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Alimentare, intesa sul contratto:

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Trovato l’accordo tra le 14 associazioni e Fai, Flai e Uila. La durata è quadriennale e per il livello medio di riferimento il montante complessivo è di 10.236 euro
In arrivo un aumento di 280 euro per i 400mila lavoratori dell’industria alimentare. L’ultimo contratto era scaduto a novembre del 2023 e gli aumenti decorreranno da dicembre del 2023. Dopo una trattativa no stop durata 4 giorni, nelle scorse ore è stata infatti trovata l’intesa tra Fai, Flai e Uila e le 14 associazioni datoriali (Unionfood, Ancit, Anicav, Assalzoo, Assica, Assitol, Assobibe, Assobirra, Assocarni, Assolatte, Federvini, Italmopa, Mineracqua, Unaitalia): l’unitarietà sul fronte datoriale e su quello sindacale ha portato alla chiusura di un contratto unico per i lavoratori del settore, dopo la firma separata sul fronte datoriale avvenuta nel 2020.
La durata quadriennale e le tranches
La durata prevista è di quattro anni, con decorrenza dal primo dicembre del 2023 al 30 novembre del 2027. L’accordo prevede il riconoscimento di un aumento della retribuzione pari a 280 euro complessive: in particolare è stato deciso che a decorrere dal primo dicembre del 2023 arriveranno nelle buste paga dei lavoratori 55 euro di incremento aggiuntivo della retribuzione, il cosiddetto Iar. Oltre a 20 euro sul trattamento economico minimo (Tem). Poi dal primo settembre di quest’anno altri 35 euro sul Tem, dal primo gennaio del 2025 60 euro, dal primo gennaio del 2026 altri 60 euro. A gennaio del 2027 arriveranno gli ultimi 39 euro sul Tem e infine da settembre del 2027 gli ultimi 11 euro dello Iar. In altre parole questo significa che la prima tranche parte dal 1° dicembre 2023 con un aumento di 75 euro e già nei primi 14 mesi di applicazione contrattuale gli alimentaristi recupereranno un importo di 170 euro, il 60% dell’aumento totale previsto. Per i casi di mancata contrattazione di secondo livello si aggiungono altri 15 euro mensili a
quelli già previsti. Il montante complessivo raggiunge così 10.236 euro nel quadriennio. L’ormai storico segretario generale della Uila, Stefano Mantegazza, parla di «risultato straordinario per tutte le persone che rappresentiamo ottenuto grazie al forte impegno messo in campo dal sindacato e alla qualità delle relazioni sindacali che abbiamo saputo costruire Un grande contratto, forse il più importante che abbiamo rinnovato grazie all’impegno di tutti i lavoratori che a partire dai luoghi di lavoro ci hanno sempre fatto sentire la loro vicinanza, il loro sostegno e il loro consenso».
La riduzione dell’orario di lavoro
Nella piattaforma rivendicativa i sindacati avevano chiesto una riduzione dell’orario a parità di salario da 40 a 36 ore. Il nuovo contratto comincia a fare un primo passo, come spiega una nota unitaria di Fai, Flai e Uila: «Sulla riduzione dell’orario di lavoro, che nel settore alimentare non subiva modifiche, a livello nazionale, da 30 anni, a partire dal 1 gennaio 2026 coloro che svolgono turni di 18 e 21 ore avranno una riduzione di 4 ore a cui si aggiungeranno altre 4 ore l’anno successivo, mentre dal 1 gennaio 2027 la riduzione di 4 ore si applicherà a tutti i lavoratori e le lavoratrici». C’è poi l’impegno a definire «future intese a livello aziendale con le Rsu per ulteriori riduzioni dell’orario di lavoro in caso di investimenti tecnologici che potrebbero impattare su produttività e occupazione».
Il mercato del lavoro
Nel capitolo relativo al mercato del lavoro sono stati aggiornati e migliorati gli articoli che lo disciplinano «con maggiore contrasto alla precarietà attraverso il dimezzamento della percentuale complessiva chepassa dal 50% al 25% dei contratti a termine, in somministrazione e in staff leasing», spiegano i sindacati nella loro nota unitaria. «L’accordo raggiunto – dichiarano i tre segretari generali di Fai, Flai e Uila, Onofrio Rota, Giovanni Mininni e Stefano Mantegazza – rappresenta un traguardo importante sia per l’incremento economico che per le conquiste ottenute sul piano normativo per valorizzare il lavoro stabile e ben qualificato».

Gli inquadramenti
Per rivisitare il sistema classificatorio le imprese e i sindacati hanno stabilito di avviare i lavori della Commissione paritetica tecnica per l’aggiornamento delle declaratorie a partire dal 2024.
