di FERRUCCIO DE BORTOLI
Quando Mario Monti, presidente del Consiglio — ormai un’era geologica fa — si sentì chiedere all’improvviso da Barak Obama che cosa stessimo facendo sulla cybersecurity ,fu istintivo per lui voltarsi verso i suoi accompagnatori. Con un’aria sinceramente interrogativa. Di che cosa esattamente stava parlando il presidente degli Stati Uniti?
Cominciò allora un cammino virtuoso. Tutto grazie a un provvedimento del 2013, la prima disciplina della materia. Si coinvolsero 45 atenei, circa 200 docenti universitari, la struttura dei Servizi, istituzioni scientifiche e culturali e ovviamente le aziende più tecnologicamente avanzate. Con il governo Gentiloni, nel 2017, si creò una struttura ad hoc, all’interno del Dis, il Dipartimento informazioni per la sicurezza. Nel 2021, con l’esecutivo Draghi, dopo il clamoroso attacco hacker ai dati sanitari della Regione Lazio, venne costituita l’agenzia nazionale per la cybersecurity (Acn) oggi presieduta dal prefetto Bruno Frattasi. Il suo predecessore, Roberto Baldoni, esce in questi giorni con un saggio (Charting digital sovereignty, a survival playbook) sul tema del controllo statale del cyberspazio, sulla sicurezza nazionale dei dati e, in generale, sulla sovranità digitale.
Fonte: Corriere del Mezzogiorno