È morto all’età di 77 anni Paul Auster, poliedrico scrittore e regista americano che è stato uno dei grandi cantori di New York insieme a Woody Allen e Lou Reed. La sua trilogia sulla Grande Mela, ‘Città di vetro’ del 1985, ‘Spettri’ del 1986 e ‘La stanza chiusa’ del 1987, raccontò la metropoli attraverso la parodia di una ‘detective story’ e fu subito acclamata dalla critica. Tradotto in oltre 40 lingue, tra le sue opere più importanti ci sono anche ‘Moon Palace’ del 1989, ‘La musica del caso’ del 1990, ‘Il libro delle illusioni’ del 2002 e ‘Follie di Brooklyn’ del 2005.
Auster si è spento nella sua casa di Brooklyn per le complicazioni di un cancro ai polmoni. Protagonista della letteratura postmodernista americana insieme ai suoi amici Thomas Pynchon e Don DeLillo, ha saputo raccontare solitudini, angosce e nevrosi dell’uomo di oggi, alla ricerca dell’identità e del significato della propria esistenza.
Dopo gli studi alla Columbia University, nel 1970 Auster si recò a Parigi dove lavorò come traduttore fino al ritorno a New York nel 1974. L’esordio letterario furono le poesie e i racconti pubblicati sulla ‘New York Review of Books’ e sulla ‘Harper’s Saturday Review’. Poi arrivarono i romanzi, ‘Il paese delle ultime cose’ (1988), ‘Il palazzo della luna’ (1989), ‘La musica del caso’ (1991, dal quale Philip Haas trasse un film nel 1993), ‘Leviatano’ (1992), ‘Mr. Vertigo’ (1994) e ‘Timbuctù’ (1998).
Nel cinema è stato regista e sceneggiatore dei film ‘Smoke’, diretto insieme a Wayne Wang, e di ‘Blue in the Face’. Nel 1998 diresse ‘Lulu on the Bridge’, interpretato da Willem Dafoe e Harvey Keitel.
Il suo ultimo romanzo, ‘Baumgartner’, era uscito nel 2023 in coincidenza con l’annuncio della sua malattia. In Italia le sue opere sono state pubblicate da Einaudi. (AGI)