La parte normativa e la peculiarità delle carni
Sulla parte normativa, tra gli elementi introdotti, i più significativi hanno riguardato, in particolare, la filiera delle carni con l’introduzione di due “note a verbale” specifiche per il settore. Si tratta di istituti contrattuali che richiamano la peculiarità della macellazione e del sezionamento delle carni nei particolari frangenti di dinamiche, non prevedibili, per interventi veterinari o che impongono la macellazione / sezionamento dei capi presenti in azienda il cui ritiro sia stato avviato. In tali casi l’Azienda potrà ricorrere a ore di straordinario esigibili con una maggiorazione del 50%.
Il rafforzamento del welfare
Con il rinnovo le industrie e i sindacati hanno rafforzato e rilanciato anche il welfare contrattuale. Sull’assicurazione sanitaria FASA è stato previsto un incremento del contributo a carico delle aziende di 4 euro al mese a partire dal primo gennaio del 2025, il sostegno alla maternità e paternità con incremento di un euro del contributo dal primo gennaio del 2025, la previdenza complementare ALIFOND con un incremento di 0,3% del contributo a carico delle aziende dal primo gennaio del 2025. Infine è stato previsto l’incremento del contributo a carico delle imprese destinato all’Ente Bilaterale di Settore dal primo gennaio del 2025 a fronte della implementazione delle attività di formazione professionale svolte dall’ente.
L’unitarietà del negoziato
Silvio Ferrari, il presidente di Federprima che riunisce Assocarni, Italmopa e Assalzoo e rappresenta le aziende della prima trasformazione che con un fatturato di 25 miliardi di euro danno lavoro a oltre 35mila addetti, ricorda che «la federazione si è aggregata al tavolo quando già era partito. La nostra delegazione ha portato un contributo importante al negoziato e il timore che potesse rallentarlo è svanito subito: il nostro capo delegazione Simone Gradellini conosce bene i meccanismi negoziali e si è inserito subito nel negoziato. La parte normativa ha sicuramente assorbito molta parte della trattativa, così come quella economica dove si partiva da posizioni inizialmente piuttosto distanti. C’è sempre stata una volontà forte di andare avanti e di arrivare a una sintesi. Nella parte economica abbiamo tenuto conto del fatto che il 2022 e il 2023 sono stati anni in cui l’inflazione ha raggiunto un livello inaspettato e abbiamo così cercato di concentrare un parte importante dell’aumento nel primo anno di vigenza dell’accordo. La questione della riduzione dell’orario è stata gestita con grande consapevolezza dalla parte sindacale, condividendo una piccola riduzione e poi demandando al livello aziendale la discussione». Nelle scorse ore alla Federazione della prima trasformazione, Confindustria ha riconosciuto il profilo e le caratteristiche di Federazione evoluta e quindi la piena legittimazione a sottoscrivere il contratto nazionale in rappresentanza delle sue componenti federate.
Il contratto strumento di coesione sociale
Il nuovo contratto dell’alimentare, come dice il segretario generale della Fai Cisl, Onofrio Rota, «rappresenta un vero e proprio strumento di coesione sociale e politica industriale. Coesione sociale perché sostiene le famiglie, grazie ai tanti strumenti ampliati di welfare e conciliazione vita-lavoro, pone attenzione alla sicurezza e salute con più occasioni di partecipazione e informazione, rilancia il contrasto a violenza di genere e discriminazioni, riconosce il diritto allo studio, riduce l’orario di lavoro su turni, consolida la previdenza integrativa e agisce sul salario con un aumento mai realizzato prima d’ora nel settore: 280 euro. Al contempo, con un buon contratto si fa anche politica industriale perché si pongono basi a sostegno della crescita economica, dell’occupazione, del lavoro di qualità, e questo è quello che abbiamo voluto realizzare fin dal concepimento della piattaforma unitaria». Sulla sigla unitaria, Rota aggiunge che «il contratto dell’industria alimentare non ha bisogno di essere disgiunto: le specificità settoriali ci sono e sono state riconosciute adeguatamente, siamo riusciti a dimostrare che possono stare benissimo nella cornice unica del contratto nazionale. In Italia non abbiamo certo bisogno di moltiplicare contratti, ma semmai di contrastare dumping e lavoro irregolare, e anche in questo senso con l’accordo abbiamo lanciato un gran bel messaggio al Paese».
di Cristina Casadei – fonte: https://www.ilsole24ore.com/art/alimentare-rinnovato-contratto-aumento-280-euro-400mila-lavoratori-AFfy00tC