“Le conseguenze della crisi climatica sul settore agroalimentare nazionale, se non adeguatamente contrastate, potrebbero determinare la perdita di creazione del valore nel settore primario, una compromissione delle produzioni nostrane, nonché pericoli per la salute pubblica e l’ambiente”. A segnalare il rischio è l’ultima “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza” curata dal Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica.
“La crisi climatica in atto – si legge nel report – sta colpendo, e si prevede colpirà sempre più nel prossimo futuro, il settore agroalimentare, tanto attraverso danni diretti, provocati dall’aumento della temperatura e dall’intensificarsi dei fenomeni meteorologici estremi, quanto a causa delle ripercussioni negative su economia, società e salute pubblica. In generale, potrebbero registrarsi riduzioni delle rese a causa dell’aumento delle temperature, della diminuzione delle precipitazioni, della siccità e delle ondate di calore, come già rilevato nel corso del biennio 2022/2023, che ha visto una generale diminuzione della produzione agroalimentare. Per quanto riguarda l’allevamento, le temperature elevate avranno un impatto diretto sui processi fisiologici e comportamentali degli animali, inficiandone le capacità di termoregolazione, ingestione e risposta immunitaria”. Non solo: “l’aumento delle temperature medie potrebbe comportare la proliferazione e diffusione di nuove specie di insetti ed erbe infestanti, che causerebbero effetti nefasti sulla produzione agricola, oltre a perdite stagionali di raccolto e incremento della mortalità del bestiame. L’aumento della presenza di patogeni potrà causare anche il peggioramento della qualità dei prodotti, portando la gestione in ambito colturale, relativamente ai parassiti e alle altre malattie delle piante, ad adeguare le misure chimiche e biologiche di controllo”. (AGI)