Di Ferruccio de Bortoli
” La platea Se sommiamo agli anziani fragili le famiglie coinvolte e gli operatori arriviamo a dieci milioni di persone ” Il confronto Altri Paesi hanno già adottato una legge in materia: la Germania dal 1995, la Francia dal 2002, la Spagna dal 2006
Nella rappresentanza degli interessi, e soprattutto dei bisogni, non conta essere in tanti. E ancora di meno avere qualche ragione. Decisivo è il potere di farsi sentire di più. Chiamiamolo fattore grida.
Se poi ci si occupa di servizi pubblici
— come accade in questi giorni per i trasporti — e dunque si presidiano snodi fondamentali della vita pubblica — la capacità di incidere sulle scelte contrattuali o legislative sale in maniera esponenziale fino ad assumere qualche volta la forma del ricatto.
L’era dei sindacati generalisti, che forse avevano un’idea romantica di difesa del cittadino a tutto tondo, è tramontata da tempo. Al contrario, le minoranze più agguerrite, le corporazioni e le lobby di maggiore influenza vivono una stagione di insana ribalta. E quando, ogni anno, si apre la fiera delle richieste e delle pressioni delle categorie, per ottenere qualche attenzione dalla legge di Bilancio, il loro potere negoziale, il loro peso specifico, oscurano spesso questioni di carattere più generale, di cui i partiti stentano ad assumere la procura, nonostante siano votati anche per quello.
Può accadere, di conseguenza, che i cittadini più fragili scoprano di essere indifesi e dimenticati.
Se siamo un Paese civile e solidale (e lo siamo grazie a un grande capitale sociale e tanto volontariato) dovremmo chiederci tutti perché la questione dell’assistenza agli anziani non autosufficienti (3,8 milioni di persone) non assuma mai il carattere di un’emergenza, una priorità della politica. Se sommiamo agli anziani fragili l’insieme delle famiglie coinvolte e gli operatori professionali arriviamo a una platea di circa dieci milioni di persone. Non poche. Altri Paesi hanno adottato da tempo una legge in materia: la Germania dal 1995, la Francia dal 2002, la Spagna dal 2006. Il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) ha reso inevitabile una riforma anche in Italia. Dopo la legge delega del marzo del 2023, elaborata già ai tempi di Draghi, nella primavera di quest’anno, il governo Meloni ha emanato il decreto attuativo della riforma che però è bloccata. Non c’è ancora un servizio domiciliare pubblico progettato per la non autosufficienza. Quelli esistenti, pur lodevoli, hanno altre priorità. I 2,7 miliardi stanziati dal Pnrr non servono per la domiciliarità bensì per attività di controllo e monitoraggio (una visita al mese). Non è stata cambiata l’indennità di accompagnamento (528 euro mensili) graduandola ai bisogni delle famiglie. Oggi è incredibilmente uguale per tutti. Anche per chi ha redditi elevati. Non si regolarizza l’esercito delle badanti e dei badanti (il doppio dei dipendenti del Servizio nazionale) per premiarli impiegandoli in modo regolare. C’è solo un bonus temporaneo di cui beneficia solo il 2 per cento degli anziani. Una badante o un badante spesso è un lusso.
Il Patto per il nuovo welfare sulla non autosufficienza, che riunisce 60 associazioni della società civile, ha ottenuto che il Pnrr si occupasse di anziani ma ha anche scoperto amaramente che il «lobbismo buono» fatica a trovare ascolto. La realtà amara è che non vi sono risorse sufficienti. Ma si stenta a dire la verità. Perché sarebbe oscena. È imbarazzante non solo per i governi che si sono succeduti ma anche per la società nel suo complesso. Tendiamo tutti a rimuovere le conseguenze dell’invecchiamento della popolazione. A credere, con una certa dose di irresponsabile fatalismo, che forse a noi, ai nostri cari non toccherà. Un destino esclusivamente familiare, privato. Un Paese che ha aumentato la spesa pubblica del 40 per cento negli ultimi cinque anni — come scritto ieri dal Sole 24 Ore — è stato generoso con tutti meno che con i suoi cittadini con la salute più precaria. Gli studi dimostrano inoltre che avere in casa una persona non più autosufficiente, magari colpita da deficit cognitivi, costretta a letto, non più in grado di lavarsi, costituisce il più micidiale acceleratore della povertà.
La riforma ha un costo a regime tra i 5 e i 7 miliardi, impossibili da trovare subito. Ma ci si può arrivare per passi successivi. L’estesa rete del welfare privato, il mondo delle fondazioni sono alleati preziosi se vi è una sufficiente volontà politica oltre a una maggiore pressione dell’opinione pubblica. La nostra società invecchia inesorabilmente e sarebbe addirittura crudele che scaricasse il problema, ancora una volta, sui giovani, peraltro pochi, specie non abbienti. Non è improponibile l’idea di un’assicurazione obbligatoria opportunamente incentivata. Ma al di là dei temi assistenziali ed economici, vi è una grande questione di civiltà. Chi non è autosufficiente, non assistito adeguatamente e solo, non è più un cittadino. Fragile due volte. Invisibile.
Fonte: Corriere