Di Augusto Lucchese
Prendendo spunto dall’esecrabile delitto che ha posto fine alla giovane esistenza di una ragazza, Giulia Cecchettin, colpevole solo di avere fatto innamorare perdutamente un suo quasi coetaneo e compagno di studi, Filippo Turetta, che non si è posto scrupolo alcuno nel portarla selvaggiamente a morte, emergono spontanee tristi considerazioni circa i riflessi di solidarietà e di umanità che il crudele episodio ha ingenerato nel sensibile e coinvolto ambiente locale.
L’aspetto riprovevole dell’accaduto è emerso, invece, ad opera del discutibile, mercenario e infido mondo dei mass-media che, come da aduso copione, strumentalizza ogni cosa, anche le tragedie, pur di ottenere “audience” e pur di riempire i palinsesti o addirittura quinterni di carta stampata.
Dopo il lungo periodo della mostruosa epidemia da Covid 19, non si era più verificata una simile famelica corsa allo “scoop sensazionale”, neppure a fronte dei devastanti conflitti di Ucraina e di Gaza e ove si escludano taluni flash di frequenti distruttivi fenomeni atmosferici, di dissesti, frane e crolli, di paurosi disastri stradali, di letali incidenti sul lavoro, di delinquenziali e malavitosi episodi.
E’ come se, nel campo della informazione, fosse stata attribuita alla cronaca nera, quasi quotidianamente zeppa di notizie su brutali omicidi, aberranti femminicidi, brutali violenze, abusi sessuali, scandali d’ogni tipo e varietà, una sorta di assoluta priorità e prevalenza.
Una costatazione ancora più grave affiora dal fatto che, molto spesso, il delicato compito di “cronisti di trincea” è affidato a operatori di primo pelo, a sprovveduti recensori di tragici fatti, più o meno inconsapevoli della loro responsabilità.
L’informazione, pur essendo unanimemente ritenuta necessaria quanto “doverosa”, non dovrebbe mai travalicare un certo limite di prudenza, nella misura in cui non dovrebbe mai venire meno alla ineludibile cautela volta a non fare degenerare la notizia in induzione a possibili comportamenti emulativi da parte di soggetti probabilmente già predisposti a commettere altrettanti ripugnanti delitti e reati.
Non appare fondata e tanto meno accettabile, viceversa, l’idea che il “clamore” conferito alla cronaca di taluni aberranti fatti delittuosi, possa servire a contenere o annullare il loro ripetersi.
In alto loco politico e nei meandri di un saccente ambiente pseudo “intellettuale”, si dovrebbe comprendere, una volta per tutte, che simili fenomeni delittuosi e degenerativi non si estirpano con formalistiche e molto spesso farisaiche “dichiarazioni di facciata”, con il morboso esibizionismo degli stereotipati “portavoce” di gruppi e sottogruppi politici – stile vezzo delle comari – e tanto meno con affollate sfilate o fiaccolate, con costosi e inquinanti “scenari luminosi” sulle facciate di palazzi o siti istituzionali.
Le deviazioni delittuose, vera gramigna velenosa della società, non andrebbero affrontati con anacronistici annunci di nuovi provvedimenti repressivi, con l’inasprimento delle pene già in vigore (ammesso che l’attuale sistema di pubblica sicurezza, dispersivo, operante a compartimenti stagni e talvolta burocraticamente intasato, sia in grado di intervenire prontamente per applicarle e farle rispettare.
Tanto meno con la semplicistica chiamata in causa dell’ambiente familiare o con immaginifici progetti educativi delle scolaresche d’ogni ordine e grado in materia di ineludibile e rispettoso comportamento nei riguardi delle donne, oltre che in campo sessuale.
Circa quest’ultimo settore si dimentica, oltretutto, che tali progetti sembrano essere ben poco realizzabili per ovvi motivi di carenza qualitativa e quantitativa di chi dovrebbe svolgere tale delicato compito, a parte la mancanza di adeguati stanziamenti e di acquisite sostanziali pregresse esperienze.
Si correrebbe il rischio di snaturare le tendenziali finalità e di creare la consueta disorganica confusione fra teoriche “direttive” e concrete applicazioni.
In campo politico, specialmente, si è dimenticato, forse per un tentativo di sgravio di acquisite pregresse gravi responsabilità, che oggi è la società nel suo complesso ad accusare un sempre maggiore grado di deterioramento, di perdita degli antichi valori di rispetto del prossimo, di smarrimento sostanziale delle regole di convivenza civile, di eccessivo permissivismo in materia di etica comportamentale e morale (incentivato e perseguito nel tempo da parecchie influenti “giostre” intellettualoide e politiche), di tacita accettazione di una scadente cultura di massa su cui influisce in buona misura un certo biasimevole e mercenario ambiente della galassia informativa.
