare. Ed è ancora più sconcertante sentirgli dire che è normale farsi giustizia da soli. Prevale il fai-da-te sulle più elementari norme del buon senso e del vivere comune. Sembra avere la meglio il relativismo che ha minato le basi di un sistema di valori essenziali condivisi. Questo dramma rimarca la grande facilità con la quale oggi si possono reperire armi da fuoco e la loro circolazione incontrollata, soprattutto nel mondo giovanile”. E rimarca: “Le famiglie criminali nel nostro territorio sono vive e si riorganizzano, ridefinendo gli spazi della loro azione, alimentate da un sottobosco di connivenze che affondano le radici nel nostro tessuto sociale”. Satriano fa un appello ai cittadini: “non possiamo chiudere gli occhi e delegare solo alle forze dell’ordine, alla magistratura, un impegno che argini il dilagare della loro azione. Anche noi, come singoli e comunità civile, ecclesiale, siamo chiamati a operare scelte di vita che sappiano esprimere, con autorevolezza, il no alla compiacenza, a forme di compromesso, e a ribadire un forte impegno educativo delle istituzioni, di tutti, che possa nutrire le nuove generazioni in ordine a una cultura più comunitaria, meno individualista e autoreferenziale”. E poi conclude “Voglio appellarmi alla mia coscienza e a quella di tutte le donne e gli uomini che sentono bruciare il dolore per quanto è accaduto e che non vogliono dimenticare. Voglio appellarmi alle Istituzioni educative, perché in un Paese che invecchia non possiamo accettare di perdere i nostri giovani, i nostri figli. Voglio appellarmi alle Istituzioni preposte alla vita sociale e politica, perché i nuovi fenomeni anche positivi che muovono il denaro e l’economia nella loro rapidità di sviluppo non offrano occasioni straordinarie per le organizzazioni criminali ai fini del riciclaggio di denaro sporco”. (AGI)