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Come l’UE sta contrastando il divario salariale

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Di Marta Moretto
In occasione dello Stato dell’Unione 2023, Ursula von der Leyen ha speso alcune parole per rimarcare l’importanza che il Gender Pay Gap e le differenze di genere hanno nell’agenda politica dell’UE. In particolare, è da apprezzare il riferimento che è stato fatto riguardo la parità salariale, sottolineando che “Non c’è nessun motivo per cui, a parità di mansioni, una donna debba guadagnare meno di un uomo”. Un lavoro tutt’altro che concluso, e che richiederà ancora molti sforzi da parte delle istituzioni affinché sia raggiunto definitivamente. Negli ultimi anni le donne hanno ottenuto le posizioni più importanti a livello istituzionale, dal parlamento Europeo, alla Commissione Europea, fino alla BCE. Nonostante questi enormi passi avanti, che apparentemente sembrano colmare le disparità di genere nel mondo del lavoro e ci regalano una prospettiva finalmente egualitaria e meritocratica, permangono ancora molte ingiustizie in capo alle donne in innumerevoli aspetti della vita personale e lavorativa.
La Direttiva UE 2023/970 contro il Gender Pay Gap
A dare un barlume di speranza alla Generazione Z, per un futuro privo di differenze e discriminazioni, è la nuova Direttiva Europea in favore di una pari retribuzione salariale in ogni Paese. La Direttiva UE 2023/970, proposta dall’Europarlamento e approvata lo scorso 10 marzo, permetterà ai dipendenti di poter verificare come, per la medesima posizione lavorativa, il proprio stipendio non sia diverso da quello dei propri colleghi, obbligando le imprese a fornire i documenti necessari per rendere trasparenti e chiari i criteri secondo i quali vengono calcolate le retribuzioni. La grande novità che mette in luce questi nuovi obblighi è la conseguente applicazione di sanzioni dissuasive per i datori di lavoro che presentano un divario retributivo di genere superiore al 5 per cento, e che non provvedono nell’immediato a intervenire. Per salvaguardare i dipendenti, la Direttiva prevede un risarcimento che impone di comprendere il recupero totale delle retribuzioni arretrate, i relativi bonus, il risarcimento per le opportunità perse, il danno immateriale e i danni causati da altri fattori pertinenti. Infine, sarà il datore di lavoro che dovrà dimostrare in tribunale di non aver violato le norme in materia di Gender Pay Gap, esentando quindi la parte lesa (ovvero il dipendente) a provvedere alla raccolta di prove (solitamente coperte da normative sulla privacy) e a presentare reclami sulla presunta discriminazione retributiva. Dal punto di vista probatorio, la trasparenza salariale rappresenta una svolta decisiva, che dovrebbe mettere fine, o perlomeno ridurre, episodi di discriminazione nei luoghi di lavoro.

Lo stato attuale del gender pay gap in Europa
Tuttavia, non si può ignorare come questa normativa sia stata pensata principalmente in difesa delle donne. Nonostante le innumerevoli regolamentazioni e politiche a riguardo, a partire dal lontano 1957, anno del Trattato di Roma, al 1995 con la Dichiarazione di Pechino delle Nazioni Unite, il tema del Gender Gap rimane attuale ed estremamente diffuso.

Nel 2021, il salario lordo orario presentava evidenti differenze di genere: in UE, lo stipendio delle donne è in media inferiore del 12,7% rispetto a quello degli uomini, raggiungendo il 13,6% nella zona Euro. In particolare, secondo le stime pubblicate da Eurostat, paesi come l’Estonia (20,5%), l’Austria (18,8%), la Germania (17,6%) e l’Ungheria (17,3%) presentano una differenza superiore al valore medio calcolato in Europa, mentre vi sono paesi più virtuosi che stanno dimostrando maggiori sforzi nel ridurre al minimo il Gender Pay Gap, tra cui l’Italia (5%), la Polonia (4,5%), la Slovenia (3,8%) e il Belgio (5%). A tal proposito, degno di menzione è il Lussemburgo: l’unico paese fino ad oggi ad essere stato in grado di azzerare la differenza di retribuzione grazie a delle riforme molto stringenti che hanno obbligato le imprese nazionali, pubbliche e private, a non apportare alcun tipo di disparità salariale.

Alcuni fattori della disparità salariale
Circa il 24% del Gender Pay Gap totale si concentra nei settori meno retribuiti dove il numero totale di lavoratori è in gran parte composto da donne, specialmente nel campo sanitario e dell’istruzione. Inoltre, le donne non solo guadagnano meno, ma tendono a svolgere lavori non retribuiti in quantità maggiore rispetto agli uomini, insieme con una maggior probabilità di essere disoccupate. Questa serie di fattori, se combinati, portano il Gender Pay Gap a quasi 37% nell’UE, secondo le stime del 2018.