Senza dire dell’esasperata corsa al tecnicismo (prettamente di valenza consumistica) portata avanti sotto le mentite spoglie di un ammaliante progresso dalla controversa RETE INTERNET gestita e alimentata, in assenza di validi controlli, da ingorde multinazionali cui poco o nulla importa della salute mentale della sempre crescente massa degli utilizzatori di un tale crotalo apparato ormai globalmente radicato.
Aggiungasi l’esistenza, più che palese, di una vastissima zona paludosa della galassia televisiva, consolidata e incontrastata fonte di cortometraggi (in maggioranza di provenienza estera) impostati sulla violenza, personale e di gruppo, su trame spregiudicatamente volgari, diseducative e poco edificanti, su scenografie talvolta raccapriccianti, su personaggi amorali e dissacranti, sin quasi ad incorrere nell’apologia del crimine e con l’obbrobrioso risultato di propinare ai telespettatori pericolosi messaggi.
E’ parecchio evidente che nell’ambito di tali strumentali comparti affaristici, purtroppo parecchio spadroneggianti, risiede la causa maggiore della odierna situazione di degrado morale e culturale della società proiettata verso la smoderatezza del dialogo, verso la violenza comportamentale, verso una sorta di autolesionismo.
Non è, quindi, solo l’ambiente familiare o scolastico in cui è necessario intervenire nel tentativo di imprimere una inversione di tendenza ma, responsabilmente e senza doppiezza d’intendi, appare ormai improcrastinabile un forte, coraggioso e deciso intervento legislativo per cercare di circoscrivere almeno il campo minato dei deviati servizi informativi, delle televisioni private e di Stato, di una certa stampa.
Dai pulpiti della politica e dei mass-media nessuno ha inteso porre il dito nella piaga, neppure ipotizzando l’urgente occorrenza non dei soliti pannolini caldi approntati mediante qualche decretuccio di ripiego che lascia il tempo che trova, bensì di concreti ed efficaci correttivi mirati a sanare e a regolamentare a dovere il delicato settore audiovisivo e di rete, onde evitare che esso, imperterrito e omertosamente protetto, seguiti ad intossicare la società rendendola ancora più violenta e incivile.
Il mondo della informazione (televisiva e della carta stampata) non dovrebbe ossessionare i teleutenti e i lettori con snervanti e strumentali servizi e recensioni (molto spesso di sapore demagogico) che hanno il deleterio effetto di aggravare lo stress psicologico della gente e, magari impropriamente, di pubblicizzare particolari e risvolti di fatti delittuosi ad uso e consumo di soggetti potenzialmente pericolosi.
Per ridurre il citato proliferare di taluni nefasti servizi televisivi, oltre che per bloccare l’infestante formicaio di invadenti e quasi sempre balordi “SPOT”, “SMS”, “VIDEO”, “LIKE”, “APP” – a getto continuo sfornati dall’oppressivo strumento di tortura volgarmente chiamato “Smartphone”, “Tablet”,“ i-Pad” (con il pessimo risultato di intasare e inquinare insensatamente la “rete”) occorrerebbe che gli improvvisati e spesso mediocri inquilini (magari immeritatamente alloggiati nelle varie stanze del potere politico istituzionale), piuttosto che cincischiarsi in vacui salottieri chiacchiericci (talvolta di bassa lega o da osteria) e in ricorrenti promesse da marinaio (autentiche prese in giro, pur se ammantate da sciocche prosopopee), avessero il buon senso di porre un freno alla dilagante pandemia prima accennata.
Basterebbe resettare, innanzi tutto e senza sotterfugi di natura settoriale speculativa o di convenienza elettorale, le migliaia di “frequenze” generosamente “concesse”, a seguito dell’entrata in vigore della controversa e nebulosa legge 6 agosto 1990 n. 223 (detta legge Mammì in onore del suo poco lungimirante ma, si dice, interessato artefice, l’osannato On. Oscar Mammi) che imperdonabilmente ha alterato, strumentalizzato, deteriorato e contaminato il potenziale istruttivo mondo televisivo e radiofonico.
E’ opportuno ricordare agli smemorati dei palazzi nobili del potere o ai maestri dell’inganno che tale legge fu approntata ed emanata ad hoc (si dice in linea “amichevole”) per superare la lunga e deleteria fase di stallo dovuta alla dichiarazione di incostituzionalità del famigerato decreto Craxi del 1984.
Decreto sfrontatamente indirizzato a salvare le reti televisive acquisite in maniera alquanto discutibile e, a detta di molti, “piratesca” dal nascente “patron Berlusconi”, per come presuntivamente deducibile da taluni sistemi operativi più o meno confutabilmente attribuitegli da attendibili organi di stampa, da addebiti di cui a varie e pur controverse imputazioni (qualcuna giunta a definitiva sentenza di condanna), oltre che dalle parti interessate e da vasti strati dell’opinione pubblica.
