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«Siamo la clinica delle imprese Con noi sono rinate 500 aziende»

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Il titolare Massimo Gianolli: «Funzioniamo all’incontrario delle banche. Compriamo i crediti delle ditte e diamo loro liquidità per rilanciarsi. Salvati migliaia di posti»

DINO BONDAVALLI

Se si dovesse riassumere in poche parole la sua attività, si potrebbe dire che è di fatto una sorta di Pronto Soccorso per le aziende in difficoltà. Specializzata da oltre 40 anni nei finanziamenti su misura per le imprese, Generalfinance ha infatti aperto la strada in Italia a un sistema, quello del factoring, che consente alle aziende di cedere i propri crediti esistenti o futuri e ottenere subito liquidità.
L’aspetto più curioso della sua attività è però che lo ha fatto concentrandosi sulle aziende in maggiore difficoltà finanziaria, quelle a cui le banche non erano più disposte a far credito. E, in questo modo, ha contribuito alla sopravvivenza e al rilancio di centinaia di piccole e grandi realtà e alla salvaguardia di migliaia di posti di lavoro in Italia e all’estero.
«Quando mio papà Armando ha fondato l’azienda, ormai oltre 41 anni fa, l’attività era quella di una piccola società di leasing e prestito al consumo», racconta Massimo Gianolli, amministratore delegato della società che, dopo aver mosso i primi passi a Biella, ha spostato il baricentro a Milano dove ha ormai messo radici da oltre vent’anni. «Poi, quando papà mi ha affidato l’azienda, io ho cercato qualcosa che potesse funzionare nel mondo imprenditoriale, e ho avuto la fortuna di cogliere una situazione particolare in un’epoca in cui erano pochi a occuparsi di smobilizzo di crediti delle imprese».
Nel pieno degli anni Ottanta, mentre nella capitale economica del Paese si affermava il modello della “Milano da bere”, Gianolli iniziò a cercare imprese in difficoltà alle quali tendere la mano con l’idea che in questo mare magnum ci fossero molte realtà in grado di rilanciarsi con un’iniezione di denaro fresco e un sostegno dal punto di vista operativo. «Inizialmente mi sono concentrato sull’assistere micorimprese del mondo tessile che non avevano più accesso al credito, molte delle quali con protesti cambiari», ricorda Gianolli. «Lì mi sono fatto le ossa, dando credito ad aziende che poi si sono affezionate a noi e maturando l’esperienza che ci ha poi consentito di crescere fino ad arrivare alla quotazione in Borsa».
Una cosa più facile da raccontare che da realizzare. Soprattutto agli inizi, quando per trovare clienti «consultavo il bollettino dei pro
testi in tribunale e poi andavo con la mia A 112 (una piccola utilitaria prodotta dall’Autobianchi fino a metà degli anni Ottanta, ndr) a bussare direttamente alla porta delle aziende, a molte delle quali avevano anche staccato il telefono», prosegue l’amministratore delegato di Generalfinance, che oggi ha oltre 70 dipendenti e che nel 2022 ha chiuso il bilancio superando quota 2 miliardi di euro di turnover, inteso come l’ammontare di fatture anticipate ai clienti. «Una volta trovato l’imprenditore spiegavo che, attraverso lo smobilizzo dei crediti, avrebbero potuto chiedere la cancellazione del protesto e riabilitarsi, dopodiché lo aiutavo anche a riorganizzare l’azienda per rilanciarsi».
Se da un lato il segreto del successo di Generalfinance sta nel saper valutare il potenziale delle imprese al di là dello stato tutt’altro che florido dei loro conti, come testimoniano un tasso di successo che supera l’80% e le oltre 500 realtà rilanciate nel corso dei decenni, dall’altro sta nel modello operativo sviluppato e perfezionato nel tempo. «Noi adottiamo un modello che è opposto a quello del sistema bancario, perché altrimenti non daremmo soldi a nessuno. Valutiamo se l’azienda ha delle possibilità di riprendersi o meno, se opera in un settore che ha delle prospettive o meno, se c’è un piano industriale credibile», sottolinea Gianolli. «Lo facciamo con un buon team di “medici” e collaborando con altri attori per fare una valutazione prospettica che consente di capire se l’azienda o un suo ramo hanno ancora delle potenzialità, se il piano di cassa regge, se dal punto di vista industriale ci sono delle possibilità, se il management è valido o meno, se la compagine societaria va cambiata».
È così che sono state salvate e rilanciate centinaia di piccole realtà, ma anche grandi nomi dell’industria, tra cui MV Agusta (con l’ingresso di KTM), Bialetti, un’eccellenza tessile come la toscana Lineapiù, la brianzola Fimer e Paluani, giusto per fare qualche nome. «Certo, ci vuole un pizzico di follia per fare il nostro lavoro. Ma dare soldi a chi sta bene è facile», conclude Gianolli, «mentre darli a chi ne ha bisogno e non riesce a ottenerli è molto più stimolante».

Fonte: Libero