Il rischio di povertà sulle spalle delle donne
Da notare, in aggiunta alle caratteristiche precedentemente presentate, l’incremento temporale del Gender Pay Gap e delle differenze di genere durante l’intera carriera lavorativa. È stato dimostrato come al momento dell’entrata nel mondo del lavoro le donne ricevano un salario quasi uguale a quello assegnato agli uomini. Successivamente, con l’aumentare dell’età e con il conseguente incremento delle responsabilità familiari, la retribuzione per le donne non segue lo stesso trend di quella degli uomini, ma aumenta ad un tasso di crescita inferiore, segnando una disparità salariale sempre più incolmabile col passare degli anni. Con un minor reddito da risparmiare ed investire, queste differenze si estendono progressivamente, portando le donne ad essere maggiormente a rischio di povertà ed esclusione sociale in età avanzata. Un dato a prova di ciò è la disparità di genere nelle pensioni, che nel 2020 era superiore al 28% nell’UE.

Ridurre il Gender Pay Gap e i suoi benefici
Estendendo questo discorso e riconducendolo alla situazione economica europea, molte valutazioni ritengono che, diminuendo la disparità salariale di genere, non solo diminuirebbe il tasso di povertà nell’Unione Europea, ma stimolerebbe l’economia, consentendo alle donne di poter spendere ed investire di più nel tempo. Ciò aumenterebbe la base fiscale e alleggerirebbe parte del carico sui sistemi di assistenza sociale. Il risultato auspicabile di questa riforma mostra che ridurre la disparità salariale di genere di un punto percentuale aumenterebbe il prodotto interno lordo dello 0,1%.

Guardando questi dati viene spontaneo riflettere sul motivo per cui, nonostante i grandi benefici che deriverebbero da un azzeramento del Gender Pay Gap, vi siano ancora diverse resistenze e un’evidente riluttanza da parte di alcuni paesi nel combattere la disparità di genere nel mondo del lavoro. La risposta risiede nel saldo legame che unisce il mercato del lavoro e l’organizzazione della famiglia. Come sottolineato dalla Gender Equality Strategy 2020-25 e dallo stesso Social Pillar europeo con il suo piano d’azione, le differenze di genere sul lavoro non possono essere eliminate fintanto che le norme sociali che caratterizzano lo stato della famiglia rimarranno salde nella nostra società. Si tratta infatti di una divisione piuttosto rigida che riconosce agli uomini il ruolo di pater familias, impegnati nel lavoro e nella carriera, mentre alle donne vengono delegate le responsabilità legate alla gestione della casa e alla cura dei figli. Questo costrutto sociale, ancora troppo radicato, impedisce alle donne di essere ugualmente ricercate nel mondo lavorativo, schiacciate da maggiori responsabilità familiari e minor flessibilità nell’organizzazione del lavoro.

L’impatto del Covid sulla disparità di genere
Molti studi hanno posto l’attenzione sull’impatto che la pandemia di Covid-19 ha avuto sulle differenze di genere a lavoro e a casa nei paesi dell’UE. Eurofound, ad esempio, ha mostrato un risultato generale piuttosto negativo: la pandemia ha esacerbato le differenze di genere pre-esistenti, specialmente nei lavori meno retribuiti dove le donne rappresentano un’alta percentuale della totale forza lavoro. Infatti, settori come il turismo e la ristorazione, che hanno maggiormente sofferto periodi prolungati di chiusura durante il lockdown, hanno registrato perdite di occupazione molto più alte rispetto alla media nell’economia. Oltretutto, non è un mistero che durante il Covid molte donne abbiano dovuto dedicare maggior tempo alla cura dei figli e della casa piuttosto che al lavoro.

Un lavoro tutt’altro che concluso
Osservando queste e molte altre forme di Gender Gap, sia lavorativo che personale, si può comprendere l’importanza di politiche di supporto al lavoro domestico che accompagnino quelle invece dedicate alla parità salariale, come la Direttiva UE 2023/970. Ridurre le divergenze retributive è sicuramente un tema fondamentale, non più rimandabile al futuro, che l’Unione Europea vuole e deve colmare il prima possibile. Tuttavia, come già sottolineato, gran parte di queste discriminazioni di genere che avvengono sul posto di lavoro derivano da differenze di genere la cui origine risiede nelle case, nelle famiglie e nei contesti personali, dove le donne non sono sufficientemente supportate e sostenute.

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