Le “frequenze” di cui sopra, giusto quanto abbondantemente notorio, furono elargite quasi a titolo gratuito ai volponi delle onde Herziane che, già in agguato, avevano annusato a tempo l’olezzo del dio denaro (ogni riferimento alla ricca pubblicità, spregevolmente ossessiva e spesso ingannevole, non è certo casuale) oltre che il rilevante peso specifico dell’eventuale uso utilitaristico e politico della informazione e dell’immagine.
Anche la RAI, vieppiù nell’ultimo periodo, manovrata e gestita dal settario vertice di comando allocato in Via Mazzini, si è comportata e si comporta sfacciatamente in tale maniera, a parte l’arroganza e il favoritismo (parecchio oneroso) con cui vengono predisposti e posti in rete taluni demenziali palinsesti affidati a conduttori e conduttrici più o meno di terza scelta, pur se agganciati al carro dei factotum del settore e pur se visivamente e caratterialmente sgradevoli.
Sia codesta RAI che la collusa Commissione di controllo parlamentare (che tutto fa tranne che esercitare un esaustivo ed efficace controllo), oltretutto, hanno spudoratamente posto dietro le spalle lo scandaloso permanere del truffaldino “Canone” vessatoriamente inserito, non si capisce con quale logica ove si escluda la malafede, nelle bollette energetiche già pesantemente esose di per se per acclarati motivi speculativi e ben poco trasparenti invalsi nell’ambito del mercato energetico (produttivo e distributivo), oltre che da parte del sornione fisco di casa nostra (o di “cosa nostra?).
Gli indefinibili governi succedutisi nel tempo (specie nell’ultimo decennio), a maggioranza più o meno squalificata e pur se retti da pseudo valenti “tecnici”, hanno creato lo scenario di una Nazione affatto unitaria, costituzionalmente parlando, irreversibilmente frantumata in diverse categorie di cittadini che pur godendo di pari teorici diritti sono palesemente diversificati per condizione sociale ed esistenziale.
Vale la pena precisare come è suddivisa oggi la composita società italiana:
* – ricchissimi arcimilionari, di censo o di fresco discutibile arricchimento;
* – facoltosi d’alto rango, fra cui una caterva di politici e uomini pubblici di rilievo, anche militari;
* – benestanti “colletti bianchi”, “piccoli imprenditori”, “autonomi”, pur se non sempre classificabili come
appartenenti allo storico “ceto medio”;
* – modesti “travet” delle legioni impiegatizie e operaie, umili pensionati della tarda età che sono in continua lotta con le rispettive occorrenze esistenziali, sperando di sbarcare alla meno peggio il loro magro lunario;
* – miseri ma numerosissimi “pensionati al minimo”, veri e propri “paria”;
* – ed infine la tracimante massa dei sempre crescenti “reietti della società”, impersonati da esseri umani
senza fissa dimora, senza arte ne parte e magari stanziati in invivibili antri abbandonati, sotto freddi e
fangosi cavalcavia o nei contesi spazi liberi delle stazioni ferroviarie.
Il marasma dei provvedimenti assunti di recente dall’esecutivo e controfirmati da chi di dovere, non puntano di certo a colmare tali evidenti storture e tali incompatibili disarmonie sociali mentre appaiono più che altro indirizzati ad agevolare ancor più le caste dei ricconi e spendaccioni d’alto livello, della finanza conservatrice e speculativa (anche del settore bancario), della imboscata ma sempre viva componente degli incalliti fuori legge (lavoro nero, evasori & c., avvezzi tangentisti, truffatori tradizionali o via RETE ecc. ecc.) che le strutture preposte al loro ipotetico contenimento non riescono tuttora, come in passato, a debellare.
Questo fazioso schema politico non è certo rispettoso della sacra Costituzione, checché ne possa dire qualche indecifrabile personaggio del verticistico gotha istituzionale.
Questa è l’odierna stesura della difficile e anomala situazione del Paese Italia che i boriosi manovratori dei poteri istituzionali, cui sono demandate più o meno democraticamente le future sorti della Nazione, cercano di camuffare con intrecci di un precario e discutibile sviluppo economico, dando continua dimostrazione di non sapere o volere responsabilmente affrontarla con provvedimenti strutturali ed efficaci.
Il tutto a scapito della sana comunità nazionale e del sistema nervoso dei cittadini per bene, da non confondere con i fuori legge d’ogni tipo e caratura, con gli imperdonabili evasori ed elusori, con i parassitari approfittatori del caos amministrativo, burocratico e politico sia in alto loco che, vieppiù, a livello locale.
Con buona pace dell’osannato progresso civile e del disiato benessere sociale.
Aveva ragione il sommo poeta Dante, ben 7 secoli addietro, nel dire: – “ahi serva Italia … di dolore ostello … “ , il cui ben noto seguito è consigliabile, per carità di Patria, non riportare.