di Alessandro Maran
Giorgia Meloni è un politico mainstream? Se lo chiedono in molti. Proprio oggi, nel suo global briefing, Fareed Zakaria ripropone la domanda: il primo ministro italiano Giorgia Meloni è una neofascista o una conservatrice di centrodestra che si è dimostrata assennata, tosta e pienamente accettabile per il mainstream europeo sebbene quando ha conquistato la premiership nel 2022 siano risuonati molti campanelli d’allarme?
Ovviamente, gli osservatori danno risposte diverse e, comprensibilmente, alcuni tuttora diffidano del lupo travestito d’agnello. Resta il fatto che la prima donna primo ministro italiana, che rappresenta il primo partito di estrema destra al potere dalla seconda guerra mondiale, ha guidato fin qui il paese verso un percorso inaspettato.
Il logo della fiamma tricolore del partito Fratelli d’Italia della Meloni – l’insegna ereditata dal Movimento Sociale Italiano (MSI), un partito formato nel 1946 dai sostenitori di Mussolini – impensierisce ancora parecchia gente. Lo stesso vale per l’inqiuetante video di uomini in camicia nera a Roma che fanno il saluto fascista, in ricordo dei tre giovani missini uccisi nel 1978 in via Acca Larentia ( https://edition.cnn.com/…/italy-fascist…/index.html).
La storica, autrice e commentatrice politica Ruth Ben-Ghiat scrive nella sua newsletter Lucid che la Meloni si guarda bene dal criticare i fascisti e fa eco alla cosiddetta “teoria della grande sostituzione” (una teoria cospirativa che postula che i cittadini bianchi in Europa e Nord America verranno “sostituiti” dai non bianchi) nelle sue politiche dell’immigrazione ( https://lucid.substack.com/…/are-fascist-salutes-a…).
The Economist vede le cose diversamente e afferma che la Meloni “ha smentito gli scettici”. Sotto la sua guida, “i rapporti con gli alleati NATO dell’Italia sono buoni. L’Italia ha dato sostegno entusiastico e armi all’Ucraina e un sostegno più discreto a Israele”. Il fondo UE per la ripresa dalla pandemia ha aiutato l’Italia a evitare una svendita di titoli di Stato. L’immigrazione irregolare – contro la quale la Meloni si è candidata – è in realtà aumentata. “Tra tutti i Paesi europei”, scrive la rivista, “l’Italia è per una volta tra quelli che destano meno preoccupazione” ( https://www.economist.com/…/giorgia-meloni-has-proved…). Altrove, l’Economist analizza il “governo di destra non così spaventoso” della Meloni, sottolineando: “Non si è alleata con Orban o altri populisti per bloccare il processo decisionale dell’UE, né ha attirato la censura dei guardiani dello stato di diritto dell’UE” ( https://www.economist.com/…/giorgia-melonis-not-so…).
Sulla rivista New Lines Magazine, Barbara Serra condivide le preoccupazioni dei critici della Meloni ( https://newlinesmag.com/…/the-normalization-of-italys…/). La giornalista di Al Jazeera (e autrice del pluripremiato documentario “Fascism in the Family”) osserva che “vedendola al potere, migliaia di attivisti di estrema destra sono diventati baldanzosi” e sostiene che il “mainstreaming” della Meloni ha a che fare soprattutto con il fatto che tutti gli altri sono cambiati.
Intervenendo a una recente conferenza della destra a Roma, il primo ministro britannico Rishi Sunak, uno degli amici di Meloni sulla scena politica europea ( https://www.lemonde.fr/…/meloni-and-sunak-show-off…) ha criticato l’immigrazione clandestina con forza ( https://www.reuters.com/…/uks-sunak-warns-asylum…/). Riferendosi a Sunak, Serra scrive: “Questo linguaggio è esattamente quello che faceva etichettare la Meloni come ‘estremista’ (…) Non fate errori: Giorgia Meloni è una politica formidabile. Milioni di italiani l’hanno votata perché pensano che sia la migliore possibilità per l’Italia. In nome del pragmatismo, molti ignorano le preoccupazioni sul suo passato estremista e sulle sue inclinazioni. La comunità internazionale sembra fare lo stesso, vedendo la Meloni come più mainstream perché ha bisogno di lei ma anche perché il concetto stesso di ‘mainstream’ sta cambiando”.
Aggiungo che Barbara Serra, per tanti anni redattrice alla Bbc e oggi corrispondente da Londra per Al Jazeera English, ha realizzato “Fascism in the Family” (2020). Il documentario (che ha vinto ben due premi oro – uno per la categoria Storia e l’altro per Attualità – al New York Festivals Film and Tv Awards) è un invito a ripercorrere il passato fascista dell’Italia e a interrogarci sui suoi legami con il presente ( https://youtu.be/h-OfMMrRk1E?si=WMqhWn-LAfFX72Zu). “Non si deve mai dimenticare – ha detto ieri il presidente Mattarella – che il nostro Paese, l’Italia, adottò durante il fascismo – in un clima di complessiva indifferenza – le ignobili leggi razziste: il capitolo iniziale del terribile libro dello sterminio; e che gli appartenenti alla Repubblica di Salò collaborarono attivamente alla cattura, alla deportazione e persino alle stragi degli ebrei” (https://www.quirinale.it/elementi/106132). Il documentario di Barbara Serra invita appunto a coltivare quel legame tra passato e presente che può rivelarci chi siamo stati, chi siamo e chi possiamo essere. Termina con queste parole: “Ho scoperto cosa fece mio nonno durante il Fascismo, ma più volte mi sono chiesta cosa avrei fatto io e cosa sto facendo ora. La storia ci insegna che le cose accadono gradualmente. Si tratta di individuare il punto di non ritorno in cui bisogna agire. Fra qualche decennio, i nostri nipoti ci giudicheranno. Giudicheranno quello che abbiamo e non abbiamo fatto di fronte all’intolleranza, la paura E l’indifferenza: Da vedere.
Liberta’ Eguale