Sembra essere esaurito il rally del dollaro: sul valutario, la divisa statunitense ha subito un’inversione di tendenza, in quanto gli investitori scommettono che con l’inflazione Usa cresciuta meno delle attese, la Fed sia sulla buona strada per tagliare i tassi di interesse. Il mese di maggio potrebbe essere per il biglietto verde, che a metà aprile aveva guadagnato fino al 5%, il primo mese dell’anno che registra un calo. Il fatto è che i prezzi crescano meno del previsto ha contribuito a placare i timori che la Fed possa non essere in grado di tagliare i tassi di interesse quest’anno, o addirittura debba alzarli di nuovo dal livello attuale (al top da 23 anni) proprio per tenere sotto controllo la crescita dei prezzi. Venerdì scorso, l’euro è passato di mano a 1,0877 sul dollaro (+0,09%) il quale a sua volta è stato scambiato a 155,29 yen, in calo dello -0,06%. Secondo quanto dichiarato al Financial Times da Athanasios Vamvakidis, responsabile della strategia di cambio del G10 presso Bank of America, “i dati sull’inflazione americana hanno fatto sì che un altro rialzo dei tassi sia fuori discussione e che ora sia solo questione di tempo prima che inizino a tagliare”. Sarebbe quindi questa la narrativa del mercato, sempre che non accadano altre sorprese come a febbraio e marzo quando l’inflazione aumentò oltre le previsioni. Ciò portò gli operatori a ridurre drasticamente le loro scommesse sui tagli dei tassi, mentre gli hedge fund ridussero le loro scommesse ribassiste contro la ripresa del dollaro. Ma ora dopo che i nuovi dati hanno mostrato un calo dell’inflazione al 3,4%, i trader hanno alzato le loro scommesse sulla possibilità che la Fed effettui due tagli dei tassi di un quarto di punto quest’anno. Attualmente le previsioni di mercato indicano 46 punti base per la Fed nel 2024 (contro i 68 punti base per la Bce).
Conseguentemente, mercoledì scorso (quando sono stati pubblicati i dati sull’inflazione), il dollaro ha vissuto la sua peggiore giornata dell’anno. Nonostante un parziale rimbalzo nel corso della settimana, questo mese sta registrando un ribasso dell’1,4% sulle altre valute. Per gli analisti, però, è ancora presto per parlare di una debolezza del dollaro: “Penso che ci troviamo a un punto di svolta, ma che ci troveremo ad arrancare per un periodo di tempo indeterminato”, ha dichiarato a FT Kit Juckes, stratega dei cambi presso Société Générale. Intanto, il rendimento di riferimento del Treasury a 10 anni – un fattore chiave per i prezzi degli asset in tutto il mondo – è sceso al 4,3%, dopo aver raggiunto il 4,7% alla fine del mese scorso: i rendimenti scendono mentre i prezzi aumentano. Si tratta di una notizia gradita ai banchieri centrali di tutto il mondo, che hanno dovuto affrontare l’aumento dei rendimenti del Treasury statunitense e la persistente forza del dollaro. Ciò è avvenuto in particolare in Giappone, dove si ritiene che il Ministero delle Finanze abbia venduto circa 59 miliardi di dollari nelle ultime settimane per sostenere la sua valuta in difficoltà. “Un dollaro più debole rende la vita un po’ più facile a Tokyo”, ha dichiarato a FT Chris Turner, stratega valutario di ING, sottolineando che la valuta giapponese è più sensibile alle variazioni delle aspettative sui tassi statunitensi che all’aumento dei costi di prestito nel proprio mercato. Inoltre, il fatto che stiano evaporando le aspettative di un possibile rialzo dei tassi Usa potrebbe anche aumentare il margine di manovra della Banca Centrale Europea, che secondo le previsioni dovrebbe iniziare a tagliare i tassi di interesse a giugno. Il Presidente della Bce Christine Lagarde ha detto chiaramente che l’Europa può iniziare a ridurre i costi di finanziamento prima della Fed. Ma se la banca centrale statunitense dovesse alzare ancora i tassi quest’anno, mentre in Europa i tassi scendono, ciò potrebbe mettere in crisi l’Euro. (AGI)
PIT