Domenico Rea (1921 –1994) è stato uno scrittore e giornalista italiano.
La narrativa di Rea si può ritenere in alcune sfumature neorealista, anche se i suoi libri contengono testimonianze argute e implacabili che sotto lo stimolo dell’onestà intellettuale si sforzano di trasmettere senza malizie stilistiche ciò che Napoli stava subendo negli anni della ricostruzione postbellica.
Come il neorealismo cinematografico e come alcune arti figurative, il suo stile interpreta la realtà nuova emersa dalla guerra. Più tardi Rea tornerà su questo periodo con un giudizio non troppo lusinghiero «di quel lavoro dal tono collettivo, che ebbe inizio nel lontano dopoguerra» scrive nel libro Le Ragioni narrative (1960) «oggi restano sparsi fuochi, su vaste zone coperte di cenere». In realtà lo sforzo c’era stato, non folcloristico né politico, ma umano.
Scrittore irrequieto rispetto ai gruppi di intellettuali napoletani contemporanei, Rea visse da isolato senza poter essere assimilato a nessuna corrente letteraria, lontano dall’impegno politico militante per mancanza di illusioni sulla “natura umana” ma non per questo, scrivendo quasi sempre temi di disagio ambientale, meno impegnato nella denuncia delle piccole e grandi ingiustizie quotidiane.