La soluzione individuata non è idonea, ecco perché – in estrema sintesi – i giudici del Riesame hanno detto no ai domiciliari per Paolo Emilio Signorini, in carcere dal 7 maggio scorso. L’ex ad di Iren potrà andare ai domiciliari non appena verrà trovata dai suoi difensori una sistemazione idonea e a patto che questi domiciliari siano “blindati” con “l’assenza di contatti con persone diverse dai conviventi”. È quanto scrive il Riesame. In particolare, visto che Signorini è “privo di mezzi di sussistenza” (è stato recentemente licenziato da Iren, senza stipendio, ndr) i congiunti dovranno chiarire se intendono o meno “assumersi sia l’impegno a soddisfare le esigenze quotidiane dell’indagato, provvedendo a tutte le sue materiali necessità, sia l’impegno a provvedere economicamente al suo mantenimento”. I giudici Massimo Cusatti, Luisa Avanzino e Marina Orsini in alcuni passaggi sottolineano le “condotte ampiamente descritte in atti” attraverso le quali Signorini ha cercato di “dissimulare la ricezione delle utilità ricevute” e le definiscono indicative di “una certa pervicacia nella condotta delittuosa” anche recente, con “il nuovo incarico in sede a Iren” spiegano con riferimento alla consulenza da 200mila euro a Mauro Vianello. Adesso gli avvocati di Signorini dovranno presentare una nuova istanza che soddisfi le problematiche sollevate dal Riesame. L’ex ad di Iren e ex presidente dei porti di Genova e Savona è l’unico degli indagati ad essere in carcere. (AGI)